Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 78 del 31/10/2013


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 78 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: DI STEFANO PIERLUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI
APPELLO DI CATANIA
o nei confronti di CARAMBIA SALVATORE n. 12/10/1966
2) TROVATO GIOVANNI n. 18/12/1989
avverso la sentenza n. 2313/2011 del

19/10/2012 della CORTE DI

APPELLO DI CATANIA
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso
udita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERLUIGI DI STEFANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MARIO FRATICELLI che ha
concluso chiedendo raccoglimento del ricorso del PM ed il rigetto dei ricorsi
proposti nell’interesse di Trovato.
Uditi i difensori di Trovato Giovanni, avv. SALVATORE PAPPALARDO e avv.
FRANCESCO ANTILLE che hanno chiesto raccoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 ottobre 2012 la Corte di Appello di Catania, in riforma
della sentenza 21 gennaio 2011 del Tribunale di Siracusa, assolveva Carambia
Salvatore per i fatti di traffico di droga contestatigli e riduceva la pena applicata
a Trovato Giovanni per il medesimo reato riconoscendogli le attenuanti
generiche.
Nell’ambito di indagini finalizzate alla intercettazione di un carico di
stupefacente destinato ad ambienti criminali catanesi, il 13 ottobre 2008 la
polizia giudiziaria disponeva un servizio di osservazione di una villetta i

Data Udienza: 31/10/2013

disponibilità di tale Zappalà Alfio, persona ritenuta collegata ad ambienti
criminali. Sul posto giungevano: una autovettura condotta da un napoletano,
Raimondo Nicola; un’altra autovettura con a bordo Trovato Giovanni, Carambia
Salvatore e Zappalà Sebastiano, figlio di Alfio; tale Cimmino Giovanni
sopraggiungeva portando il telecomando di apertura del varco di accesso all’
area in cui era posta la villetta; una terza autovettura condotta da Zappalà Alfio,
che aveva con sè le chiavi di accesso al proprio immobile; infine, nella stessa
zona veniva individuato Sollazzo Ciro, napoletano e formale intestatario della

I primi accertamenti consentivano di rinvenire un bidone in plastica
contenente pistole e munizioni sotterrato nel giardino della villetta; su
indicazione di Zappalà Sebastiano veniva individuato anche un fucile a pompa.
Trovato, Carambia, Raimondo ed i due Zappalà venivano fermati e condotti
negli uffici della Questura ove venivano posti in attesa in una saletta in cui era
attivata l’intercettazione ambientale dei colloqui.
Nel frattempo le indagini ancora in corso presso la villetta consentivano di
individuare, occultati nella autovettura guidata dal Raimondo Nicola, 20 panetti
di cocaina per circa 20 kg. Tale fatto era immediatamente contestato al Cimmino
il quale veniva poi condotto nella medesima saletta citata ove comunicava la
notizia del sequestro della droga agli altri soggetti ivi presenti.
Una successiva perquisizione posta in essere dopo due giorni presso una
villetta adiacente consentiva di recuperare in un contenitore sotterrato altri 10
panetti di cocaina per circa 10 kg confezionati con fogli di giornale; si trattava
del medesimo giornale, Il Mattino di Napoli, utilizzato per confezionare la droga
sequestrata due giorni prima.
Nel corso del giudizio di primo grado gli elementi a carico erano individuati
come segue:
– Trovato Giovanni in sede di interrogatorio di garanzia aveva detto che si
era trovato di passaggio nella zona sopraindicata mentre era intento ad un giro
in auto senza meta particolare in compagnia di Carambia Salvatore e Zappalà
Fabrizio, senza alcun contatto con gli altri soggetti. Ma, poi, rendeva spontanee
dichiarazioni nel corso del dibattimento riconoscendo di essere responsabile dei
fatti.
– Il collaboratore di giustizia Fiorentino Vincenzo riferiva delle attività in
materia di stupefacenti svolte in favore del gruppo criminale cui era affiliato,
indicando fra gli altri partecipanti il Trovato Carmelo che, con l’aiuto, fra gli altri, i,/
di Trovato Giovanni, gestiva un traffico di droga della quale si riforniva da
trafficanti napoletani. Indicava un ulteriore partecipante in tale attività in un

