Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 782 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 782 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
POLITO ALESSANDRO N. IL 25/08/1981
avverso il decreto n. 10/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
21/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
(t2-te/sentite-le conclusioni del PG Dott.

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Uditi difenso Avv.;

Data Udienza: 17/12/2013

Ritenuto in fatto

1.Con decreto reso il 21 gennaio 2013 la Corte di Appello di Lecce rigettava
l’appello proposto da Alessandro Polito avverso il provvedimento del 23 gennaio
2012, col quale il Tribunale di Brindisi gli aveva applicato la misura di prevenzione
della sorveglianza speciale di p.s. per la durata di tre anni, in quanto ritenuto
persona socialmente pericolosa poiché inserita in ambienti della malavita locale
organizzata, privo di occupazioni lecite ed in rapporti di frequentazione con .
pregiudicati.

del difensore, il quale deduce con unico motivo la nullità della sentenza per
mancanza di motivazione quanto al profilo dell’attualità della pericolosità sociale,
in quanto:
– le allegazioni difensive disattese dalla Corte di Appello riguardavano il lungo
intervallo temporale di otto anni, sintomatico di un allontanamento del Polito
dall’attività delinquenziale sicchè l’ultima condanna costituiva il primo episodio
dopo un periodo di effettiva astensione dal crimine;
-era in contrasto con le emergenze processuali e col superiore rilievo ritenere che
egli fosse dedito a traffici illeciti,
– difettava il requisito dell’abitualità della condotta, desumibile dalla pluralità di
condanne , oppure dal tenore di vita elevato e sproporzionato rispetto ai proventi
leciti;
– censurabile era anche la decisione di imporre il pagamento della cauzione di euro
2.000,00, determinata senza tenere conto delle condizioni economiche del
proposto, affatto agiate.
3.Con requisitoria scritta depositata il 19 luglio 2013 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Antonio Gialanella, ha chiesto dichiararsi
inammissibile il ricorso.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente fondato ed introduce tematiche che l’oggetto del
procedimento non consente, per cui va dichiarato inammissibile.
1. Va in via preliminare premesso che, per effetto della disciplina stabilita
dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 4, comma 10, il decreto con il quale la
Corte di Appello decide in ordine al gravame proposto dalle parti avverso il
provvedimento del Tribunale applicativo della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di pubblica sicurezza (art. 3 della legge citata) è ricorribile
per cassazione esclusivamente per violazione di legge, vizio quest’ultimo che con
riferimento alla motivazione comprende, per consolidata lezione interpretativa di
questa Corte, il caso di motivazione graficamente assente, constando l
1

2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato a mezzo

provvedimento del solo dispositivo ed in quelli, ben più frequenti, nei quali
l’apparato giustificativo del provvedimento sia privo dei requisiti minimi di
coerenza, completezza e di logicità, al punto da risultare meramente apparente o
assolutamente inidoneo a rendere comprensibile la “ratio decidendi” perché le
relative linee esplicative sono talmente scoordinate e carenti dei necessari
passaggi logici da compromettere l’intelligibilità della decisione, ovvero ancora
quando non affrontino le tematiche poste col gravame, sostanzialmente eluse,
tutte situazioni nelle quali le argomentazioni giustificative, pur presenti, in realtà
non assolvano alla funzione cui sono destinate (Sez. Un. 28/5/2003, ric.

5, n. 24862 del 19/05/2010, Mastrogiovanni, rv. 247682).
1.1 Pertanto, la verifica conducibile in sede di legittimità si deve arrestare
alla corrispondenza degli elementi valorizzati nel provvedimento impugnato ai
criteri dettati dalla legge ed all’esistenza delle ragioni della decisione; il sindacato
così delimitato, riconosciuto come non irragionevole dalla Corte Costituzionale
(sent. n. 321/2004), non si estende quindi all’adeguatezza e coerenza logica del
percorso giustificativo del provvedimento impugnato (Cass. sez. 6, n. 35044
dell’8/03/2007, Bruno, rv. 237277;sez. 6°, n. 15107 del 17/12/2003, Criaco, rv.
229355).
1.2 A siffatta circoscrizione del perimetro cognitivo, proprio dei procedimenti
di prevenzione, si sommano i limiti intrinseci del giudizio di legittimità, che, com’è
noto, non può addentrarsi nella revisione del giudizio di merito, né nella
valutazione dei fatti, ma deve attenersi alla verifica della correttezza giuridica e
logica del provvedimento impugnato, rispetto alle cui statuizioni la Corte di
Cassazione non dispone del potere di sostituire una propria alternativa decisione.
2. La considerazione del ricorso alla luce dei superiori principi induce in primo
luogo ad escludere che il decreto impugnato sia affetto da violazione di legge per
totale carenza o apparenza della motivazione. Al contrario, esso ha illustrato,
seppur con sintetica formulazione della sua motivazione, in modo adeguato, chiaro
e comprensibile, oltre che aderente ai motivi d’appello proposti, le ragioni di
confutazione di tali censure; in particolare, ha considerato che con sentenze
definitive il Polito era stato condannato per i delitti di omicidio, furto e detenzione
e traffico di stupefacenti, commessi in un contesto organizzato e per un periodo
protratto di tempo. Ha quindi preso in esame le frequentazioni abituali del
proposto, risultato essere stato in compagnia di pregiudicati e di soggetti
comunque a loro volta socialmente pericolosi e non avere mai svolto alcuna
attività lavorativa lecita.
2.1 In punto di attualità della pericolosità sociale la Corte territoriale ha
rilevato l’estrema prossimità temporale tra la commissione dell’ultimo reato
commesso, databile al 22/9/2011, e la proposta formulata dal Procuratore della

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Pellegrino, rv. 224611; sez. 6, n. 6839 dell’1/3/1999, P.G. in proc. Menditto; sez.

