Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7798 del 19/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 7798 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BENINTENDE ENRICO N. IL 17/10/1956
avverso la sentenza n. 3331/2010 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
18/05/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/11/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
u:to.A.A.4:o )1.AAJtiz
che ha concluso per o i ,
-1,Z.

A

W^:

te stit.

Udito, pe a parte civile, l’Avv

P-. l’e Jui

Q-k) J:1-

Data Udienza: 19/11/2013

1

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe,
ha confermato la sentenza con la quale il Tribunale di Bergamo in
composizione monocratica in data 11 marzo 2010 aveva dichiarato
l’odierno ricorrente colpevole dell’appropriazione indebita della somma di
euro 22.178,19 (fatti commessi in Bergamo da maggio 2004 a maggio

accessorie, anche in favore della parte civile.
2.

Avverso tale provvedimento, l’imputato (con l’ausilio di un

difensore iscritto nell’apposito albo speciale) ha proposto ricorso per
cassazione, deducendo il motivo di seguito enunciato nei limiti
strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173,
comma 1, disp. att. c.p.p.:
I – motivazione carente, contraddittoria e/o illogica (lamenta che la
Corte di appello avrebbe desunto il necessario elemento psicologico del
reato contestato unicamente dal fatto che l’imputato aveva incassato i
premi assicurativi oggetto della contestazione senza rilasciare quietanza
di pagamento e senza consegnare all’Agenzia assicuratrice le matrici,
senzkconsiderare le dichiarazioni rese dal teste MOTTOLA quanto alla
ritenuta regolarità dell’operato dell’imputato, che si è tra l’altro attivato
per restituire le somme in oggetto prima della denuncia, e trascurando
che l’imputato aveva inteso trattenere le predette somme in
compensazione di propri crediti).

3.

All’odierna udienza pubblica, dopo il controllo della regolarità

degli avvisi di rito, la parte presente ha concluso come da epigrafe, e
questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato
mediante lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è integralmente inammissibile per genericità e manifesta
infondatezza.

2005), condannandolo alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni

2

I LIMITI DEL SINDACATO DI LEGITTIMITA’ SULLA
MOTIVAZIONE
1. E’ necessario premettere, con riguardo ai limiti del sindacato di
legittimità sulla motivazione dei provvedimenti oggetto di ricorso per
cassazione, delineati dall’art. 606, comma 1, lettera e), c.p.p., come
vigente a seguito delle modifiche introdotte dalla L. n. 46 del 2006, che,
a parere di questo collegio, la predetta novella non ha comportato la

discorso giustificativo della decisione, finalizzata a sovrapporre la propria
valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito, dovendo il
giudice della legittimità limitarsi a verificare l’adeguatezza delle
considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per giustificare il suo
convincimento.

1.1.

La mancata rispondenza di queste ultime alle acquisizioni

processuali può, soltanto ora, essere dedotta quale motivo di ricorso
qualora comporti il c.d. «travisamento della prova» (consistente
nell’utilizzazione di un’informazione inesistente o nell’omissione della
valutazione di una prova, accomunate dalla necessità che il dato
probatorio, travisato od omesso, abbia il carattere della decisività
nell’ambito dell’apparato motivazionale sottoposto a critica), purché
siano indicate in maniera specifica ed inequivoca le prove che si
pretende essere state travisate, nelle forme di volta in volta adeguate
alla natura degli atti in considerazione, in modo da rendere possibile la
loro lettura senza alcuna necessità di ricerca da parte della Corte, e non
ne sia effettuata una monca individuazione od un esame parcellizzato.

1.1.1.

