Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7802 del 20/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7802 Anno 2013
Presidente: GRASSI ALDO
Relatore: PALLA STEFANO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) NOCITA ANDREA N. IL 26/05/1953
avverso la sentenza n. 1574/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
31/01/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. STEFANO PALLA;

Data Udienza: 20/12/2012

Nocita Andrea ricorre avverso la sentenza 31.1.12 della Corte di appello di Milano che ha
confermato quella in data 22.4.10 del locale tribunale con la quale è stato condannato, per i reati di
lesioni personali e minaccia, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di mesi due e giorni dieci
di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile.
Deduce il ricorrente violazione dell’art.606, comma 1, lett. e) c.p.p., in quanto la distorsione

in ipertensione, è così imponente da provocare nell’immediatezza o nel giro di qualche minuto una
forte sensazione dolorosa e mal si concilia con il meccanismo di produzione descritto dalla p.o.
Vicidomini, secondo cui l’imputato gli aveva ribaltato addosso il tavolo ed egli, cercando di
trattenerlo, < allora il pollice è andato all'indietro >, tanto che lo stesso teste Perduca, diretto
superiore del Nocita, appreso l’accaduto, in sede di indagine disciplinare interna aveva voluto
visionare il tavolo in questione, ma aveva affermato che solo con l’intervento di tre persone ne era
stato possibile lo spostamento.
Poiché il Vicidomini aveva accusato dolore e gonfiore dopo circa un’ora, il fatto produttivo delle
lesioni — sostiene il ricorrente — doveva essere accaduto nell’ora in cui la parte lesa aveva compiuto
le operazioni di verifica del convoglio ferroviario, mentre era certo che il predetto nutriva rancore
nei confronti del Nocita per provvedimenti disciplinari che aveva subito

per iniziativa

dell’imputato, ma la sentenza aveva ignorato tutti questi aspetti non secondari della vicenda e non
aveva tenuto conto che nessuno dei testimoni aveva riferito che Vicidomini si fosse difeso mettendo
le mani avanti, essendo al più emerso che Nocita aveva spinto leggermente il tavolo in questione
(teste Crisci), in un gesto di stizza.
Non vi era quindi nesso di causalità tra le lesioni patite dalla p.o. e l’azione esercitata in suo danno
dal Nocita, tanto che Vicidomini, poco dopo la fine della lite, si era recato ad affettuare, a circa 400
metri dal luogo della lite, la verifica al treno e in quella occasione si erano verosimilmente prodotte
le lesioni lamentate.

radiocarpica, essendo la classica lesione da caduta su una superficie dura con il polso e il primo dito

Osserva la Corte che il ricorso è inammissibile in quanto tendente a sottoporre al giudizio di
legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito, offrendo dell’accaduto una ricostruzione
alternativa in termini meramente possibilisti.
Nel caso di specie, la Corte di merito, con motivazione congrua ed immune da profili di illogicità,

p.o. Vicidomini Angelo — la cui attendibilità è adeguatamente argomentata – , secondo cui
l’imputato, nel corso di una discussione per motivi lavoro, aveva ‘preso il tavolo e l’aveva ribaltato’
contro di lui, facendolo cadere, causandogli in tal modo un rigonfiamento della mano che si era
manifestato dopo circa un’ora per cui si era fatto refertare e gli era stata riscontrata una distorsione
al pollice della mano destra (infortunio per 40 giorni).
Conforto alle affermazioni della p.o. — ha sottolineato la Corte di merito — si traeva proprio dalle
risultanze della certificazione medica, per cui — hanno non certo illogicamente ritenuto i giudici
territoriali – , in assenza di concrete ipotesi alternative supportate da corredo probatorio idoneo a
legittimare una diversa eziologia, l’origine di dette lesioni non poteva che essere individuata nel
colpo inferto poco prima dall’imputato, nel corso della lite descritta anche dai testimoni.
Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che reputasi equo determinare in
€ 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e
della somma di 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 20 dicembre 2012

ha evidenziato come la responsabilità dell’odierno ricorrente riposi sulle dichiarazioni rese dalla

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