Repubblica, intervenuta a breve distanza, così come il decreto applicativo, emesso
dal Tribunale di Brindisi.
2.2 Al riguardo, va ricordato che il procedimento valutativo tipico del giudizio
di prevenzione, funzionale ad un giudizio prognostico avente ad oggetto la
probabilità della futura commissione di reati, verte sulla pericolosità sociale del
soggetto, che per dar luogo alla sottoposizione alla misura deve essere concreta
ed attuale, desumibile da specifici comportamenti (Corte Cost., 12/11/1987;
Cass., sez. 5, n. 34150 del 22/09/2006, Commisso, rv. 235203; Cass. S.U., n. 6
del 25/03/1996, Tumnninelli, rv. 194063; sez. 6 n. 38471 del 13/10/2010 Barone,

elementi di prova e/o indiziari tratti da procedimenti penali, anche se non ancora
conclusi, e, nel caso di processi definiti con sentenza irrevocabile, anche
indipendentemente dalla natura delle statuizioni conclusive in ordine
all’accertamento della penale responsabilità dell’imputato. Tale potestà incontra
due limiti: a) il giudizio deve essere fondato su elementi certi, sottoposti a
puntuale disamina critica per affermarne la refluenza sul giudizio di pericolosità
sulla base di un ragionamento immune da vizi logici; b) gli indizi dai quali
desumere la pericolosità sociale non debbono avere i caratteri di gravità,
precisione e concordanza, richiesti dall’art. 192 c.p.p. soltanto per il giudizio di
responsabilità nel procedimento di cognizione (Cass., sez. 6, n. 16030 del
18/12/2008; sez. 1, n. 4764 del 6/11/2008, Mendicino, rv. 242507; sez. 1, n.
6613 del 17/01/2008 n. 6613, Carvelli e altri, rv. 239358; sez. 1 n. 20160 del
29/04/2011, Bagalà, rv. 250278). Resta dunque confermata la piena autonomia
per struttura e finalità dei due procedimenti, quello penale funzionale
all’accertamento della responsabilità in ordine ad una fattispecie di reato, e quello
di prevenzione, ancorato ad una valutazione di pericolosità attuale, espressa
mediante condotte che non necessariamente costituiscono reato, con la
conseguente esclusione di un rapporto di pregiudizialità del primo rispetto al
secondo ed affermazione della reciproca indipendenza nell’apprezzamento del
materiale indiziario con l’obbligo di indicare nella motivazione del decreto
applicativo della misura le ragioni delle valutazioni condotte.
2.3 Inoltre, il giudizio di attualità della pericolosità deve essere condotto con
riferimento al momento della decisione di primo grado (Cass.sez. 1, n. 5227 del
22/09/2000, Santarpi, rv. 217328) in presenza di chiari indici di una persistenza
dei dati fattuali sintomatici.
Di tali principi il provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione,
mentre gli argomenti contenuti nel ricorso si limitano a sostenere che per otto
anni dal 2003 al 2011 egli non aveva commesso reati per i quali aveva riportato
condanna, ma non riesce a negare che gli episodi giudicati fossero funzionali a
procurargli indebito lucro e che anche nel predetto lasso di temporale egli si fosse
dedicato ad attività illecite, non risultando l’espletamento di attività lavorativa

3

248797), per la cui ricostruzione il giudice di merito è legittimato a servirsi di

nemmeno in forma irregolare, né la percezione di redditi legali con i quali avrebbe
provveduto al mantenimento proprio e del nucleo familiare.
2.4 Quanto, infine, all’imposizione della cauzione, la doglianza che ne
lamenta l’eccessiva entità risulta inammissibile, in quanto investe decisione non
suscettibile di alcuna impugnazione, come si desume, sia dall’art. 3-ter, comma
secondo, della legge n. 575 del 1965, sia dalle norme di cui agli artt. 10, 27 e 31
del D.Lgs. n. 159/2011, che, nell’indicare le pronunce adottabili dal Tribunale e
soggette ad impugnazione, non includono i provvedimenti sulla cauzione; né può
ricavarsi la possibilità di proporre gravame ai sensi del combinato disposto degli

misura non incidente sulla libertà personale del soggetto proposto (Cass. sez. 5, n.
35363 del 22/09/2006, Chimienti, rv. 235202; sez. 2, n. 27603 del 04/05/2007,
Chiovaro e altro, rv. 238917; sez. 2, n. 46751 del 18/11/2008, Sabatelli e altri,
rv. 242803; sez. 2, n. 4834 del 16/01/2013, Lo Russo, rv. 255200). Inoltre, si
rileva che la cauzione costituisce misura patrimoniale cautelare, priva di
definitività, come tale sempre revocabile o modificabile dalla stessa autorità che
l’ha imposta a fronte di comprovate gravi necessità personali o familiari.
Pertanto, le doglianze espresse in ricorso risultano manifestamente infondate
in ogni deduzione, oppure non consentite e lo stesso va dichiarato inammissibile,
con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento ed al versamento della somma, ritenuta congrua, di euro 1.000,00
(mille) in favore della Cassa delle Ammende, non esulando profili di colpa nella
proposizione di siffatto ricorso.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013
Il Consigliere estensore

artt. 111 Cost. e 568, comma secondo, cod. proc. pen., per il contenuto della

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