Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7795 del 19/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7795 Anno 2014
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da

Gualtieri Marcello, nato a Cosenza il 16 gennaio 1960

avverso la sentenza del 6 novembre 2012 della Corte di appello di Milano.

Letti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Sergio Beltrani;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Antonio Mura,
che ha concluso chiedendo L’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
uditi i difensore di fiducia dell’imputato, avv. FEDERICO CECCONI e LUIGI FENIZIA, che
hanno concluso chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito.

Data Udienza: 19/11/2013

RITENUTO IN FATTO
1. L’odierno procedimento costituisce segmento di un più ampio procedimento
in relazione al quale (pur relativamente a diverse imputazioni e diversi imputati) vi è
già stata una pronunzia della VI sezione di questa Corte Suprema (sentenza 20
settembre 2011, dep. 3 maggio 2012, n. 16362), che così ne riepiloga le fasi iniziali,

«All’esito di complesse ed articolate indagini concernenti fatti reato
sviluppatisi nel tempo per quasi un decennio (dal 1997 al 2006), caratterizzanti quello
che è stato comunemente definito il “caso Telecom”, il pubblico ministero presso il
Tribunale di Milano ha chiesto il 21.11.2008 il rinvio a giudizio di 34 imputati, nei
cui confronti ha elevato a vario titolo complessivi 41 capi di imputazione, il cui fulcro è
formato da una accusa di associazione per delinquere diretta alla commissione
di plurimi reati di diversa tipologia. In sintesi il p.m. ha elaborato, alla
luce delle emergenze investigative, un quadro accusatorio imperniato sull’esistenza
di un sodalizio criminoso stretto tra più persone, tra cui in particolare gli
investigatori privati Emanuele Cipriani e Bernardini Marco, il funzionario del
SISMI Marco Mancini e Tavaroli Giuliano, responsabile della Funzione Security
della società Pirelli e – dopo l’acquisita partecipazione maggioritaria da parte
di Pirelli – della società Telecom. Sodalizio finalizzato al compimento di reati di
corruzione propria (antecedente e susseguente), intrusione informatica,
rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio ed appropriazione indebita. Il
nucleo centrale delle accuse è costituito dalla contestazione agli investigatori privati
Cipriani e Bemardini ed ai loro rispettivi collaboratori di aver realizzato una sistematica
opera di corruzione, su mandato personale del Tavaroli e di altri dirigenti i servizi di
Security delle società Pirelli e Telecom (in particolare i coimputati lezzi e Ghioni),
di numerosi pubblici ufficiali italiani e stranieri per ottenere informazioni riservate
presenti in archivi e banche dati di pubbliche amministrazioni nonché di essersi
abusivamente introdotti in sistemi informatici e telematici allo scopo di formare dei
“dossier” di notizie riservate o personali riguardanti oltre 4.000 persone (fra cui
esponenti politici, giornalisti, imprenditori, impiegati, aspiranti dipendenti delle società
Telecom e Pirelli, persone comunque di possibile interesse, solo asserito, per i vertici
societari). Attività illecita protrattasi per anni cui si coniuga la connessa accusa, mossa
al Tavaroli e ai suoi consociati “esterni” ex art. 416 c.p., di appropriazione
indebita, aggravata dal rapporto di prestazione d’opera, di risorse economiche
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comuni all’odierno procedimento:

delle società Pirelli e Telecom, “drenate” sotto forma di corrispettivo delle
operazioni informative e intrusive commissionate dalle due società al Cipriani e al
Bemardini e ad altri investigatori. Un’autonoma accusa di riciclaggio è stata mossa al
commercialista milanese Gualtieri Marcello, accusato di aver ideato multiformi
operazioni negoziali in favore del Cipriani, finalizzate ad ostacolare
l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme da quest’ultimo percepite
dalle società Telecom e Pirelli a titolo di remunerazione delle illecite operazioni di

dossieraggio. Il p.m. ha contestato, infine, alle persone giuridiche Telecom e Pirelli
l’illecito amministrativo di cui al D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231, art. 25, commi 2 e 4,
in rapporto alle molteplici corruzioni commissionate dal proprio dipendente Tavaroli nel
periodo in cui ha ricoperto un ruolo apicale in ciascuna delle due società come
responsabile della funzione Security (capi 38 e 39 della rubrica per Telecom Italia
SpA; capi 40 e 41 della rubrica per Pirelli & C. SpA)».

1.1.

Il commercialista MARCELLO GUALTIERI era stato rinviato a

giudizio per rispondere:

– (capo 10) del delitto di cui agli artt. 81 cpv. – 648-bis, commi 1 e 2, c.p.,
perché, con più atti esecutivi del medesimo disegno criminoso, in tempi diversi,
nell’esercizio dell’attività di dottore commercialista, prestando la propria consulenza
professionale, ricoprendo anche cariche in organi sociali secondo le necessità
di complesse operazioni negoziali, e comunque collaborando con CIPRIANI

[investigatore privato gestore della Polis d’Istinto s.r.I. e delle società inglesi W.C.S.
Ltd. e S.R.A. Ltd.], e con società specializzate, nella costruzione di società di comodo
estere non operative – la cui unica finalità è quella di schermare il beneficiario reale e
di legittimare apparentemente il trasferimento di fondi mediante l’emissione di fattura per trasferire gli importi, oggetto dell’appropriazione indebita e prezzo della
corruzione aggravata descritta nei capi che precedono e che seguono, da conti inglesi
a conti svizzeri e monegaschi fino alla destinazione su conti lussemburghesi, nonché
curando il rientro dall’estero, tramite una complessa operazione finanziaria, di circa
due milioni di euro prelevati dalla Svizzera, trasferiti nel Regno Unito e bonificati
quindi in Italia per consentire, tramite interposizioni, l’acquisto di una villa in Italia,
utilizzata dal CIPRIANI (sita in Firenze, via Jacopone da Todi n. 6, di proprietà
dell’IMMOBILIARE LABIRINTO s.r.I.), compiva operazioni idonee ad ostacolare
l’identificazione della provenienza delittuosa delle somme illecitamente sottratte alle
società del GRUPPO PIRELLI e TELECOM Reati commessi in Milano dal 1997 al 2004.

