Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7810 del 16/12/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7810 Anno 2014
Presidente: DUBOLINO PIETRO
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

Data Udienza: 16/12/2013

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BALDINI RICCARDO N. IL 20/01/1966
avverso la sentenza n. 14599/2009 GIP TRIBUNALE di BOLOGNA,
del 21/01/2010
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;

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RITENUTO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’articolo 444
cod.proc.pen., venne applicata a Baldini Riccardo, per i reati di bancarotta
fraudolenta patrimoniale e documentale, ricorso abusivo al credito, truffa, la
pena concordata con la Pubblica Accusa nella misura di anni tre e mesi dieci di

– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’imputato, a mezzo del proprio difensore, denunciando difetto di motivazione in
ordine alla mancata pronuncia di sentenza assolutoria, ai sensi dell’articolo 129
cod.proc.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto si dà espressamente
atto, nell’impugnata sentenza, della ritenuta sussistenza delle condizioni tutte,
positive e negative, previste dall’articolo 444 cod.proc.pen. per l’applicazione
della pena su richiesta, ivi compresa quella costituita dalla mancanza dei
presupposti per darsi luogo a pronuncia assolutoria ai sensi dell’articolo 129
cod.proc.pen., come pure quella costituita dalla ritenuta congruità della pena; e
ciò, in difetto di elementi, ricavabili dal testo della medesima sentenza, dai quali
possa invece desumersi l’assenza di alcuna delle condizioni anzidette, basta ad
escludere ogni violazione di legge e a soddisfare le esigenze di motivazione
proprie delle pronunce del genere di quella impugnata (v. Cass. Sez. IV 13 luglio
2006 n. 34494 e Sez. I 10 gennaio 2007 n. 4688);
– né, d’altra parte, risulta indicata, nel ricorso, alcuna specifica ragione di
diritto per la quale, nella specie, l’articolo 129 cod.proc.pen. avrebbe dovuto
trovare applicazione, posto che la natura non distrattiva delle operazioni elencate
nel capo d’imputazione è semplicemente asserita dal ricorrente e non è
nemmeno indicata una fonte di prova che dovrebbe supportare la tesi difensiva;
– che, ugualmente, non risulta minimamente spiegato perché l’accordo
raggiunto fra le parti (e non modificabile in alcun modo dal Giudice) sarebbe
stato da respingere per eccessività della pena (peraltro, all’evidenza, tutt’altro
che esorbitante dalla media); il che, in linea con il consolidato orientamento di
questa Corte, costituisce appunto causa di inammissibilità del gravame (v. Cass.
Sez. IV 11 maggio 1992 n. 7768 e Sez. II 21 maggio 2003 n. 27930);
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reclusione;

- che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di
cui all’articolo 616 cod.proc.pen., ivi compresa, in assenza di elementi che
valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione della prescritta
sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle Ammende;

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa
delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16/12/2013.

P. T. M.

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