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autovettura guidata dal Raimondo.

soggetto che inizialmente indicava solo per soprannome, individuandolo poi per
Carambia Salvatore vedendolo di persona nel corso del processo.
– Le intercettazioni ambientali nella sala della questura dimostravano che
gli imputati erano consapevoli della fase di scambio della droga che doveva
essere consegnata dai napoletani e conservata nella villetta. In particolare si
comprendeva dalle conversazioni il tentativo posto in essere dagli imputati di
predisporre versioni di comodo e la preoccupazione per l’eventuale
individuazione dell’ulteriore carico di droga nascosta nella villetta posta a fianco

La Corte di Appello, valutando gli specifici motivi di impugnazione,
confermava che gli elementi acquisiti dimostravano la responsabilità di Trovato
Giovanni, sia per la sua stessa ammissione, sia perché nelle conversazioni
intercettate dimostrava di essere il destinatario della droga (lo si comprendeva
indirettamente dalla circostanza che lo stesso riferiva della intenzione di
sostenere la impossibilità di attribuirgli una conoscenza di quanto era nella
autovettura).
La Corte riteneva, invece, insufficiente la prova a carico del Carambia sulla
base di una attenta analisi degli esiti delle intercettazioni ambientali che
consentivano di escludere la possibilità che i ricorrenti avessero deliberatamente
affermato la propria estraneità ai fatti sospettando le intercettazioni. Ritenute
quindi affidabili le conversazioni intercettate, secondo il Collegio era significativo
che non vi fossero indicazioni della partecipazione del Carambia al possesso della
droga ma vi era solo un equivoco riferimento alla sua conoscenza del fatto. Si
trattava della espressione “sì lo so” che poteva sia significare l’adesione all’invito
a non parlare che la conoscenza della presenza della seconda partita di droga
rinvenuta nel terreno.

E, in tale ultimo caso, non vi era nessun elemento

ulteriore rispetto alla mera conoscenza del fatto. Né la dichiarazione accusatoria
del collaboratore sopraindicato offriva alcuna utilità rispetto al fatto specifico in
contestazione.
Il procuratore generale presso la Corte di appello di Catania propone ricorso
avverso la assoluzione di Carambia Salvatore, deducendo la carenza e comunque
la illogicità della motivazione.
Osserva che la Corte di Appello ha erroneamente valutato in modo
parcellizzato gli elementi a carico di Carambia non considerando che:
1) per una operazione di traffico di droga di quella entità già la sola presenza
in occasione dell’operazione di scambio della sostanza appare significativa
quanto alla finalità di tale presenza di rafforzamento della determinazione
criminale, mentre la Corte di Appello si limitava a considerare la assenza di un
immediato concreto apporto fattuale del Carambia allo svolgimento dell’attività.
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di quella di Zappalà.

2) Non è vero che il collaboratore di giustizia non offra indicazioni specifiche
nei confronti del Carambia poiché ne indicava, invece, il ruolo criminale in quel
dato periodo esattamente corrispondente a quello contestato di collaborazione al
traffico di droga dei Trovato.
3) Dalla visione ed ascolto delle intercettazioni si comprende come il
Carambia fosse a conoscenza della presenza dello stupefacente.
Trovato Giovanni propone due ricorsi a mezzo dei propri difensori.
Il primo, avv. Antille, rileva cumulativamente la sussistenza di violazione di