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In particolare, secondo la contestazione, le operazioni compiute dall’odierno
ricorrente miravano ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa delle
somme illecitamente sottratte alle società del GRUPPO PIRELLI e TELECOM,
costituenti oggetto di appropriazione indebita (capo 9) o prezzo della corruzione
di pubblici ufficiali [capi 2), 11), 17)].

Sub 9) era stato contestato al CIPRIANI [in concorso con TAVAROLI (responsabile della Funzione

società Teleconn) e con IEZZI (altro dirigente i servizi di Security delle società Pirelli e Telecom)] il
delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110 e 646 c.p., art. 61 c.p., nn. 7 – 11, art. 61 c.p., n. 2, per avere posto
in essere il “drenaggio” di risorse economiche dei gruppi PIRELLI e TELECOM committenti degli incarichi
delittuosi svolti dall’associazione criminosa oggetto di contestazione sub 1), con appropriazione indebita
della complessiva somma di Euro 20,9 milioni pagati su estero alla WCS Ltd. ed alla RSA Ltd. come
“corrispettivo di operazioni di investigazione simulatamente compiute dalle precitate società di
diritto inglese”. Reati commessi in Milano dal novembre 1997 al dicembre 2004.

Sub 1), era stato contestato a più soggetti separatamente giudicati, alcuni in qualità di
organizzatori e promotori, il delitto di cui all’art. 416, commi 1 e 2, c.p., associazione per
delinquere per la commissione di una pluralità di delitti di: a) corruzione propria (per indagini
clandestine ed illecite); b) utilizzazione a fini patrimoniali di segreti di ufficio (banche dati di Ministeri e
servizi italiani e stranieri); c) utilizzazione di dati relativi a traffico storico di utenze TIM con applicativo
Radar; d) acquisizione illecita di notizie sulla sicurezza dello Stato (in violazione dell’art. 262 c.p.); e)
accessi ed intrusioni illeciti in sistemi informatici (art. 615-ter c.p.) ed intercettazione illecita di
flussi telematici (art. 617-quater c.p.); f) appropriazione indebita in danno del gruppo TELECOM PIRELLI, principale committente di CIPRIANI, e degli investigatori privati SPINELLI e BERNARDINI
(quest’ultimo gestore della G.S.S. s.r.l. e – con il coimputato SPINELLI – della statunitense G.S.S.
Inc.) in violazione dell’art. 646 c.p., aggravata ex art. 61, comma 1, n. 11, c.p.; g) illecito trattamento
di dati personali in violazione del D. Lgs. n. 196 del 2003, artt. 23, 26, 27, 123 e 167. Reati commessi
in Milano ed altrove con condotta permanente dal 2000 fino al 20.9.2006.

Sub 2) era stato contestato al CIPRIANI ed a GIORGIO SERRELI (ex ufficiale della
G.d.F., collaboratore dell’Agenzia Investigativa Minerva), in concorso con TAVAROLI, IEZZI e RIZZO, il
delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319 e 321 c.p., aggravato ex art. 61 c.p., n. 2, ovvero la stabile
retribuzione corruttiva di ufficiali ed agenti di p.g. per lo svolgimento di indagini abusive (intrusioni
informatiche, pedinamenti, acquisizioni di documenti), avvalendosi dei loro poteri istituzionali, al fine
conseguire il profitto del reato di cui al capo 9) (art. 646 c.p.). Reati commessi in Milano ed altrove dal
2000 al settembre 2004.

Sub 11) era stato contestato al CIPRIANI, in concorso con TAVAROLI, il delitto di cui agli artt.
81 cpv., 110 c.p., 322-bis, comma 2, n. 1 (in riferimento al comma 1, n. 5) c.p., ovvero
l’intervenuta retribuzione corruttiva di GUATTERI FULVIO, funzionario del servizio di sicurezza

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Security della società Pirelli e – dopo l’acquisita partecipazione maggioritaria da parte di Pirelli -della

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e pratiche varie, anche di personale interesse del presidente pro tempore di Pirelli – Telecom,
TRONCHETTI PROVERA. Reati commessi in Milano dal 2001 fino al 2005.

