Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7799 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7799 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RAGIEL ARTUR N. IL 04/10/1967
avverso la sentenza n. 1393/2012 CORTE APPELLO di
CATANZARO, del 16/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Do tt. At-t-tzu-LA:0 ).(4-Ote
che ha concluso per a -t,: riL) $12 -ce
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Udito, per la e rte civile, l’Avv

Data Udienza: 19/11/2013

1

RITENUTO IN FATTO
1.

La Corte d’appello di Catanzaro, con la sentenza indicata in

epigrafe, ha confermato, quanto all’affermazione di responsabilità, la
sentenza con la quale il Tribunale di Lamezia Terme in data 4 novembre
2011 aveva dichiarato l’odierno ricorrente colpevole di concorso in
tentata rapina aggravata e porto illegale di armi da taglio aggravato, in

equivalenti alle aggravanti contestate – alla pena ritenuta di giustizia,
con le statuizioni accessorie. La Corte di appello ha ridotto la pena
principale.
2.

Avverso tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un

difensore iscritto nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo il- motivO di seguito enunciatO nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – contraddittorietà della motivazione rispetto alle prove acquisite in
dibattimento e travisamento delle prove.
Ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata.

3.

All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’ SULLA
MOTIVAZIONE

.4

1. E’ necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di

legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per
cassazione, delineati dall’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., come

vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che,

continuazione, condannandolo – ritenuta le attenuanti generiche

2
a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato la
possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un’indagine sul
discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria
valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il
giudice della legittimità limitarsi a verificare l’adeguatezza delle
considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il suo

1.1. La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni
processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso
qualora comporti il c.d. «travisamento della prova» (consistente
nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della
valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato
probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività
nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica), purché
siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si
pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate
alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la
loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non
ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato.

1.1.1. Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione
dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di
«travisamento della prova» deve, a pena di inammissibilità (Cass.
pen., Sez. I, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n.
234115; Sez. VI, sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n.
249035):
(a) identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la
doglianza;
(b)

c….,
individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale

atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;

2

convincimento.

3
(c)

dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato

probatorio invocato, nonché dell’effettiva esistenza dell’atto processuale
su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti
nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della

dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

1.1.2.

In proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella

giurisprudenza di legittimità, il principio della c.d. “autosufficienza del
ricorso”, inizialmente elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte
Suprema.
Valorizzando dapprima la formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c. (a norma del quale le sentenze pronunziate in grado d’appello o in
unico grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione:
<<(...) 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio»; la disposizione stabilisce attualmente, all'esito delle modifiche apportate dall'art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito in I. n. 134 del 2012, che le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione <<(...) 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), ed attualmente la formulazione (introdotta dal D. Lgs. n. 40 del 2006) dell'art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. (a norma del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità: «(...) 6) la specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda»), si è osservato che il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l'esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricor , 3 motivazione, introducendo profili di radicale "incompatibilità" all'interno 4 della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte (Cass. civ. Sez. II, sentenza 2 dicembre 2005, n. 26234, CED Cass. n. 585217; Sez. lav., sentenza 17 agosto 2012, n. Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di legittimità, questa Corte Suprema ha già ritenuto che <>.
4. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione
«oltre ogni ragionevole dubbio», presente nel testo novellato dell’art.
533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente
all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare
che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone,
ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione
di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è
permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha
una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato
ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530,
comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentemente
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in
precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed
ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di
questa Corte Suprema – per tutte, Sez. un., sentenza n. 30328 del 10

12

usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle

13
luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo successivamente recepita nel
testo novellato dell’art. 533 c.p.p.), secondo cui la condanna è possibile
soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della
responsabilità dell’imputato (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 19575 del
21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785; Sez. II, sentenza n. 16357 del 2
aprile 2008, CED Cass. n. 239795).

(Sez. II, sentenza n. 7035 del 9 novembre 2012 – 13 febbraio 2013,
CED Cass. n. 254025) che «La previsione normativa della regola di
giudizio de/I’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova fondamento
nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha
introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova
ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di
condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità
dell’imputato».

IL RICORSO
5. Alla luce di queste necessarie premesse in rito va esaminato
l’odierno ricorso.

6. Tutti i motivi sono generici e manifestamente infondati.

6.1. Il ricorrente ha dichiarato espressamente di volere impugnare
l’ordinanza di rigetto asseritamente emessa dalla Corte di appello ex art.
603, comma 5, c.p.p.: la Corte di appello avrebbe rigettato la richiesta
di rinnovazione del dibattimento

«mediante acquisizione ai fini

valutativi della penale responsabilità del RAGIEL, dei verbali di
trascrizione delle udienze del dibattimento del processo connesso
tenutosi a carico dell’imputato ZABECKI, rigettandola perché non
ritenuta necessaria salvo poi indicarne il contenuto a pagina 4 della
sentenza avverso cui si ricorre» (f. 1 del ricorso).

6.1.1.

