Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7856 del 20/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7856 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) PEDONE PASQUALE N. IL 15/04/1954
2) PEDONE GIUSEPPE N. IL 07/02/1978
3) PEDONE MASSIMILIANO N. IL 18/06/1979
4) MY GIOVANNI N. IL 16/04/1984
avverso la sentenza n. 1365/2009 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 28/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI,

Data Udienza: 20/12/2012

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, ha confermato la sentenza emessa in data 28 aprile 2009 dal locale Tribunale, appellata da PEDONE
Pasquale, PEDONE Giuseppe, PEDONE Massimiliano e MY Giovanni, dichiarati responsabili
del delitto di lesioni aggravate, commesso il 21 maggio 2005.
Propongono ricorso per cassazione, con due successivi atti, gli imputati deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità e mancata applicazione a PEDONE Pasquale delle attenuanti generiche.
Osserva il Collegio che le censure prospettate quanto alla motivazione della sentenza sono inammissibili in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi all’esclusiva competenza
del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno osservato che la prova del fatto ascritto
all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è adeguatamente
e sufficientemente argomentata, anche con riferimento alle doglianze dell’appello quali riportate
dalla sentenza della Corte d’appello, sulla cui precisione il ricorso non avanza censure, così che
gli ulteriori rilievi sull’attendibilità della p.o. non paiono esser stati sottoposti al giudice d’appello, che non li avrebbe così potuti valutare, né tale valutazione è consentita in questa fase.
Il giudice d’appello ha poi valutato l’attendibilità delle dichiarazioni della p.o. alla luce delle certificazioni mediche rilevandone soprattutto la capacità dimostrativa della correttezza del narrato
della p.o.
Rileva il Collegio che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che
l’affermazione di responsabilità può essere basata sulle sole dichiarazioni della parte offesa, la
cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di
prova (cfr. pure C. cost. ordinanze n. 82 del 2005, n. 115 del 1992, n. 374 del 1994, e sentenze n.
2 del 1973 e n. 190 del 1971), purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. E ciò
vale, in particolare, proprio in tema di quei reati che, commessi non in presenza d’altri, non possono che essere accertati attraverso la valutazione e la comparazione delle opposte versioni di
imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall’esterno, all’una o all’altra tesi
(così, Sez. 6, Sentenza n. 443 del 04/11/2004).
Manifestamente infondato e tendente a sottoporre a questa Corte valutazioni squisitamente di
merito, ad essa sottratte, è poi il motivo concernente la mancata applicazione delle attenuanti generiche a PEDONE Pasquale. Del tutto legittimamente difatti la Corte di appello ha ritenuto ostativi al riconoscimento delle attenuanti generiche i precedenti penali dell’imputato, trattandosi di
parametro considerato dall’art. 133 C.P., applicabile anche ai fini dell’art. 62-bis C.P.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna di ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in
ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in C. 1.000,00# per ognuno.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 dicembre 2012.

czi.X

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