Sub 17) era stato contestato al CIPRIANI e ad IEZZI il delitto di cui agli artt. 319 e 321 c.p.,
aggravato ex art. 61, comma 1, n. 2 c.p., ovvero l’intervenuta retribuzione corruttiva del MANCINI
limitatamente ad una serie di pratiche dettagliatamente indicate sub 16). Reati commessi in Milano dal

2. All’esito, il g.u.p. del Tribunale di Milano aveva adottato quattro provvedimenti
decisori:
a) sentenza applicativa di pene concordate con il p.m. nei confronti di sedici
imputati e delle società Telecom e Pirelli;
b) sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.p.p. nei confronti di dodici
imputati in relazione a taluni reati e/o parti di reato loro ascritti, con varie
formule liberatorie (insussistenza dei fatti o non commissione degli stessi;
improcedibilità ex art. 202, comma 3, c.p.p.; intervenuta prescrizione delle
condotte attuate fino al 28.11.2002);
c) decreto dispositivo del giudizio davanti alla Corte di Assise di Milano
(competente in relazione al reato di cui all’art. 262, comma 1, c.p., contestato ai
capi 19, 21 e 37 della rubrica) nei confronti di dodici imputati, non già giudicati
a norma degli artt. 442 e 444 c.p.p., fatta eccezione per MICHELE CANTA, accusato
di un solo reato di corruzione continuata, dichiarato improcedibile per prescrizione
con la sentenza citata al punto b) di questo riepilogo.
d)

per quello che in relazione all’odierno ricorso più immediatamente rileva,

sentenza emessa in data 28 maggio 2010, all’esito del giudizio abbreviato, di

2000 al 2005.

assoluzione dell’odierno ricorrente GUALTIERI per insussistenza dei fatti di riciclaggio
ascrittigli.

2.1. In particolare, secondo quanto riepilogativamente riportato nel § 4.2. della
sentenza n. 16362 del 2012 della VI sezione di questa Corte Suprema,
«Con la sentenza emessa ai sensi dell’art. 425 c.p.p., il g.u.p. del
Tribunale ambrosiano ha dichiarato il non luogo a procedere per insussistenza del
fatto in ordine al delitto di appropriazione indebita contestato con il capo 9) della
rubrica, ascritto a Cipriani (in concorso con Tavaroli e lezzi), e con il capo 22 _..«5t…

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della rubrica, ascritto a Bernardini (in concorso con Tavaroli, lezzi, Spinelli e
Ghioni). Insussistenza basata sulla deduzione, coonestata dalla giurisprudenza
di legittimità, secondo cui non commette appropriazione indebita il dirigente di
una società che utilizzi le risorse finanziarie sociali per scopi che, sebbene in
tutto o in parte illeciti, perseguano comunque in modo diretto o indiretto
interessi della società o dei suoi vertici amministrativi e dirigenziali. Nella
vicenda per cui è processo il g.u.p. ha rilevato che numerose operazioni illecite di

dossieraggio o acquisizioni commissionate al Cipriani e al Bemardini, su indicazione
di Tavaroli o di suoi collaboratori (lezzi e Ghioni) e pagate da Pirelli e da Telecom,
sono state eseguite per scopi collegabili, direttamente o indirettamente, all’interesse
delle due società o in ogni caso dell’amministratore p. t. di entrambe, il presidente
Tronchetti Provera. Di conseguenza il g.u.p. ha dichiarato il non luogo a
procedere anche per il reato di associazione per delinquere limitatamente al
riferimento presente in imputazione al compimento di fatti di appropriazione
indebita di cui al capo 1, sub f). Il g.u.p. ha dichiarato, poi, il non luogo a
procedere nei confronti dell’imputato Mancini. Improcedibilità con la
formula della non commissione del fatto per il reato associativo sub 1) e con
formule diverse relative ai reati di rivelazione di segreti ex art. 326 c.p. (capo
15) e di corruzione (capo 16) correlate ai 33 casi di pratiche o dossier formati
con il contributo informativo del Mancini: insussistenza del fatto per tre
pratiche cui risulta estraneo un qualsiasi contributo dell’imputato;
improcedibilità per l’esistenza di segreto di Stato per dieci pratiche non
supportate da dati diversi da quelli desumibili dalle notizie secreta te dal Capo del
Governo; prescrizione ovvero non commissione del fatto per venti pratiche per le
quali è possibile rinvenire in atti fonti integrative di prova non coperte da
segreto, che però presentano profili di equivocità valutativa non forieri di
esiti dibattimentali favorevoli alla pubblica accusa. Il g.u.p. ha, infine,
dichiarato improcedibili perché estinti per intervenuta prescrizione tutti
gli altri reati di rivelazione di segreti di ufficio e di corruzione contestati agli
imputati limitatamente alle condotte poste in essere fino al 28.11.2002. In
simmetria con le conclusioni valutative della sentenza il g.u.p. ha disposto il rinvio
a giudizio degli attuali e di altri imputati, ad eccezione del Mancini (“uscito” dal
processo), escludendo il riferimento del reato associativo a fatti di appropriazione
indebita e per le imputazioni concernenti i reati fine con riguardo alle condotte
successive al 28.11.2002. Analoghe conclusioni ha adottato il g.u.p. (in

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applicazione, in parte qua, dell’art. 129 c.p.p.) per la sentenza di applicazione della
pena pronunciata nei confronti di più imputati».

3.

La citata sentenza n. 16362 del 2012 della VI Sezione di questa Corte

Suprema ha rigettato i ricorsi del Procuratore Generale e del Procuratore della
Repubblica di Milano, nonché quelli delle parti civili, contro la sentenza di

proscioglimento emessa dal GUP meneghino all’esito dell’udienza preliminare.

4. In accoglimento dell’appello del P.M. e della parte civile TELECOM ITALIA s.p.a.,
la Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato
l’odierno imputato colpevole del reato ascrittogli, condannandolo – operata la
riduzione di rito – alla pena ritenuta di giustizia, con le statuizioni accessorie, anche
in favore della parte civile.

5. Avverso tale sentenza l’imputato (con l’ausilio degli avv. F. CECCONI e L.
FENIZIA, entrambi iscritti nell’apposito albo speciale, il primo già all’atto della
redazione dell’odierno ricorso, il secondo solo in data successiva, come dallo stesso
comunicato in udienza) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi di
seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto
dall’art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.:

I – inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 646 e 648-bis c.p. e
degli artt. 425, 648, 649, 650 c.p.p.