L’affermazione tradisce una incredibilmente non perfetta

conoscenza degli atti processuali: dal verbale dell’udienza 16 ottobre

13

In argomento, si è più recentemente, e conclusivamente, affermato

14
2012 del giudizio di appello emerge inequivocabilmente che il difensore
dell’odierno imputato aveva chiesto «l’acquisizione dei verbali del 17 e
19 luglio 2012 relativi al processo a carico di ZABECKI»,

che

produceva, e la Corte di appello, nonostante l’opposizione del P.M.,
aveva disposto «l’acquisizione dei verbali riservandosi di valutarne la
rilevanza ai fini della decisione».
Detti verbali sono stati, pertanto,

ritualmente acquisiti e

riguarda la congruità della motivazione che ha condotto all’affermazione
di responsabilità.

6.2. Il ricorrente lamenta che la p.o. avrebbe – nel corso del
separato procedimento a carico di ZABECKI – riferito di aver
riconosciuto soltanto ZABECKI, non anche RAGIEL: detto elemento (che,
peraltro, il ricorrente non documenta nei modi che si è in precedenza
visto, nei §§ 1.4. ss. di queste Considerazioni in diritto, essere di rito),
unitamente alle dichiarazioni testimoniali del CC DALLA PORTA (delle
quali, peraltro, il ricorrente non indica con la dovuta specificità il
contenuto, e che comunque ancora una volta non indica nei modi di rito)
ed alle contraddizioni sulla identificazione del RAGIEL emerse nel corso
del procedimento a suo carico, non confermerebbero l’ipotesi
accusatoria: la p.o. avrebbe mal descritto gli aggressori (entrambi privi
di barba); dal verbale 19.7.2012 emergerebbe anche l’irritualità del
riconoscimento; il CC DALLA PORTA avrebbe riferito che all’atto del
fermo i 2 non correvano e non avevano opposto resistenza; i verbali
asseritamente non acquisiti (ma in realtà, come si è detto, erano stati
legittimamente acquisiti proprio su richiesta della difesa dell’imputato)
sarebbero stati indebitamente utilizzati a sostegno della condanna dalla
Corte di appello.
Lamenta, inoltre, l’inattendibilità intrinseca ed estrinseca della p.o.
(delle cui dichiarazioni riporta, peraltro, soltanto qualche segmento), e
la erronea considerazione delle dichiarazioni del CC GALLO (delle cui
dichiarazioni riporta, ancora una volta, soltanto qualche segmento),

14

legittimamente valutati dalla sentenza impugnata; ogni ulteriore censura

15
6.3. La Corte di appello (f. 3 ss.) ha valorizzato a fondamento
dell’affermazione di responsabilità le dichiarazioni della vittima
dell’episodio di rapina in contestazione, che ha riconosciuto nel RAGIEL
uno degli aggressori, motivatamente ritenute attendibili, dando conto di
alcune contraddizioni, peraltro ritenute assolutamente marginali e tali da
non inficiare

in toto la credibilità della p.o. BONADDIO; ha, in

particolare, evidenziato che il RAGIEL fu riconosciuto dalla p.o.

indica di necessità una barba coltivata, ma è ben compatibile con una
barba non rasata di recente; ha precisato che tale conclusione non può
essere smentita

«da quanto accaduto nel processo a carico dello

ZALECKI, nel corso del quale il BONADDIO ha ritenuto di riconoscere
nell’imputato presente in aula il suo aggressore mentre ha sempre
dichiarato di essere stato inizialmente aggredito dal RAGIEL; infatti,
deve rilevarsi al riguardo, per un verso, che il considerevole arco
temporale trascorso può avere determinato una erronea percezione
della parte offesa nel corso di detta successiva ricognizione
dibattimentale dello ZALECKI e, peraltro, che comunque il BONSADDIO
ha indicato e riconosciuto in entrambi gli imputati coloro i quali hanno
perpetrato la rapina a suo danno».
Ha, inoltre, valorizzato, come importante, pur se non necessario,
elemento di riscontro, il rinvenimento delle armi da taglio (un coltello da
cucina e forbici a punta) utilizzate per il tentativo di rapina, secondo le
modalità descritte dalla p.o., nello zainetto indossato dal RAGIEL.
Ha, infine, compiutamente evidenziato le ragioni in fatto per le quali
gli atti posti in essere integravano gli estremi del tentativo punibile di
rapina.

6.4. A fronte di tali ineccepibili argomentazioni, il ricorrente ha
reiterato più o meno pedissequamente doglianze in parte già costituenti
oggetto di appello e già disattese dalla Corte di appello con motivazione,
esauriente, logica, non contraddittoria, e pertanto incensurabile in questa
sede, senza adeguatamente confrontarsi con il percorso argomentativo
seguito dalla sentenza impugnata, il che rende il ricorso privo della

15

nell’immediatezza del fatto, e che il riferimento alla “barba lunga” non

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necessaria specificità, e senza documentare eventuali travisamenti nei
modi di rito.

6.4.1. La correttezza delle argomentazioni della Corte di appello
evidenzia, comunque, a prescindere dai rilievi in rito che precedono, la
manifesta infondatezza del ricorso.

sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi
che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità
per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla
Cassa della ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 19 novembre 2013.

7. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai

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