Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 780 del 17/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 780 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: BONI MONICA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
SASSARI
nei confronti di:
IANNACCARO PAOLO N. IL 18/09/1983
avverso l’ordinanza n. 936/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
SASSARI, del 10/01/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;
lette/seatite-le conclusioni del PG Dott. –g-w2

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Data Udienza: 17/12/2013

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Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 10 gennaio 2013 il Tribunale di Sorveglianza di
Sassari, a seguito del positivo esito dell’affidamento in prova al servizio sociale,
dichiarava estinte la pena detentiva e quella pecuniaria, inflitte al condannato Paolo
Iannaccaro con le sentenze comprese nel provvedimento di unificazione di pene
concorrenti, emesso 1’8/11/2011 dal Procuratore Generale presso la Corte di
Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari. Fondava la decisione sul rilievo

lavorativo e riteneva positivamente conclusa la prova quanto alla sanzione
detentiva, mentre per quella pecuniaria rilevava che le disagiate condizioni
economiche del condannato gli avevano impedito di eseguirla e che il pagamento di
importo avrebbe compromesso il suo bilancio domestico.
2.Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di
Sassari, il quale ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:
a) erronea applicazione della legge penale per avere il Tribunale di Sorveglianza
enfatizzato l’entità della sanzione pecuniaria da eseguire, pari a 500,00 euro, e non
considerato la possibilità di un suo pagamento rateale, consentito anche a fronte di
un reddito dichiarato, ma non accertato, di qualche migliaio di euro; inoltre, non
aveva tenuto presente che il condannato aveva intrapreso attività in proprio, aveva
disposto di due veicoli, anche se di non recente immatricolazione, aveva beneficiato
dell’utilizzo di una casa di abitazione di proprietà dei genitori senza essere tenuto a
sopportare oneri di mantenimento dei familiari, abitandovi da solo;
b)

mancanza e manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale

dichiarato estinta anche la pena pecuniaria in presenza di elementi oggettivi
contrastanti con l’affermato stato di disagio economico.
3. Con requisitoria scritta depositata il 18 luglio 2013 il Procuratore Generale
presso la Corte di Cassazione, dr. Enrico Delehaye, ha chiesto l’annullamento con
rinvio dell’ordinanza impugnata.

Considerato in diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
1.E’ noto che, secondo quanto disposto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art.
47, comma 12, una volta concluso il periodo di affidamento in prova, il Tribunale di
sorveglianza valuta la condotta tenuta dall’affidato e dichiara, in caso di esito
positivo della misura alternativa, l’estinzione della pena detentiva e di ogni altro
effetto penale, inclusa l’eventuale pena pecuniaria, a condizione che non sia stta

della correttezza del comportamento tenuto dal condannato e del suo impegno

.,

già riscossa e non sia dimostrato che l’interessato versi in disagiate condizioni
economiche.
1.1 Nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato che tale requisito può
riconoscersi sussistente non soltanto a fronte di situazioni di totale impossidenza
del condannato, ma anche in quelle in cui la riscossione del debito, per la sua
entità, raffrontata ai mezzi patrimoniali e reddituali disponibili, possa
compromettere il soddisfacimento delle sue esigenze vitali, ma anche l’equilibrio del
bilancio domestico, al punto da pregiudicare la possibilità di un concreto

valutazione comparativa e complessiva, che contemperi le contrapposte esigenze,
dello Stato all’esazione del credito per la pena pecuniaria, del condannato al
recupero sociale, in modo da escludere che la realizzazione della prima, prevalendo
sulla seconda, incida negativamente, aggravandole, su situazioni di indigenza o
sulla percezione di redditi esigui, con ciò pregiudicando le aspettative individuali di
risocializzazione e quelle collettive di astensione del condannato dalla futura
commissione di altri reati (Cass. sez. 1, n. 22636 del 13/05/2010, Greco, rv.
247422).
2. Nel caso in esame il Tribunale di Sorveglianza si è limitato a prendere in
esame il reddito da lavoro dipendente, dichiarato dal condannato per l’anno 2011,
con una valutazione che non è affatto complessiva, ma che si è arrestata all’entità
delle entrate percepite, senza estendersi alla considerazione della situazione ed alle
condizioni di vita dello Iannaccaro, della proprietà e disponibilità di due automezzi,
tra i quali un furgone utilizzato per lo svolgimento dell’attività lavorativa, della
possibilità di alloggiare in casa di proprietà dei genitori, dell’assenza di oneri di
mantenimento familiare, dell’intrapresa nuova iniziativa lavorativa autonoma, tutti
elementi risultanti dalla relazione informativa dell’U.e.p.e. e dalla nota della G.d.F.
agli atti. Pertanto, la semplice constatazione che l’importo da versare allo Stato,
pari a 500,00 euro, ammonta ad un ottavo dei redditi percepiti, non può ritenersi
congrua e sufficiente perché non tiene conto della possibilità di accedere a forme di
pagamento rateale, che non imponendo l’adempimento in unica soluzione,
ripartiscono l’onere sui mezzi finanziari del condannato in modo dilazionato nel
tempo e lo rendono più tollerabile.
In tal modo il provvedimento impugnato risulta affetto da erronea
applicazione del parametro normativo di riferimento, l’art. 47, comma 12, legge n.
1423/56 e da insufficiente motivazione circa l’indagine da condurre sul relativo
presupposto applicativo delle disagiate condizioni economiche del condannato. Per
tali ragioni lo stesso va annullato con rinvio al Tribunale di Sorveglianza per il
rinnovato esame dell’istanza alla luce dei principi e dei rilievi sopra esposti.

2

reinserimento sociale. E’ dunque richiesta all’interprete la conduzione di una

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di
Sorveglianza di Sassari.

Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2013.

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