Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7805 del 16/07/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7805 Anno 2014
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: CASSANO MARGHERITA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ATTANASIO ALESSIO N. IL 16/07/1970
avverso l’ordinanza n. 5175/2011 GIUD. SORVEGLIANZA di
SPOLETO, del 28/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARGHERITA
CASSANO;

Data Udienza: 16/07/2013

Ritenuto in fatto.
1.11 28 settembre 2012 il Magistrato di sorveglianza di Spoleto rigettava i

reclami proposti da Alessio Attanasio avverso i provvedimenti emessi dalla Casa
circondariale di Terni che aveva vietato l’inoltro all’esterno del cd contenente la tesi
di laurea del detenuto e aveva disposto l’inoltro in forma cartacea del contenuto del
c.d,. ai destinatari indicati da Attanasio.

Attanasio il quale, anche mediante una memoria difensiva, lamenta la violazione del
suo diritto soggettivo all’inoltro del supporto informatico ai destinatari da lui
indicati.
Osserva in diritto.

Il ricorso è inammissibile ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. b) , vertendosi in
ipotesi di provvedimento non impugnabile..
1.11 Collegio è chiamato a stabilire se costituisca lesione di un diritto soggettivo

del detenuto il mancato inoltro all’esterno di un “cd-rom” contenente la tesi di
laurea redatto dallo stesso in presenza della spedizione del contenuto dell’elaborato
in forma cartacea.
2.La questione deve essere affrontata alla luce dei principi – condivisi dal
Collegio – enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U., b. 25079 del 26
febbraio 2003) e dalla Corte Costituzionale (Corte Cost. sent. nn. 354 del 1993, 410
del 1993, 351 del 1996, 212 del 1997, 26 del 1999) che, con rigore argomentativo,
hanno delineato il sistema di tutela delle posizioni soggettive del detenuti e degli
internati che possano trovare protezione in via giurisdizionale. Nelle decisioni
adottate dai suddetti organi è stato chiarito che un’indiscriminata attività
“sostitutiva” – quindi, oltre i margini connaturati all’esistenza di una posizione
soggettiva tutelabile in sede giurisdizionale – da parte del giudice comporterebbe,
non solo il rischio di immobilizzare l’attività amministrativa, ma anche di svuotare
di significato un modello (quale il reclamo ex art. 35 della legge n. 354 del 1975),
che – proprio al di fuori delle materie oggetto di riserva giurisdizionale – può ancora
esplicare una sua funzione, lato sensu, di garanzia.
Dalle norme di ordinamento penitenziario si desume un sistema di tutela delle
posizioni soggettive connesse alla predisposizione ed all’attuazione del programma
di trattamento nonché alle modalità della sua esecuzione di cui, sicuramente,
l’istruzione costituisce parte integrante. Proprio dal trattamento il sistema normativo

2.Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente

fa discendere una complessa e variegata costellazione di misure incidenti sulla pena
in espiazione nella consapevolezza che l’ effettiva possibilità di successo dell’opera
di risocializzazione può scaturire proprio dal continuo adeguamento del trattamento
all’evoluzione o all’involuzione della personalità e della condotta del soggetto.
Il trattamento penitenziario rileva sotto un duplice profilo: a) in modo
immediato e diretto, funzionale all’esigenza protettiva delle posizioni soggettive del

della pena (quantità e qualità della pena stessa), anche con riferimento all’accesso a
misure extramurarie.
L’art. 69, comma 5, 1. n. 354 del 1975 e successive modifiche conferisce al
magistrato di sorveglianza, nel corso del trattamento, il potere-dovere di dettare
“disposizioni dirette ad eliminare violazioni dei diritti dei condannati e degli
internati”. Tale disposizione rende vincolanti – almeno nel caso di violazione di
diritti connessi all’attuazione del trattamento – le detemiinazioni del magistrato di
sorveglianza e, al contempo, attribuisce al detenuto il potere di azionare la
giurisdizione proprio al fine di denunciare la violazione delle posizioni soggettive
ricollegabili alle concrete modalità attuative del trattamento da parte della
amministrazione penitenziaria. La persona detenuta, infatti, pur trovandosi in
situazione di privazione della libertà personale in forza della sentenza di condanna,
è pur sempre titolare di diritti incomprimibili, il cui esercizio non è rimesso alla
semplice discrezionalità dell’autorità amministrativa preposta all’esecuzione della
pena detentiva, e la cui tutela pertanto non sfugge al giudice dei diritti (Corte Cost.
sent. n. 212 del 1997).
Proprio sulla base delle argomentazioni addotte dalla sentenza n. 212 del 1997
della Corte Costituzionale si delinea una nozione di diritto collegato al trattamento
penitenziario non necessariamente identificabile in una posizione soggettiva
costituzionalmente tutelata. Dalla predetta decisione si evince, inoltre, che il
procedimento instaurato attraverso l’esercizio del generico “diritto di reclamo” del
detenuto, che può rivolgersi sia ad autorità amministrative o ad autorità comunque
estranee all’organizzazione penitenziaria sia all’organo giudiziario specificamente
preposto al sistema penitenziario (il magistrato di sorveglianza), può assumere veste
e carattere diversi a seconda dell’oggetto del reclamo e del contenuto della
domanda.

detenuto; b) in modo mediato ed indiretto, in funzione delle modalità di esecuzione

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezione VII Penale
ORDINANZA N

A4022/4 3

3.Alla luce di tali principi, nel caso in esame non si verte, all’evidenza, in tema
di lesione di un diritto soggettivo attinente ai profili del trattamento o
dell’esecuzione della pena, così come pure non è in discussione la concreta tutela di
un diritto del detenuto che coinvolge le relazioni interpersonali.
Si è, piuttosto, in presenza di un provvedimento dell’autorità amministrativa
ritualmente adottato – per ovvie e comprensibili ragioni di sicurezza legate alle

informatico – nell’ambito della gestione ordinaria della vita del carcere che, come
correttamente sottolineato nel provvedimento impugnato, non ha in alcun modo
pregiudicato o affievolito il diritto del detenuto di mantenere contatti con il mondo
esterno, contatti che sono stati pienamente assicurati mediante l’inoltro in forma
cartacea del contenuto dell’opera dell’ingegno (tesi laurea)
4.Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una sanzione
pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, il 16 luglio 2013.

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