interpretazione legge.
Innanzitutto con riferimento alla ordinanza dibattimentale del 29 marzo
2012 reitera l’eccezione di violazione del principio di cui all’ articolo 649 bis cod.
proc. pen. in quanto nel corso del presente giudizio il ricorrente era imputato
innanzi al gip del Tribunale di Catania per il medesimo fatto nell’ambito del
procedimento principale da cui il presente era stralciato. La Corte, quindi,
avrebbe dovuto dichiarare l’ improcedibilità.
Rileva, poi, che non è vero che il ricorrente abbia confermato la propria
responsabilità in quanto la affermazione “ammetto l’addebito” serviva, secondo
la difesa, “solo al fine di chiarire, in termini atecnici, la sua presenza in loco”.
Inoltre non si precisa quale, tra le condotte di cui all’articolo 73 d.p.r.
309.90, sia contestata alla ricorrente.
Il secondo, avv. Pappalardo, con primo motivo rileva la carenza di
motivazione e comunque la sua illogicità per la mancata derubricazione del fatto
in tentativo; con secondo motivo rileva che nessun elemento consente di
ascrivere al ricorrente anche il possesso della seconda quantità di droga
sequestrata seppellita nella villa contigua a quella di Zappalà. La ammissione del
ricorrente non riguarda tale sostanza stupefacente, acquistata da suo padre
senza alcuna sua partecipazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Solo il ricorso del pubblico ministero è fondato.
Sussistono effettivamente i vizi logici denunziati con il ricorso in quanto gli
elementi probatori a carico del Carambia non sono stati valutati in modo unitario
bensì parcellizzato ed effettivamente è stato apoditticamente ritenuta assente la
responsabilità per la condotta di detenzione dello stupefacente per il solo dato
della assenza di una condotta materiale riferibile direttamente alla sostanza
stupefacente, non tenendo invece conto di quale possa esser l’apporto rilevante
secondo i principi in materia di concorso di persone.
Innanzitutto la Corte di Appello con affermazione assai sintetica afferma
come “la presenza dell’imputato in quel luogo è certamente un elemento
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legge, omessa motivazione, illogicità, travisamento, ed erronea applicazione di

indiziario ma non satisfattivo poiché i contenuti delle conversazioni ambientali…
non sono pro batoriamente significative di un fattivo contributo apportato dal
Carambia alla condotta illecita altrui”..
Rileva poi che le intercettazioni in sé riescono tutt’al più a dimostrare la
conoscenza della presenza dello stupefacente.
Infine, riconosce ben poco significato alla dichiarazione accusatoria del
collaboratore di giustizia in quanto, pur individuando il ricorrente per un soggetto
in rapporti criminali con i Trovato, non rappresenta un riscontro

Tale motivazione presenta profili di carenza e di illogicità rilevanti in tale
sede in quanto:
non si tiene conto del rilievo della presenza insieme agli altri imputati alla
fase di ricezione della partita di droga pur dandosi atto che l’accertamento è nel
senso che la occasione di incontro tra i vari soggetti fosse legata proprio alla
consegna della partita di droga. In particolare, non si tiene conto che si
trattava di una operazione di consegna di droga per un controvalore
elevatissimo; non si tiene conto che le modalità dell’incontro erano tali che si
doveva valutare approfonditamente la tesi di accusa secondo la quale l’unica
ragione dell’incontro era la consegna e l’occultamento la droga.
Già solo questi dati imponevano una più approfondita valutazione, di cui
rendere conto con adeguata motivazione, per escludere che il Trovato, pur
avendo reso noto al Carambia la presenza dello stupefacente, ne avesse richiesto
la presenza quanto meno con funzioni di “scorta” a fronte della delicatezza
dell’operazione (incontro con esponenti della banda criminale venditrice per la
consegna di merce illecita di enorme valore venale).
Invero la Corte di Appello in termini non del tutto chiari fa riferimento alle
intercettazioni ambientali per sostenere che il solo Trovato affermasse la
proprietà dello stupefacente ma non dice se la propria lettura è nel senso che il
Carambia sapesse sin da prima della presenza di tale sostanza.
Va comunque rilevato che nel provvedimento impugnato si leggono gli
stralci delle intercettazioni di conversazioni del Trovato Giovanni; ed in queste
non risulta affatto un diretto riconoscimento di esclusiva responsabilità; difatti è
presumibile che il Trovato facesse riferimento alla responsabilità secondo un
concetto di proprietà della sostanza e non di regole in tema di estensione della
responsabilità penale ai sensi dell’art. 110 cod. pen. E’ indubbio che nella sua
ottica la droga era la sua e non della sua scorta, ma ciò non esclude certo la
responsabilità di questi ultimi.
Né, in tale contesto, è adeguata una motivazione in sé generica, alla luce
delle regole in tema di concorso di persone nel reato, che non vi sia adeguata
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individualizzante.

