Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7850 del 16/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7850 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIACOLETTO GIUSEPPE N. IL 07/04/1942
avverso la sentenza n. 8/2011 TRIBUNALE di IVREA, del 21/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 16/12/2013

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe il Tribunale di Ivrea, giudice d’appello, ha confermato la sentenza
emessa in data 14 gennaio 2011 dal Giudice di pace di Rivarolo, appellata da GIACOLETTO
Giuseppe, dichiarato responsabile del delitto di lesioni personali, commesso il 18 ottobre 2007.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità.
Osserva il Collegio che le censure prospettate con il ricorso sono inammissibili, in quanto tendono a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già
adeguatamente valutati sia dal Giudice di pace che dal Tribunale.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, la cui credibilità è
adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi dalla certificazione medica, dalle testimonianze di coloro che avevano riferito dei rapporti fra i due protagonisti, rapporti
da cui era scaturito lo scontro del quale erano stati percepiti i toni.
È principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte che l’affermazione di responsabilità
può essere basata sulle sole dichiarazioni della parte offesa, la cui testimonianza, ove ritenuta intrinsecamente attendibile, costituisce una vera e propria fonte di prova (cfr. pure C. cost. ordinanze n. 82 del 2005, n. 115 del 1992, n. 374 del 1994, e sentenze n. 2 del 1973 e n. 190 del
1971), purché la relativa valutazione sia adeguatamente motivata. E ciò vale, in particolare, proprio in tema di quei reati che, commessi non in presenza d’altri, non possono che essere accertati
attraverso la valutazione e la comparazione delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli
protagonisti dei fatti.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in E. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara i mmissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese proento di E. 1.000,00# in favore della Cassa delle ammende.
cessuali ed al v
Così deciso i
a il 16 dicembre 2013.

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