Il ricorrente lamenta che in più punti l’impugnata decisione sembra
ritenere “accidentale e superflua” l’identificazione del reato costituente
presupposto del contestato riciclaggio (quasi fosse sufficiente ritenere la
generica provenienza delittuosa della res che si assuma riciclata), e comunque che
“stenti” ad individuarlo, solo in fine facendo in proposito riferimento alla
appropriazione indebita del denaro versato nelle casse delle società inglesi WCS
ed SRA, trascurando, peraltro, di considerare la conclusiva statuizione della
Suprema Corte di cassazione, che ne aveva confermato l’insussistenza già ritenuta
dal G.U.P. all’esito dell’udienza preliminare, valutando il medesimo compendio
probatorio.

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Lamenta, inoltre, che ingiustificatamente non siano state considerate le
deduzioni di cui alla propria memoria difensiva del 12 ottobre 2012 (allegata al
ricorso), con le quali era stata argomentata l’impossibilità di addivenire a conclusioni
in contrasto con la sentenza intervenuta all’esito dell’udienza preliminare aì sensi
dell’art. 425 c.p.p., non essendo stata ipotizzata la possibilità di una sua revoca, e
dovendo essa, sulla scia di una condivisa giurisprudenza di merito, essere ritenuta
dotata di efficacia preclusiva rebus sic stantibus, e risolvendosi, pertanto, «nel divieto

per il giudice di riesaminare la regiudicanda sulla base del medesimo compendio
probatorio già delibato», ed era stato richiamato l’art. 627, comma 3, c.p.p.,
ritenuto espressivo di un principio di ordine generale, valevole non soltanto per il
giudice del caso specifico, ma anche per il giudice chiamato ad un apprezzamento
incidentale in relazione al medesimo caso specifico, a sua volta tenuto ad

«attenersi alla questione di diritto risolta e decisa dalla Corte Suprema».

Il giudizio formulato dalla sentenza n. 16362 del 2012 atteneva anche
all’impossibilità di qualificare giuridicamente i fatti accertati come appropriazione
indebita, laddove la Corte territoriale, nella sentenza impugnata, avrebbe

«opinato nomofilatticamente in modo del tutto antitetico, rispetto al
principio di diritto legittimamente enunciato da codesta Suprema Corte, così
svilendone (…) la portata e l’autorevolezza»; la sentenza impugnata avrebbe,
inoltre, riportato in maniera incompleta le argomentazioni poste a fondamento della
decisione, omettendo «maliziosamente» (f. 9 del ricorso) di riportare
passi asseritamente decisivi quanto alla ritenuta insussistenza dell’appropriazione
indebita. •
D’altro canto, alla citata sentenza n. 16362 del 2012, pur emessa ai sensi dell’art.
425 c.p.p. e quindi di per sé inidonea al giudicato formale, ai sensi dell’art. 648
c.p.p., andrebbe comunque riconosciuta la propensione

«a produrre gli effetti

propri della cosa giudicata, nella sua accezione materiale e sostanziale, e ciò a
prescindere dalla effettiva riconducibilità della medesima al novero delle
pronunzie di merito».

Il ricorrente osserva, in proposito, che mai è stata

ipotizzata, nel merito, l’evenienza della revoca della sentenza di proscioglimento
per il delitto di appropriazione indebita, e che tale evenienza risulta comunque
ormai impossibile, essendo maturato il termine di prescrizione ben prima della
sentenza in questa sede impugnata: alla sentenza del G.U.P. di
proscioglimento degli imputati dalla appropriazione indebita

de qua
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dovrebbe, quindi, essere riconosciuta efficacia di giudicato sostanziale.
Cita a sostegno del proprio assunto Cass. Pen., Sez. VI, sentenza n. 459 dell’8
novembre 1996, dep. 24 gennaio 1997, CED Cass. n. 207728.
Osserva, infine, che il

riconoscimento

dell’efficacia

di

sostanziale alla sentenza di proscioglimento resa dal G.U.P.
c.p.p. comporterebbe l’efficacia

erga omnes

giudicato
ex art. 425

della sentenza quanto

all’affermata insussistenza del fatto-reato oggetto del giudizio, concludendo che

«l’irrevocabile insussistenza del fatto-reato di appropriazione indebita, quale nella
specie onnicomprensivamente contestato e giudicato (e cioè anche negli
episodi “recuperati” dalla Corte territoriale con la sentenza qui impugnata),
esclude che esso possa fungere da ritenuto (…) “presupposto” del delitto di
riciclaggio, oggetto del presente processo. In altri termini, il denaro proveniente da
Pirelli – Telecom e corrisposto alle società WCS e SRA non era di provenienza
illecita per un fatto delittuoso contro /’altrui patrimonio»;

– inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 646 e 648-bis c.p.
nonché
III – mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione
con riferimento alle doglianze costituenti oggetto del II motivo.

