Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 784 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 784 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

Data Udienza: 17/12/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FICHERA MICHELANGELO N. IL 04/05/1962
avverso l’ordinanza n. 1520/2011 CORTE APPELLO di TORINO, del
17/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI; N
19,tte/sentiU-le cpnclusioni del PG Dott. 0..f ri

Uditi difen •r Avv.;

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.,

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 17 dicembre 2012 la Corte di Appello di Torino,
pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava la richiesta, avanzata da
Michelangelo Fichera, di applicazione ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen.
della continuazione tra i reati indicati nell’istanza stessa, ritenendo ostativi la
distanza temporale fra i vari momenti di commissione, la diversità dei complici

accresciuta carica di aggressività, espressa sempre nel settore criminoso delle
rapine, commesse a partire dall’anno 1983, quindi reiterate nel 1989, nel
1990 sino a quelle più recenti, elementi rivelatori di uno stile di vita e
dell’abitualità al crimine, ma non di una comune progettualità.
2. Avverso detto provvedimento propone ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, il quale ne ha chiesto l’annullamento per:
a) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme
giuridiche in relazione al disposto degli artt. 81 cpv. cod. pen. e 671 cod.
proc. pen. per non avere la Corte di merito preso in considerazione il proprio
documentato stato di tossicodipendente, perdurante per tutto il periodo di
commissione dei reati di cui si era chiesta l’unificazione per continuazione e
per avere erroneamente valutato la distanza temporale nella commissione
delle rapine, in realtà pari ad un solo anno, sebbene il dettato normativo non
ponesse alcun limite di tale natura, in sé non dotato di valenza univoca,
all’applicazione della continuazione;
b) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione nella
parte in cui non assegna alcuna rilevanza allo stato di tossicodipendenza ed
alla sua possibile incidenza sulla configurabilità dell’unicità del disegno
criminoso.
3. Con requisitoria scritta il Procuratore Generale presso la Corte di
Cassazione, dr. Oscar Cedrangolo, ha chiesto pronunciarsi l’annullamento
dell’ordinanza impugnata, condividendo i motivi di ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va dunque accolto.
1.Entrambi i motivi di ricorso attengono alla valutazione dei requisiti
pretesi dall’ordinamento per l’applicazione dell’istituto del reato continuato in
fase esecutiva e negano fondatezza alle argomentazioni utilizzate dal
Tribunale per escludere la ravvisabilità dell’identità di disegno criminoso tr i
reati indicati nell’istanza stessa.

e delle modalità di consumazione, la progressione delinquenziale con

1.1 Osserva questa Corte che l’ordinanza in contestazione non affronta il
tema specifico della valutazione dei singoli episodi criminosi giudicati nei
riguardi del condannato alla luce della sua condizione personale di
tossicodipendente, risultante dalla documentazione prodotta, attestante che
egli sin dal 1987 era in cura presso le strutture del Sert perchè assuntore di
eroina e cocaina, dalle quali aveva maturato lo stato di dipendenza.
1.2 In punto di diritto si ricorda che appartiene al consolidato
orientamento della giurisprudenza di legittimità l’affermazione, secondo la

configurabilità della continuazione fra più reati anche quando l’applicazione
dell’istituto sia invocata in sede esecutiva, richiede sotto il profilo soggettivo la
rappresentazione dei singoli episodi criminosi, individuati almeno nelle loro
linee essenziali sin dall’inizio dell’attività illecita, nel senso che l’autore deve
avere già previsto e deliberato in origine ed in via generale l'”iter” criminoso
da percorrere ed i singoli reati attraverso i quali attuarlo, che nella loro
oggettività si devono presentare compatibili giuridicamente e posti in essere
in un contesto temporale di successione o contemporaneità. Il medesimo
arresto riteneva irrilevante, o comunque in sé insufficiente ai fini della prova
dei requisiti per ottenere il riconoscimento della continuazione, lo stato di
tossicodipendenza del responsabile (Cass., sez. 6, 15 giugno 1998, n. 8858;
Cass., sez. 1, 13 novembre 1997-19 febbraio 1998, n. 6368; Cass., Sez. 1,
21 settembre 1993-16 ottobre 1993, n. 3476; Cass., Sez. 1, 30 gennaio 1995
– 27 marzo 1995 n. 524). E’ quindi intervenuta la modifica apportata all’art.
671 c.p.p., comma 1, dal D.L. n. 272 del 2005, art. 4-vicies, convertito con la
L. n. 49 del 2006, con l’introduzione nel testo normativo di una disposizione a
contenuto generale, per la quale “la consumazione di più reati in relazione allo
stato di tossicodipendenza” deve essere considerata “fra gli elementi che
incidono sulla applicazione della disciplina del reato continuato”, sia nel
giudizio di cognizione, che nella fase dell’esecuzione.
L’intervento interpretativo della Corte di Cassazione si è espresso nel
senso che, per quanto la novellazione dell’art. 671 cod. proc. pen. abbia
inteso attenuare il rigore del regime sanzionatorio nei confronti del
responsabile tossicodipendente, tale condizione personale non è vincolante
per il giudice, ma opera quale indizio, indicativo della risoluzione e
determinazione unitaria a monte di una pluralità di reati diversi, che deve
essere oggetto di considerazione unitamente agli altri dati fattuali disponibili;
ciò comporta che la tossicodipendenza in sè non è sufficiente per accordare in
via automatica l’applicazione della continuazione, ma la sua allegazione e
dimostrazione impone che se ne tenga conto in una valutazione complessiva
2

quale l’unicità del disegno criminoso, presupposto indefettibile per la

con tutte le altre condizioni già individuate dalla giurisprudenza per far luogo
all’applicazione dell’istituto (Cass., sez. 1, n. 7190 del 14/02/2007, P.G. in
proc. Bernardis, rv. 235686; sez. 1, nr. 20144 del 27/04/2011, Casà, rv.
250297; sez. 5„ nr. 10797 del 23/02/2010, Riolfo, rv. 246373; sez. 1, nr.
33518 del 7/07/2010, Trapasso, rv. 248124; sez. 1, nr. 39287 del
13/10/2010, Presta, rv. 248841).
1.3 Alla luce di tali principi, poiché l’ordinanza investita dal ricorso non
ha tenuto conto di un significativo elemento di valutazione e della lezione

parte illogica nel suo percorso motivazionale, per cui se ne impone
l’annullamento con rinvio alla Corte di Appello di Torino per un nuovo esame
della richiesta dell’interessato. Va soltanto precisato che non viene qui in
rilievo l’apprezzamento delle circostanze di fatto, condotto dal Tribunale nella
sua discrezionalità, che, in quanto tale, non potrebbe essere oggetto del
sindacato conducibile nel giudizio di legittimità; risulta piuttosto censurabile la
completezza ed adeguatezza dell’apparato giustificativo della decisione, che
avrebbe potuto anche essere reiettiva dell’istanza, ma avrebbe dovuto essere
corredata dalla congrua esposizione delle relative ragioni in aderenza ai dati
concreti, dedotti dal richiedente.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di
Appello di Torino in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.

interpretativa offerta dalla giurisprudenza di legittimità, risulta carente ed in

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