Il ricorso che, in applicazione della nuova formulazione

_. 4

dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p. intenda far valere il vizio di

«travisamento della prova» deve, a pena di inammissibilità (Cass.
pen., Sez. I, sentenza n. 20344 del 18 maggio 2006, CED Cass. n.
234115; Sez. VI, sentenza n. 45036 del 2 dicembre 2010, CED Cass. n.
249035):

2

possibilità, per il giudice della legittimità, di effettuare un’indagine sul

3
(a) identificare specificamente l’atto processuale sul quale fonda la
doglianza;
(b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale
atto emerge e che risulta asseritamente incompatibile con la
ricostruzione svolta nella sentenza impugnata;
(c)

dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato

su cui tale prova si fonda tra i materiali probatori ritualmente acquisiti
nel fascicolo del dibattimento;
(d) indicare le ragioni per cui l’atto invocato asseritamente inficia e
compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della
motivazione, introducendo profili di radicale “incompatibilità” all’interno
dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato.

1.1.2.

In proposito, può ritenersi ormai consolidato, nella

giurisprudenza di legittimità, il principio della c.d. “autosufficienza del
ricorso”, inizialmente elaborato dalle Sezioni civili di questa Corte
Suprema.
Valorizzando dapprima la formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5,
c.p.c. (a norma del quale le sentenze pronunziate in grado d’appello o in
unico grado possono essere impugnate con ricorso per Cassazione:
<<(...) 5) per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, prospettato dalle parti o rilevabile di ufficio»; la disposizione stabilisce attualmente, all'esito delle modifiche apportate dall'art. 54 d.l. n. 83 del 2012, convertito in I. n. 134 del 2012, che le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione «(...) 5) per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti»), ed attualmente la formulazione (introdotta dal D. Lgs. n. 40 del 2006) dell'art. 366, comma 1, n. 6, __.. c.p.c. (a norma del quale il ricorso per cassazione deve contenere, a i pena di inammissibilità: «(...) 6) la specifica indicazione degli att 3 probatorio invocato, nonché dell'effettiva esistenza dell'atto processuale 4 processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il ricorso si fonda»), si è osservato che il ricorso per cassazione deve ritenersi ammissibile in generale, in relazione al principio dell'autosufficienza che lo connota, quando da esso, pur mancando l'esposizione dei motivi del gravame che era stato proposto contro la decisione del giudice di primo grado, non risulti impedito di avere adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede, essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte (Cass. civ. Sez. II, sentenza 2 dicembre 2005, n. 26234, CED Cass. n. 585217; Sez. lav., sentenza 17 agosto 2012, n. 14561, CED Cass. n. 623618). Tenuto conto dei principi e delle finalità complessivamente sottesi al giudizio di legittimità, questa Corte Suprema ha già ritenuto che «la teoria dell'autosufficienza del ricorso elaborata in sede civile debba essere recepita e applicata anche in sede penale con la conseguenza che, quando la doglianza abbia riguardo a specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti specificamente indicati (ovviamente nei limiti di quanto era stato già dedotto in precedenza), posto che anche in sede penale - in virtù del principio di autosufficienza del ricorso come sopra formulato e richiamato -deve ritenersi precluso a questa Corte l'esame diretto degli atti del processo, a meno che il funnus del vizio dedotto non emerga all'evidenza dalla stessa articolazione del ricorso» (Sez. I, sentenza n. 16706 del 18 marzo - 22 aprile 2008, CED Cass. n. 240123; Sez. I, sentenza n. 6112 del 22 gennaio - 12 febbraio 2009, CED Cass. n. 243225; Sez. V, sentenza n. 11910 del 22 gennaio - 26 marzo 2010, CED Cass. n. 246552, per la quale è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non contenga la loro integrale 4 della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni 5 trascrizione o allegazione e non ne illustri adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con riferimento alle relative doglianze; Sez. VI, sentenza n. 29263 dell' 8 - 26 luglio 2010, CED Cass. n. 248192, per la quale il ricorso per cassazione che denuncia il vizio di motivazione deve contenere, a pena di inammissibilità e in forza del principio di autosufficienza, le argomentazioni logiche e giuridiche sottese alle censure rivolte alla valutazione degli elementi probatori, e esame diretto è alla stessa precluso; Sez. II, sentenza n. 25315 del 20 marzo - 27 giugno 2012, CED Cass. n. 253073, per la quale in tema di ricorso per cassazione, è onere del ricorrente, che lamenti l'omessa o travisata valutazione dei risultati delle intercettazioni effettuate, indicare l'atto asseritamene affetto dal vizio denunciato, curando che esso sia effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al giudice di legittimità o anche provvedendo a produrlo in copia nel giudizio di cassazione). In proposito, va, pertanto, affermato il seguente principio di diritto: «In tema di ricorso per cassazione, va recepita e applicata anche in sede penale la teoria della "autosufficienza del ricorso", elaborata in sede civile; ne consegue che, quando i motivi riguardino specifici atti processuali, la cui compiuta valutazione si assume essere stata omessa o travisata, è onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante l'allegazione o la completa trascrizione dell'integrale contenuto degli atti specificamente indicati, non potendo egli limitarsi ad invitare la Corte Suprema alla lettura degli atti indicati, posto che anche in sede penale è precluso al giudice di legittimità l'esame diretto degli atti del processo» 1.2. La mancanza, l'illogicità e la contraddittorietà della motivazione, come vizi denunciabili in sede di legittimità, devono risultare di spessore tale da risultare percepibili ictu ocuii, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le 5 non può limitarsi a invitare la Corte alla lettura degli atti indicati, il cui 6 deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico ed adeguato le ragioni del convincimento senza vizi giuridici (in tal senso, conservano validità, e meritano di essere tuttora condivisi, i principi affermati da questa Corte Suprema, Sez. un., sentenza n. 24 del 24 novembre 1999, CED Cass. n. 214794; Sez. un., sentenza n. 12 del 31 maggio 2000, CED Cass. n. 216260; Sez. un., Devono tuttora escludersi la possibilità, per il giudice di legittimità, di <> (Sez. II, sentenza n. 31811 dell’8 maggio 2012, CED Cass.