Il ricorrente premette, sulla base di ampi riferimenti giurisprudenziali, che,
nella struttura del riciclaggio, il reato presupposto costituisce elemento
fondamentale. Ciò premesso, lamenta che la Corte di appello, dopo avere escluso
quale reato presupposto il “prezzo della corruzione”,

non parlando «minimamente di una provenienza illegittima, in quanto derivante dalle modalità di
acquisizione di talune di quelle informative, e cioè, in sintesi, dalla illegittimità delle
intrusioni informatiche e soprattutto dalle operazioni di corruzione di pubblici funzionari. Su
quest’aspetto, infatti, nulla è detto nella sentenza impugnata, benché il capo di imputazione faccia
riferimento anche al “prezzo” del reato di corruzione quale eventuale altro reato presupposto (con un
termine, quello di “prezzo” cioè, usato però in modo assolutamente improprio, come messo in
evidenza nelle varie memorie di questa difesa e come stigmatizzato nella stessa sentenza impugnata).
Su tale aspetto, quindi, l’appello del P.M., che anche a tal tipo di reato presupposto aveva fatto
riferimento, non è stato minimamente condiviso».

ed altri reati fiscali (ai quali la sentenza impugnata – f. 10 nota 24 – ha 4.
espressamente affermato di non intendere fare riferimento,

come in realtà
9

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inevitabile atteso che gli stessi esulavano dalla contestazione), avrebbe
individuato «la”delittuosità” presupposta in alcuni, sparuti, episodi di pagamento,
rispetto ai quali vi sarebbe stato, a suo dire, un fenomeno
appropriativo, anche se poi contraddittoriamente il GUALTIERI è stato
condannato per l’intero ammontare dei pagamenti di cui al capo 9)
dell’imputazione, come se CIPRIANI avesse compiuto appropriazioni indebite per
tutte le operazioni da lui effettuate per conto di Pirelli – Telecom, il che, pure,

dell’invece onnicomprensiva contestazione. Orbene, gli sparuti episodi enucleati e
recuperati in maniera assolutamente sommaria e neanche commentati dalla
Corte territoriale erano stati, invece, ampiamente ed analiticamente valutati dal
Giudice di primo grado, sia nella sentenza di assoluzione del dott. GUALTIERI
sia, anche e soprattutto, nella sentenza di non luogo a procedere nei confronti
degli ex coimputati CIPRIANI ed altri».
Trattasi di episodi la cui rilevanza penale e la cui idoneità ad integrare gli
estremi della inizialmente ipotizzata appropriazione indebita sono state
sconfessate dalla fin qui più volte citata sentenza n. 16363 del 2012 della VI
sezione di questa Corte Suprema.
Inoltre, premessa la condivisione dell’orientamento espresso dalla Corte
Suprema di cassazione con la sentenza CUSANI (non condivisa dalla sentenza della
Corte di appello, che erroneamente mostra di ritenerla isolata, poiché in realtà essa si
inserisce in un orientamento ribadito da Cass. 10041 del 1998 e da una
giurisprudenza di merito), il ricorrente passa a riepilogare i tratti salienti delle
operazioni cui la sentenza impugnata attribuisce rilievo, per concludere che
nessuna di esse era idonea ad integrare gli estremi del contestato reato di cui
all’art. 646 c.p., e quindi a fungere da reato presupposto del riciclaggio contestato
all’odierno imputato, evidenziando, inoltre, la contraddizione insita nel fatto che,
pur avendo la Corte di appello ammesso che talora (f. 16) alle società WCS e SRA
fossero state fatturate informazioni in relazione alle quali la distrazione
appropriativa non appariva configurabile, dovendosi al contrario raffigurarsi un
immediato e concreto interesse di PIRELLI e TELECOM, cíonondimeno l’imputato era
stato contraddittoriamente riconosciuto colpevole per l’intero ammontare
corrisposto alle predette società inglesi, con ciò comprendendo anche tutte
quelle operazioni per le quali la stessa Corte di appello aveva escluso la
distrazione appropriativa;

pacificamente, non è stato nella stessa prospettazione accusatoria, al di là

IV – inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 43 e 648-bis c.p.
nonché
V – mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della motivazione
con riferimento alle doglianze costituenti oggetto del IV motivo.

riprese di individuare nel c.d. dolo eventuale l’elemento psicologico del
reato ascrittogli; evidenzia, in fatto, che la propria responsabilità è stata
conclusivamente ritenuta in relazione ai proventi di 8 sole operazioni sulle circa
4.000 svoltesi nel periodo passato al vaglio degli inquirenti, il che di per sé
evidenzierebbe, al contrario, l’impossibilità di configurare una qualsiasi forma
di dolo; d’altro canto, le circostanze indicate dalla Corte di appello a sostegno
del proprio assunto sono, a parere del ricorrente, prive di riscontro
documentale (f. 29 e 30 del ricorso); ed è rimasto privo di adeguata
motivazione anche il convincimento espresso dalla Corte di appello in ordine alla non
attendibilità delle dichiarazioni liberatorie rese dal CIPRIANI nei confronti
del GUALTIERI.
Quanto al profilo più strettamente giuridico della (non contestata)
compatibilità tra dolo eventuale e riciclaggio, il ricorrente, richiamato un recente
arresto delle Sezioni unite di questa Corte Suprema, osserva che

«l’accettazione del rischio deve riguardare non solo l’evento tipico costituito
dall’ostacolo alla c.d. tracciabilità del denaro oggetto del reato, ma anche
la provenienza delittuosa del denaro medesimo»,
eventuale

ed il necessario dolo

«non può essere apoditticamente dedotto dalla sola verificazione

dell’evento», non potendo ritenersi che dalla mera constatazione di una difficoltà
nella tracciabilità del denaro sia possibile «anche automaticamente desumere

l’accettazione di qualsivoglia rischio in merito alla sua provenienza»: ciò in quanto
la struttura del dolo eventuale va necessariamente distinta da quella della
colpa cosciente, inidonea ad integrare l’elemento soggettivo del riciclaggio.
Aggiunge, in fatto, che proprio dalle considerazioni espresse dalla Corte di
appello a f. 15-17 (quanto all’individuazione di fatti appropriativi a cagione di
un preteso interesse personale esclusivo del vertice apicale di Telecom Pirelli) emerge la necessità (al contrario elusa) di indicare gli elementi in base
ai quali ritenere che il presunto riciclatore GUALTIERI avesse avuto «una concreta