dimostrazione di un “fattivo contributo apportato dal Carambia alla condotta
illecita altrui”. Tale affermazione è troppo vaga perché, a fronte della confermata
consapevolezza del Carambia della presenza dello stupefacente, si possa
comprendere se la sentenza intenda dire che la presenza dell’imputato era solo
casuale o intenda dire che il concorso di persone nel reato non possa essere
configurato senza l’accertamento di una partecipazione alla condotta materiale
tipica (ovvero non basterebbe, quanto al caso di specie, una funzione di scorta
che rafforzi la determinazione criminale di chi compie l’azione principale ma

stupefacente o della conduzione della trattativa per il suo acquisto).
Chiaramente erronea, in questo contesto, la valutazione isolata della
dichiarazione del collaboratore di giustizia della quale si dice solo che non offre
indicazioni specifiche per il caso in esame laddove, nell’ottica di accusa, andava
considerata unitamente al restante materiale indiziario per valutare se
confermava un ruolo di sostanziale coinvolgimento di Carambia nelle complessive
attività di traffico di droga; la dichiarazione doveva, invece, essere valutata
quale possibile conferma che la presenza del Carambia nella data occasione
corrispondesse ad un suo tipico ruolo di ausilio alle attività criminali dei Trovato.
Compito del giudice di rinvio è, quindi, quello di valutare la effettiva portata
della presenza di più soggetti che accompagnavano il gestore del traffico di
droga in un incontro per lo scambio e l’occultamento di una rilevantissima partita
di stupefacente, circostanza da leggere unitamente alle intercettazioni ambientali
per la parte che possa essere significativa della consapevolezza di tutti della
ragione della presenza sul posto nonchè unitamente alle dichiarazioni del
collaboratore di giustizia quanto all’essere la presenza di vari soggetti sul posto
dovuta al loro abituale operare unitamente del traffico di droga, parte con il ruolo
di gestione del traffico e parte con funzioni di supporto alle attività (“scorta”).
Entrambi i ricorsi di Trovato sono inammissibili.
Quanto al primo ricorso, avv. Antille, è manifestamente infondata la
questione in ordine alla presunta improcedibilità che innanzitutto non può certo
conseguire ad una successiva emissione di un decreto di rinvio a giudizio – la
improcedibilità, se del caso, riguardava il procedimento successivo; peraltro,
dalla lettura del predetto decreto di rinvio a giudizio, risulta testualmente
indicato che si è proceduto separatamente per i soggetti arrestati per l’episodio
qui in valutazione.
Del tutto inconsistenti gli altri argomenti, laddove si offre una lettura
alternativa della ammissione dell’addebito, che è del tutto illogica, e si assume
che la contestazione sia generica, contro la evidenza dimostrata dallo stesso
regolare svolgimento delle difese in fase di merito.
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sarebbe necessaria una qualche operazione materiale di gestione dello

Anche l’altro ricorso è manifestamente infondato in quanto in termini
generici si limita a smentire la logica ricostruzione effettuata dai giudici di merito
di come le partite di droga facessero parte di una unica operazione di traffico di
stupefacenti gestita dai soggetti arrestati; esula dalla attività di questa Corte
l’eventuale valutazione diversa del merito del materiale probatorio.
Valutate le ragioni della inammissibilità, la sanzione pecuniaria nei confronti
del ricorrente va determinata nella misura di cui in dispositivo.
P.Q.M.

giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Catania.
Dichiara inammissibili i ricorsi del Trovato che condanna al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle
Am ende.
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il Presidente

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Adolfo Di Virginio
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Annulla nei confronti di Carambia la sentenza impugnata e rinvia per nuovo

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