Per tali ragioni la censura alternativa ed indifferenziata di mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione risulta priva
della necessaria specificità, il che rende il ricorso inammissibile.

2.1. Infine, secondo altro consolidato e condivisibile orientamento di
questa Corte Suprema (per tutte, Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22
febbraio – 24 aprile 2002, CED Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n.
34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n. 256133), è
inammissibile per difetto di specificità il ricorso che riproponga
pedissequamente le censure dedotte come motivi di appello (al più con
l’aggiunta di frasi incidentali contenenti contestazioni, meramente
assertive ed apodittiche, della correttezza della sentenza impugnata)
senza prendere in considerazione, per confutarle, le argomentazioni in
virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti.

2.1.1. Si è, infatti, esattamente osservato (Sez. VI, sentenza n. 8700
del 21 gennaio – 21 febbraio 2013, CED Cass. n. 254584) che <>.
4. Per quel che concerne il significato da attribuire alla locuzione
«oltre ogni ragionevole dubbio», presente nel testo novellato dell’art.
533 c.p.p. quale parametro cui conformare la valutazione inerente
all’affermazione di responsabilità dell’imputato, è opportuno evidenziare
che, al di là dell’icastica espressione, mutuata dal diritto anglosassone,
ne costituiscono fondamento il principio costituzionale della presunzione
di innocenza e la cultura della prova e della sua valutazione, di cui è
permeato il nostro sistema processuale.
Si è, in proposito, esattamente osservato che detta espressione ha
una funzione meramente descrittiva più che sostanziale, giacché, in
precedenza, il «ragionevole dubbio» sulla colpevolezza dell’imputato
ne comportava pur sempre il proscioglimento a norma dell’art. 530,
comma 2, c.p.p., sicché non si è in presenza di un diverso e più rigoroso
criterio di valutazione della prova rispetto a quello precedentement