11

Il ricorrente premette che la sentenza impugnata mostra a più

rappresentazione che l’informativa o il servizio reso, volta a volta fornita da
CIPRIANI, rispondesse solo ad un interesse personale del vertice apicale Telecom Pirelli»; ed infatti nessuna motivazione è stata opposta alle considerazioni di cui
alla memoria (allegata al ricorso) depositata in data 12 ottobre 2012, attraverso le
quali si mirava a dimostrare che,

«se era praticamente impossibile, per lo

stesso CIPRIANI, riconoscere e valutare come esistente un interesse

stessa, dai settori interni della società richiedente) a maggior ragione era impossibile
che egli potesse riversare a GUALTIERI ogni sua inesistente cognizione a riguardo. E
inesistente doveva essere ogni possibilità di concreta rappresentazione da parte di
CIPRIANI dell’interesse personale esclusivo altrui, se è vero, come è vero, che non la
generale attività di CIPRIANI è stata ritenuta dalla Corte territoriale stessa
integratrice del fenomeno appropriativo, ma solo talune sporadiche operazioni,
rispetto alla cui conoscenza specifica la stessa Corte territoriale non è stata in
grado di provare alcunché».

In presenza di siffatta situazione, vagliata nel

senso dell’esclusione della rilevanza penale delle condotte

de quibus «da un

Magistrato della Repubblica in due separate sentenze»,

il GUALTIERI non

avrebbe potuto rendersi conto della provenienza illecita ed appropriativa delle somme
in oggetto, né accettarne il rischio.
E non potrebbe individuarsi il reato presupposto del contestato riciclaggio in un
reato fiscale, come la Corte di appello sembrerebbe voler fare, nella parte della
sentenza impugnata che «attribuisce valenza al fatto che WCS e SRA avrebbero

costituito meri schermi (riciclatori) di una “evasione fiscale”», tenuto anzitutto
conto che siffatto profilo esulava dalla contestazione in ordine alla quale
l’imputato era stato tratto a giudizio, e comunque, in fatto, che la costituzione
delle predette società era da ritenersi del tutto lecita; peraltro, pur volendo
argomentare in senso contrario, avendo l’imputato contribuito a costituirle, egli
potrebbe al più essere ritenuto concorrente nel reato fiscale presupposto, non
certo responsabile del conseguente riciclaggio;

VI – inosservanza e/o erronea applicazione dell’art. 648-bis c.p.
nonché
VII

mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità della

motivazione con riferimento alle doglianze costituenti oggetto del VI
motivo.

personale esclusivo altrui (rispetto all’interpretazione fornita, con la richiesta

13

Omettendo ancora una volta di motivare in ordine alle prospettazioni oggetto della
memoria depositata in data 12 ottobre 2012 (ed allegata al ricorso), la Corte di
appello non avrebbe tenuto conto del fatto che ogni ulteriore attività che si
pretendesse essere “riciclatoria”, in quanto attinente alla ulteriore movimentazione del
denaro proveniente da Telecom – Pirelli, dopo il suo afflusso nelle casse delle società
inglesi, non era stata attuata anche con la collaborazione specifica e consapevole
dell’imputato, essendo dipesa dalla volontà esclusiva del CIPRIANI, unico

VIII – inosservanza e/o erronea applicazione degli artt. 110 e 648-bis c.p.

Secondo la prospettazione della pubblica accusa, le attività di investigazione poste
in essere dal CIPRIANI travalicavano l’oggetto sociale e societario di Telecom – Pirelli,
ed «è con la costituzione di WCS, poi seguita a breve dall’analoga SRA, che tutte le
informative sono apparse sovente fuori dell’oggetto sociale, donde la contestazione
appropriativa»: ciò premesso, essendosi ipotizzato che il GUALTIERI aveva
collaborato con EMANUELE CIPRIANI, beneficiario economico, reale ed effettivo, delle
predette società, alla costituzione delle stesse, ne conseguiva che il GUALTIERI
poteva essere imputato unicamente di concorso nelle appropriazioni indebite
ascritte al CIPRIANI. Anche su tale profilo la sentenza impugnata, trascurando le
deduzioni difensive, è rimasta sostanzialmente silente, dedicandovi un mero cenno,
ovvero «rifugiandosi in una soluzione basata sulla asserita inefficacia di un
“concorso morale”, derivante dall’aiuto del “lavaggio” prestato “dopo” ma
promesso “prima”» già sconfessata dalla Corte Suprema nell’ambito del
subprocedimento cautelare.

5.1. Il ricorrente ha conclusivamente chiesto, nell’ordine:
— l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non
sussiste, «ritenuta, se del caso, corretta la soluzione adottata con la precedente
sentenza Cass. 20.09.2011, n. 16362, sull’insussistenza del reato
presupposto di appropriazione indebita, come di ogni altro illecito penale che tale
funzione avesse avuto»;
— l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per inammissibilità
di un secondo giudizio sul medesimo reato presupposto,

«ritenuta,

comunque, non superabile la preclusione derivante dall’esecutività erga omnes

responsabile in concreto della sua effettuazione;

14

riconoscibile alla sentenza del Gup di non luogo a procedere sul delitto presupposto
di appropriazione indebita, confermata con la sentenza di codesta Suprema
Corte, 20.09.2011, n. 16362»;

l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto

non costituisce reato, «ritenuta l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato di

riciclaggio»;

sussiste o per non averlo commesso, «ritenuta la mancanza di addebitabilità di

qualsivoglia attività riciclatoria in capo all’imputato GUALTIERI» ;
— l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato
estinto per prescrizione,

«ritenuta la configurabilità di un “concorso materiale”

dell’imputato GUALTIERI nel delitto presupposto di appropriazione indebita»;
— l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte
di appello di Milano,

«ritenuta la mancanza, illogicità, contraddittorietà

della motivazione sulla sussistenza del delitto presupposto, sulla sussistenza del
fatto riciclatorio e/o sul relativo elemento psicologico».

5.1.1. Ha allegato al ricorso le sentenze di primo e secondo grado emesse
nei propri confronti, la sentenza di proscioglimento emessa dal GUP all’esito
dell’udienza preliminare nei confronti di alcuni coimputati e la successiva sentenza
della VI sezione di questa Corte Suprema n. 16362 del 2012, nonché un
estratto delle dichiarazioni spontanee rese all’udienza 28 maggio 2012 e la
memoria difensiva depositata il 12 ottobre 2012.

5.2. In data 28 ottobre 2013, il ricorrente ed i suoi difensori hanno depositato
un atto contenente «motivi nuovi di ricorso», che in realtà reitera ed

— l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non

amplia le argomentazioni già poste a sostegno dei motivi n. 1 e n.3, 4, 5 del ricorso
principale.

5.3. In data 13 novembre 2013 la parte civile Telecom Italia s.p.a. ha depositato
una memoria di replica contenente argomentazioni a sostegno della ritenuta
infondatezza del ricorso dell’imputato.

6. All’odierna udienza pubblica, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe,
e questa Corte Suprema ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante

14

.4

15

lettura in udienza.

CONSIDERATO IN DIRITTO
L’imputato va assolto perché il fatto non sussiste: la sentenza impugnata va,

1. Deve premettersi, con riferimento al III, al V ed al VII motivo, che non è
denunciabile il vizio di motivazione con riferimento a questioni di diritto.

1.1. Invero, come più volte chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte Suprema
(Sez. II, sentenze n. 3706 del 21. – 27 gennaio 2009, CED Cass. n. 242634, e n.
19696 del 20 – 25 maggio 2010, CED Cass. n. 247123), anche sotto la vigenza
dell’abrogato codice di rito (Sez. IV, sentenza n. 6243 del 7 marzo – 24 maggio
1988, CED Cass. n. 178442), il vizio di motivazione denunciabile nel giudizio di
legittimità è solo quello attinente alle questioni di fatto e non anche di diritto, giacché
ove queste ultime, anche se in maniera immotivata o contraddittoriamente od
illogicamente motivata, siano comunque esattamente risolte, non può sussistere
ragione alcuna di doglianza, mentre, viceversa, ove tale soluzione non sia
giuridicamente corretta, poco importa se e quali argomenti la sorreggano.
E, d’altro canto, l’interesse all’impugnazione potrebbe nascere solo dall’errata
soluzione di una questione giuridica, non dall’eventuale erroneità degli argomenti
posti a fondamento giustificativo della soluzione comunque corretta di una siffatta
questione (Sez. IV, sentenza n. 4173 del 22 febbraio – 13 aprile 1994, CED Cass. n.
197993).

Va, in proposito, ribadito il seguente principio di diritto:
<>),
considerando sufficiente ai fini dell’affermazione di responsabilità che il GUALTIERI
ritenesse, oppure avesse accettato il rischio, di riciclare somme di provenienza
illecita, che, in realtà, tali non erano.

Va, in proposito, affermato il seguente principio di diritto:

«Integra gli estremi del reato putativo, non punibile ai sensi dell’art. 49, comma
1, c.p., la condotta di chi abbia agito ritenendo, od accettando il rischio, di riciclare
somme di denaro provenienti da delitto non colposo, quando quest’ultimo risulti in….
20

inopportuni, che la Corte di appello ha riservato sia alla prima che alle seconde.

21

realtà insussistente».

LA PRESUNTA EFFICACIA PROCESSUALE VINCOLANTE DELLA SEPARATA
DECISIONE DELLA SENTENZA N. 16362/2012 DELLA VI SEZIONE DI QUESTA
CORTE SUPREMA.

16362 del 2012 della VI Sezione di questa Corte Suprema, che aveva confermato
l’esclusione della sussistenza della appropriazione indebita costituente, alla stregua
della contestazione, reato presupposto del riciclaggio contestato al GUALTIERI,
andrebbe riconosciuta – nel presente procedimento – efficacia vincolante.

La VI Sezione (f. 48) aveva, in proposito, confermato il proscioglimento deliberato

ex art. 425 c.p.p. dal G.U.P. all’esito dell’udienza preliminare, osservando, tra l’altro,
che <> (così la sentenza n. 16232 del 2012).

26

27

6.2.3. E’ opportuno precisare che detto orientamento, in passato contestato da
una isolata decisione (Sez. II, sentenza n. 5136 del 4 aprile 1997, CED Cass. n.
208059), può ritenersi ormai sentAltro dominante: (nel medesimo senso si sono,
infatti, già espresse Sez. V, sentenza n. 1245 del 21 gennaio 1998, CED Cass. n.
210031; Sez. V, sentenza n. 10041 del 13 giugno 1998, CEd Cass. n. 211393.
La prima (sentenza CUSANI) affermò che la creazione di riserve occulte e

delitto di appropriazione indebita; deve infatti escludersi che possa essere qualificata
come distrattiva, e tantomeno come appropriativa, un’erogazione di danaro che, pur
compiuta in violazione delle norme organizzative della società, risponda a un
interesse riconducibile anche indirettamente all’oggetto sociale; è da ritenersi, infatti,
che per aversi appropriazione sia necessaria una condotta che non risulti giustificata
o giustificabile come pertinente all’azione o all’interesse della società, in quanto può
accadere che una persona giuridica, attraverso i suoi organi, persegua i propri scopi
con mezzi illeciti, senza che ciò comporti di per sè l’interruzione del rapporto
organico. Da ciò consegue che ne’ il versamento dei fondi extrabilancio su conti non
formalmente riconducibili alla società ne’ la destinazione di tali fondi al
perseguimento con mezzi illeciti degli interessi sociali integrano gli estremi
dell’appropriazione indebita, fermo restando comunque che il gestore di tali occulte
riserve deve ritenersi gravato da un rigoroso onere di provarne l’effettiva
destinazione allo scopo predetto. (Fattispecie in tema di finanziamenti illeciti a partiti
politici; nell’occasione la Corte ha precisato che l’appropriazione indebita è invece
configurabile, e concorre pertanto con il delitto di cui all’art. 7 I. 2 maggio 1974, n.
195, allorché l’illecito finanziamento di partiti politici con fondi occulti sia erogato
nell’interesse personale ed esclusivo dell’amministratore).
La seconda (sentenza ALTISSIMO ed altri) affermò che non è configurabile il reato
di appropriazione indebita a carico di amministratori sociali i quali costituiscano fondi
extrabilancio solo formalmente non riconducibili alla società e li utilizzino per il
perseguimento,sia pure con mezzi illeciti (quali,nella specie,i1 finanziamento occulto a
partiti politici),di fini non estranei agli interessi sociali.

27

l’utilizzazione extrabilancio di fondi sociali non sono di per sè sufficienti ad integrare il

28

6.3. Vanno, pertanto, ribaditi i seguenti principi di diritto (CED Cass. nn. 256618 9):

«Non integra il delitto di appropriazione indebita in danno di una società per
azioni l’erogazione di somme di denaro effettuata dai suoi dirigenti in favore di
soggetti terzi, nel rispetto delle regole contabili e di spesa interne, quale corrispettivo

indirettamente, alla tutela di interessi della società, a nulla rilevando che i predetti
servizi siano stati espletati mediante condotte delittuose».

< (f. 5 della
sentenza impugnata).

del P.M. appellante: <<(...) l'appellante fa seguire la critica alle conclusioni della sentenza sul tema del prezzo della corruzione dei pubblici ufficiali, dal giudice sostanzialmente eluso sul rilievo della violazione del principio di contestazione fissato all'art. 521 c.p.p.. Se anche non fosse pertinente il nomen juris di prezzo del reato contenuto nel capo d'imputazione, il giudice avrebbe comunque dovuto procedere a qualificare giuridicamente la condotta, compiutamente e chiaramente descritta in fatto, considerando che i fondi finalizzati a retribuire i pubblici ufficiali rappresentavano il prezzo del reato di corruzione». 7.3. Ciò premesso, deve rilevarsi che, come evidenziato anche dal P.G. di udienza, pur in difetto di una formale assoluzione parziale dall'accusa di riciclaggio di somme di denaro provenienti dall'ipotizzata corruzione, la Corte di appello non dedica all'argomento nessun rilievo. Con ciò, in tutta evidenza, la Corte di appello mostra di voler pervenire all'affermazione di responsabilità del GUALTIERI unicamente in relazione all'accusa di riciclaggio di somme di denaro provenienti dall'ipotizzata appropriazione indebita. 7.2. Ed in proposito, così la sentenza impugnata (f. 6) riepiloga le doglianze Deve, infatti, darsi atto, come rileva il ricorrente, che la Corte di appello non parla «minimamente di una provenienza illegittima, in quanto derivante dalle modalità di acquisizione di talune di quelle informative, e cioè, in sintesi, dalla illegittimità delle intrusioni informatiche e soprattutto dalle operazioni di corruzione di pubblici funzionari. Su quest'aspetto, infatti, nulla è detto nella sentenza impugnata, benché il capo di imputazione faccia riferimento anche al "prezzo" del reato di corruzione quale eventuale altro reato presupposto (con un termine, quello di13.. "prezzo" cioè, usato però in modo assolutamente improprio, come messo i 30 .. 31 evidenza nelle varie memorie di questa difesa e come stigmatizzato nella stessa sentenza impugnata). Su tale aspetto, quindi, l'appello del P.M., che anche a tal tipo di reato presupposto aveva fatto riferimento, non è stato minimamente condiviso». 7.4. Ne consegue che in argomento, in difetto dell'impugnazione della parte 8. In conclusione, dovendo ritenersi già esclusa la configurabilità, come reato presupposto del contestato riciclaggio, della corruzione, e non potendo incidentalmente ritenersi la configurabilità dell'altro reato presupposto, perché insussistente, l'imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste. La sentenza impugnata va, conseguentemente, annullata senza rinvio. 8.1. Detta statuizione assorbe gli ulteriori motivi di ricorso. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata senza rinvio perché il fatto non sussiste. Così deciso in Roma, udienza pubblica 19 novembre 2013. pubblica, nessun ulteriore rilievo è dovuto in questa sede.

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