Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7807 del 16/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7807 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TORO REFIT N. IL 14/02/1984
avverso la sentenza n. 1886/2012 TRIB.SEZ.DIST. di
MONTEVARCHI, del 19/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONELLA
PATRIZIA MAZZE!;

Data Udienza: 16/07/2013

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza pronunciata il 19 ottobre 2012, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., il Tribunale di Arezzo, sezione di Montevarchi, ha applicato a
Toro Refit, cittadino albanese, con l’aumento per la recidiva e la riduzione
per il rito, la pena di anni uno di reclusione per il delitto previsto dall’art.
13, comma 13, d.lgs. n. 286 del 1998 (T.U. imm.), accertato in San
Giovanni Valdarno il 18/10/2012.

cassazione il Toro personalmente, il quale lamenta l’illegittima e immotivata
mancata concessione delle attenuanti generiche; l’illegittima applicazione
della recidiva in quanto insussistente; l’eccessiva pena irrogata; la mancata
concessione della sospensione condizionale della pena.

CONSIDERATO in DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti è un
meccanismo processuale in virtù del quale l’imputato ed il pubblico
ministero si accordano sulla qualificazione giuridica della condotta
contestata, sulla concorrenza di circostanze, sulla comparazione fra le
stesse e sull’entità della pena. Da parte sua il giudice ha il potere-dovere di
controllare l’esattezza dei menzionati aspetti giuridici e la congruità della
pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato che non emerga in modo
evidente una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129 cod. proc.
pen.
Ne consegue che -una volta ottenuta l’applicazione di una determinata
pena ex art. 444 cod. proc. pen.- l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, perché essi sono
coperti dal patteggiamento.
Tanto premesso, la Corte osserva che i motivi di ricorso sono
manifestamente infondati, atteso che il giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è, da un lato, adeguato a quanto contenuto nell’accordo
intervenuto fra le parti, apprezzando la congruità della pena pattuita; e,
dall’altro, ha escluso la sussistenza dei presupposti di cui all’art.129 cod.
proc. pen., alla stregua degli atti acquisiti e puntualmente indicati in
sentenza.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare
i

Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso a questa Corte di

pienamente adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni,
secondo la costante giurisprudenza di legittimità (si vedano, tra le altre,
Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, dep. 15/05/1992, Di Benedetto, Rv.
191134 e 191135; Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995, dep. 18/10/1995,
Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998, dep. 03/11/1998,
Verga, Rv. 211468).
Va aggiunto che, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la
recidiva fu contestata dal pubblico ministero, il quale, come emerge dalla

sulla pena, richiamò i vari “alias” del Toro, già condannato più volte come
da acquisiti certificati penali, e il giudice, previa convalida dell’arresto in
flagranza, applicò al prevenuto la misura coercitiva della custodia in carcere
in considerazione proprio dei “numerosi precedenti” e del concreto pericolo
di commissione di altri delitti della medesima indole.
Coerentemente le parti calcolarono l’aumento della pena per la recidiva
nell’accordo raggiunto ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., personalmente
sottoscritto dall’imputato, nel giudizio direttissimo instaurato
immediatamente dopo la convalida dell’arresto.
E, in proposito, va affermato che la contestazione della recidiva non
richiede l’adozione di particolari formule sacramentali; è, bensì, sufficiente
che la enunciazione della aggravante sia portata a conoscenza dell’imputato
a opera del Pubblico Ministero nella sede del contradditorio procedimentale;
in particolare, nel rito della applicazione su richiesta, la contestazione della
recidiva è validamente effettuata mediante l’inserimento della specifica
menzione della aggravante nella richiesta congiunta di applicazione della
pena, sottoscritta dal Pubblico Ministero e dall’imputato.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, ai sensi dell’art.
616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186 del
2000), anche al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria, che si stima equo determinare in euro
millecinquecento.

lettura dell’incarto processuale, prima del perfezionamento dell’accordo

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione VII Penale
M.4 065ORDINANZA

pot 3

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 1.500,00 alla
cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, in data 16 luglio 2013.

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