12

appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato

13
adottato dal codice di rito, ma è stato ribadito il principio, già in
precedenza immanente nel nostro ordinamento costituzionale ed
ordinario (tanto da essere già stata adoperata dalla giurisprudenza di
questa Corte Suprema – per tutte, Sez. un., sentenza n. 30328 del 10
luglio 2002, CED Cass. n. 222139 -, e solo successivamente recepita nel
testo novellato dell’art. 533 c.p.p.), secondo cui la condanna è possibile
soltanto quando vi sia la certezza processuale assoluta della

21 aprile 2006, CED Cass. n. 233785; Sez. II, sentenza n. 16357 del 2
aprile 2008, CED Cass. n. 239795).
In argomento, si è più recentemente, e conclusivamente, affermato
(Sez. II, sentenza n. 7035 del 9 novembre 2012 – 13 febbraio 2013,
CED Cass. n. 254025) che «La previsione normativa della regola di

giudizio dell’ “al di là di ogni ragionevole dubbio”, che trova fondamento
nel principio costituzionale della presunzione di innocenza, non ha
introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova
ma ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di
condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità
dell’imputato».

IL RICORSO
5. Alla luce di queste necessarie premesse in rito va esaminato
l’odierno ricorso.

6.

La

censura

alternativa

ed

indifferenziata

di

carenza,

contraddittorietà e/o illogicità della motivazione risulta, alla luce dei
premessi rilievi in rito (§ 2 di queste Considerazioni in diritto), priva
della necessaria specificità, il che rende il ricorso inammissibile.

6.1. Le doglianze del ricorrente appaiono inoltre, già alla stregua
della prospettazione difensiva, manifestamente infondate:
Se davvero l’operato dell’imputato fosse stato corretto, non si
comprende la ragione per la quale egli, post factum, avrebbe dovuto
attivarsi – come egli stesso ammette di aver fatto – per restituire le

13

responsabilità dell’imputato (Cass. pen., Sez. II, sentenza n. 19575 del

14
somme in oggetto; né l’imputato spiega qual fondamento giuridico
sorreggesse la pretesa di esercitare un diritto di ritenzione sulle somme

de quibus.
D’altro canto, la Corte di appello (f. 3) ha chiarito

<>.

6.2. A fronte di tali ineccepibili argomentazioni, il ricorrente ha
reiterato più o meno pedissequamente doglianze già costituenti oggetto
di appello e già disattese dalla Corte di appello con motivazione,
esauriente, logica, non contraddittoria, e pertanto incensurabile in questa
sede, senza adeguatamente confrontarsi con il percorso argomentativo
seguito dalla sentenza impugnata, il che rende il ricorso privo della
necessaria specificità.
La correttezza delle argomentazioni della Corte di appello evidenzia,
comunque, a prescindere dal rilievo che precede, la manifesta
infondatezza del ricorso.

14

provvigioni operato dalla società di assicurazione, la quale ha

15
7. Non può porsi in questa sede la questione della declaratoria della
prescrizione eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in
considerazione della totale inammissibilità del ricorso.
La giurisprudenza di questa Corte Suprema ha, infatti, più volte
chiarito che l’inammissibilità del ricorso per cassazione «non consente

il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la
possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma

novembre 2000, CED Cass. n. 217266: nella specie, l’inammissibilità del
ricorso era dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi, e la
prescrizione del reato era maturata successivamente alla data della
sentenza impugnata con il ricorso; conformi, Sez. un., sentenza n.
23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n.
19601 del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400).

8. La declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai
sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché – apparendo evidente dal contenuto dei motivi
che egli ha proposto il ricorso determinando le cause di inammissibilità
per colpa (Corte cost., sentenza 13 giugno 2000, n. 186) e tenuto conto
dell’entità di detta colpa – della somma di Euro mille in favore della
Cassa delle Ammende a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla
Cassa della ammende.
Così deciso in Roma, udienza pubblica 19 novembre 2013.

dell’art. 129 c.p.p.>> (Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del 22

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA