Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 781 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 781 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
CALTANISSETTA
nei confronti di:
POLARA GIUSEPPA N. IL 06/10/1969
avverso l’ordinanza n. 1300/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
CALTANISSETTA, del 08/03/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MOIC, A BONI;
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Data Udienza: 17/12/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa 1’8 marzo 2013 il Tribunale di Sorveglianza di
Caltanissetta ammetteva la condannata Giuseppa Polara alla misura
dell’affidamento in prova al servizio sociale in relazione alla pena di mesi nove,
giorni quindici di reclusione, inflittale con sentenza emessa in data 18/2/2009,
irrevocabile il 6/12/2010, dal Tribunale di Gela in relazione ai reati di costruzione
abusiva e di violazione dei sigilli.
2.Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il

chiesto l’annullamento per mancanza di motivazione in ordine alle richieste di
rigetto dell’istanza della condannata, espresse dal Procuratore Generale in
udienza, il quale aveva segnalato come la stessa non avesse dato corso alla
demolizione del manufatto abusivo, pur ordinata con la sentenza di condanna,
condotta sintomatica di allarme e pericolosità sociale, di spregio per le istituzioni e
gli ordini dell’autorità giudiziaria, sicchè era carente il requisito del buon
comportamento tenuto dopo la commissione dei reati e tale omissione costituiva
ostacolo all’ammissione anche alla riabilitazione.
3. Con requisitoria scritta depositata il 23 luglio 2013 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Enrico Delehaye, ha chiesto il rigetto del ricorso,
di cui ha rilevato l’infondatezza.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e va quindi accolto.
1.Va premesso in linea generale che l’istituto dell’affidamento in prova al
servizio sociale, disciplinato dall’art. 47 ord. pen., costituisce una misura
alternativa alla detenzione, prevista nel caso la pena detentiva da eseguire non
superi i tre anni, finalizzata a contribuire alla rieducazione del responsabile ed a
prevenire al contempo il pericolo che egli ricada nella commissione di altri reati,

Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Caltanissetta, il quale ne ha

sicchè, non trattandosi dell’applicazione di un beneficio da elargirsi quasi “pietatis
causa”, ma in base alla ricorrenza di valide prospettive di realizzazione delle
anzidette finalità, funzionali al vantaggio, non del singolo, ma della collettività e
rispetto alle quali la sottrazione del soggetto al regime di detenzione carceraria
rappresenta soltanto uno strumento (Corte cost., 5/12/1997, n. 377; Cass. sez. 1,
n. 4137 del 19/10/1992, Gullino, rv. 192368; sez. 1, n. 2061 del 11/05/1992,
Menditto, Rv. 190531; sez. 1, n. 2207 del 18/5/1992, Caltagirone, rv. 190628,
sez. 1. n. 1704 del 14/4/1994, Gallo, rv. 197463).

,

Tenuto conto del duplice obiettivo perseguito dall’istituto, la giurisprudenza
di questa Corte è uniformemente orientata nel senso che, ai fini della concessione
Ar
della misura, non possono considerarsi in sè ostativi elementi negativi, quali I

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gravità del reato per cui è intervenuta condanna ed i precedenti penali, e che non
può nemmeno pretendersi, in senso positivo, la prova che il soggetto sia già
pervenuto alla completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente
che dai risultati dell’osservazione della personalità emerga l’avvio del processo
critico e la rimeditazione delle pregresse esperienze (Cass., sez. 1, n. 1501 del
12/3/1998, Fatale, rv. 219553; sez. 1, n. 371 del 15/11/2001, Chifari, rv.
220473; sez. 1, n. 31809 del 9/7/2009, Gobbo, rv. 244322).
1.1In particolare, basandosi su una lettura sistematica delle varie
disposizioni contenute nell’art. 47 o.p., si è affermato che la valutazione della

della gravità dei reati, per i quali è stata irrogata la pena in espiazione, non può
mai prescindere dalla condotta tenuta dal condannato dopo la commissione del
reato e dai suoi comportamenti attuali, risultando questi essenziali ai fini della
verifica circa l’esistenza di un effettivo processo di recupero sociale e della
prevenzione del pericolo di recidiva e circa l’idoneità della misura alternativa;
pertanto, quando, come nel caso in esame, l’affidamento in prova sia richiesto
prima dell’inizio dell’espiazione della pena, è necessario procedere alla
considerazione della condotta mantenuta in stato di libertà, dopo la condanna, al
fine di stabilire la prognosi favorevole o meno circa l’astensione da parte del
soggetto dal compimento in futuro di nuove azioni criminose.
1.2 Ciò che però la norma dell’art. 47 ord. pen. non richiede e non include
tra i presupposti indefettibili per l’applicazione dell’istituto è l’avvenuto
risarcimento del danno in favore della parte lesa del reato; invero, la disposizione
del comma settimo stabilisce che nel verbale redatto all’atto dell’affidamento in
prova al servizio sociale possa stabilirsi che “l’affidato si adoperi per quanto
possibile in favore della vittima del suo reato ed adempia puntualmente agli
obblighi di assistenza familiare”; ciò sta a significare che ai fini dell’ammissione
alla misura la relativa piattaforma valutativa può includere anche il ristoro dei
danni patiti dalla vittima del reato, quando nella sua discrezionalità il Tribunale di
Sorveglianza ritenga di farne oggetto di apposita prescrizione quale strumento per
la completa risocializzazione del condannato, salvo poi valutarne la rilevanza e le
cause impedienti in caso di mancato adempimento ai fini della declaratoria di
estinzione della pena. Se però l’attivazione a favore del soggetto passivo non sia
prescritta col provvedimento di ammissione, qualora il risarcimento sia avvenuto
prima della formulazione dell’istanza, potrà essere valutato quale elemento
favorevole ed indicativo della presa di coscienza da parte del condannato delle
conseguenze delle proprie azioni e della volontà di porvi rimedio; se non
verificatosi, tale mancanza non è in sé ostativa all’ammissione all’affidamento
quando gli altri elementi di valutazione comunque indichino la praticabilità
dell’esperimento e l’idoneità della misura a conseguire gli obiettivi cui è diretta
(Cass. sez. 1, n. 3713 del 22/05/2000, Giorgio, rv. 216623). Soltanto nel caso
2

richiesta di affidamento in prova, pur partendo dalla considerazione della natura e

cui l’effettiva indisponibilità ad attivarsi a favore della vittima del reato sia
espressione di una perdurante volontà antisociale, della mantenuta fedeltà a
logiche e programmi di vita di tipo delinquenziale, e non derivi da altra causa
cogente, quali le difficoltà economiche o le priorità familiari, allora rispetto al caso
concreto potrà essere oggetto di legittima valutazione negativa (così Cass. sez. 1,
n. 39474 del 25/09/2007, Arnesano, rv. 237740).
1.3 In tal senso si segnala l’orientamento costante della giurisprudenza di
legittimità, secondo il quale, anche quando il tribunale di sorveglianza, nel
concedere l’affidamento in prova al servizio sociale, abbia prescritto al condannato

offesa, non può subordinare a tale adempimento l’affidamento in prova o il suo
esito, non prevedendo l’art. 47 della legge n. 354 del 1975 tale possibilità (Cass.
sez. 1, n. 37049 del 27/05/2004, Zampolini, rv. 230361; sez. 1, n. 23047 del
19/05/2009, Avanzi, rv. 244070; sez. 1, n. 47126 del 17/11/2009, Colatore, rv.
245886; sez. 1, n. 2614 del 21/11/2012, Mariotti, rv. 254235).
2. Tanto premesso, il caso in esame riguarda più specificamente l’ipotesi di
condannato che non abbia proceduto alla demolizione della costruzione abusiva,
nonostante il relativo obbligo fosse imposto con il titolo giudiziale eseguibile.
2.1 Trattasi di adempimento che ai sensi dell’art. 7 della legge n. 47/85 il
giudice penale può imporre quale provvedimento accessorio alla condanna sulla
base dell’accertamento della persistente offensività dell’opera edilizia abusiva in
danno dell’interesse tutelato dalla norma. In tal senso si sono espresse anche le
Sezioni unite della Suprema Corte con la pronunzia n. 714 del 20/11/1996,
Luongo, rv. 206659 ( Cass. sez. 3 n. 38071 del 19/9/2007, Terminiello, rv.
237825; sez. 3, n. 28356 del 21/05/2013, Farina, rv. 255466), che hanno
evidenziato come l’ordine di demolizione, adottabile in concorrenza con l’analogo
potere che compete all’autorità amministrativa, non costituisca una pena in senso
stretto, ma uno strumento ripristinatorio, diretto ad eliminare le conseguenze
dannose del reato e lo stesso riceva una tutela rinforzata per la previsione,
contenuta nella stessa norma, secondo la quale, in caso di mancata ottemperanza
entro il termine di novanta giorni dall’ingiunzione di demolizione, l’area di sedime
e le opere su di essa realizzate vengono acquisiti a titolo gratuito al patrimonio
indisponibile del comune nel cui territorio insistono.
2.2 In conseguenza di tale sua natura e del tenore delle disposizioni dell’art.
47 ord. pen., si è escluso che l’inosservanza dell’ordine di demolizione del
manufatto abusivo possa costituire in sé un elemento ostativo all’ammissione
all’affidamento in prova al servizio sociale (Cass. sez. 1, n. 4587 del 09/11/1992,
Di Donato, rv. 192438), così come si è negata la possibilità che il tribunale di
sorveglianza, nello stabilire le prescrizioni che accompagnano l’affidamento in
prova al servizio sociale di soggetto condannato per illecito edilizio, possa
includervi la demolizione delle opere abusive, perché estranea a quelle tipizz

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il versamento, a titolo risarcitorio, di una somma di denaro in favore della persona

dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 47, commi 5, 6 e 7, e comunque non
riguardante, nè i rapporti tra affidato ed operatori del servizio sociale, nè il genere
di vita che il primo dovrà osservare durante l’esecuzione della misura, nè
l’astensione da attività illecite (Cass. sez. 1, n. 45419 del 21/09/2011, Coppola,
rv. 251189; sez. 1, n. 48147 del 26/11/2003, dep. 17/12/2003, Lapadula, rv.
226472; sez. 1, n. 1608 del 24/02/1999, Rizzuti, rv. 213514), potendo al più
rientrare, per analogia, nell’obbligo di adoperarsi in favore della vittima del reato,
da individuarsi nell’ente pubblico territoriale il cui interesse al corretto svolgimento
dell’attività edificatoria.

nei riguardi della condannata su alcuni elementi positivi, costituiti dall’assenza di
altri precedenti e di pendenze giudiziarie, dalla dedizione ad attività lavorativa e
dall’assenza di informazioni di polizia allarmanti, ma ha totalmente omesso di
considerare, anche soltanto per negarvi rilievo, lo specifico comportamento
costituito dalla mancata demolizione dell’opera abusiva, obbligo legittimamente
impostole e rimasto inottemperato in assenza di qualsiasi giustificazione; in altri
termini, l’analisi condotta risulta parziale e carente e la giustificazione è non del
tutto logica, difettando la considerazione di un profilo di valutazione che smentisce
la regolarità e la legalità dei comportamenti tenuti dalla condannata dopo il reato.
Per le considerazioni svolte s’impone l’annullamento del provvedimento
gravato con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Sorveglianza di Caltanissetta.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.

3. Ebbene, nel caso di specie il Tribunale ha fondato la prognosi favorevole

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