Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7793 del 13/11/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 7793 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Gallitto Vincenzo, nato a Avola il 9/7/1938
Lamberti Germano, nato a Pisa il 7/7/1946
Filippi Fiorello, nato a Pistoia il 5/4/1937
Giusti Franco, nato a Pistoia il 30/7/1953
avverso la sentenza della Corte d’appello di Genova, I sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Luigi Riello, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi;
udito per l’imputato Gallitto Vincenzo, l’avv. Nunzio Raimondi, per Lamberti
Germano, l’avv. Tullio Padovani, per Filippi Fiorello, l’avv. Claudio Casciani,
per Giusti Franco, l’avv. Cecilia Turco, che hanno concluso per
raccoglimento dei rispettivi ricorsi;

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Data Udienza: 13/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1.

Con sentenza (con motivazione contestuale) in data 27/2/2013, la

Corte di appello di Genova, giudicando in sede di rinvio, a seguito di
sentenza n.46244/12 di questa Corte, in parziale riforma della sentenza del
Tribunale di Genova del 21/4/2009, dichiarava Filippi Fiorello e Giusti Franco
colpevoli del reato di corruzione in atti giudiziari (sub G) e riqualificato il

giudiziari, escluse le attenuanti generiche per tutti gli imputati, determinava
la pena per Lamberti Germano (colpevole del reato di corruzione in atti
giudiziari rubricato sub F) in anni quattro e mesi nove di reclusione, per
Filippi Fiorello e Giusti Franco in anni tre e mesi sei di reclusione e per
Gallitto Vincenzo in anni tre e mesi quattro di reclusione. La Corte
dichiarava, altresì, Gallitto Vincenzo, responsabile, ai soli effetti civili, dei
reati sub P. Q ed R, già dichiarati prescritti.

2.

I fatti giudicati si riferivano ad una complessa vicenda nata da un

procedimento penale per abusi edilizi (proc. pen. n. 898/03) commessi nel
Comune di Marciana

dell’isola d’Elba dall’impresa Edilmare S.r.l., di cui

Giusti Franco era legale rappresentante e Coppetelli Umberto Direttore dei
Lavori; da un procedimento penale per abusi edilizi nel Comune di Porto
Azzurro ed altri reati (proc. n.1429/03), nel quale emergeva il ruolo del
Commissario straordinario del Comune di Rio Marina, Pesce, il quale aveva
nominato consulente tecnico per l’edilizia l’ing. Coppetelli; nelle indagini
confluivano le dichiarazioni di tale Angelotti Raffaele, il quale appariva come
imprenditore vittima di concussione ad opera di Coppetelli e Pesce. In
relazione al reato di concussione il Gip di Livorno, con provvedimento in data
20/05/2003 autorizzava le intercettazioni telefoniche delle utenze di
Coppetelli e Pesce. Nel corso delle indagini emergevano contatti fra
Coppetelli ed il Gip del Tribunale di Livorno, Lamberti Germano. In
particolare costui avvisava il Coppetelli di essere stato investito della
richiesta di sequestro preventivo del “centro servizi” costruito dalla Edilmare.
Seguivano una serie di incontri e contatti fra Giusti Franco, Filippi Fiorello,
Lamberti Germano e l’allora Prefetto di Livorno, Gallitto Vincenzo, nel corso
dei quali veniva definito un patto corruttivo consistente nella promessa di
vendita al giudice Lamberti, ad un prezzo di favore, di un appartamento sito
in un complesso immobiliare in costruzione in loc. Lo Cavo, successivamente

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reato sub H) ascritto al Gallitto, come concorso in corruzione in atti

sostituita dalla promessa di vendita di un altro appartamento sito nel
complesso immobiliare oggetto della richiesta di sequestro preventivo. Il
20/6/2003 Lamberti rigettava la richiesta di sequestro preventivo. Quindi gli
atti venivano trasferiti a Genova, ex art. 11 cod. proc. pen. e la Procura della
Repubblica di Genova emetteva decreto urgente di intercettazione telefonica,
estendendo le operazioni alle utenze di Gallitto Vincenzo, Lamberti Germano,

3.

Il Tribunale di Genova, con sentenza 21/4/2009, condannava

Lamberti per corruzione, assolveva Filippi Fiorello e Giusti Franco dal reato di
concorso in corruzione, opinando che la corruzione del gip di Livorno,
finalizzata a paralizzare la richiesta di sequestro, sarebbe stata compiuta dal
solo Coppetelli (deceduto nelle more del procedimento), all’insaputa di Giusti
e di Filippi e condannava Gallitto Vincenzo per favoreggiamento reale, così
modificata l’originaria imputazione di concorso nella corruzione giudiziaria,
assumendo che il Prefetto non avrebbe partecipato all’azione corruttiva, ma
sarebbe intervenuto in un secondo momento, solo per assicurare
l’assegnazione dell’appartamento promesso al Lamberti, dopo che erano
insorte alcune difficoltà nell’individuazione dell’immobile da offrire al giudice.

4.

La Corte d’appello di Genova, con sentenza del 19 novembre 2010, in

parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Genova, dichiarava
Giusti e Filippi colpevoli del reato di concorso in corruzione in atti giudiziari di
cui al capo G) e Gallitto del reato di concorso in corruzione in atti giudiziari di
cui al capo H).
la Corte d’appello, attraverso una puntigliosa disamina delle intercettazioni
ha ritenuto che Coppetelli avesse agito su impulso di Giusti e di Filippi, gli
unici ad avere un concreto interesse ad evitare la chiusura del cantiere, i
quali, tra l’altro, risultano costantemente informati dello stato degli accordi
con il giudice Lamberti; i giudici di secondo grado hanno considerato che la
tesi sostenuta nella prima sentenza, secondo cui Coppetelli avrebbe fatto
tutto da solo, non reggeva alla verifica delle risultanze probatorie
rappresentate dalle diverse comunicazioni intercettate che dimostravano il
contrario, ma non reggeva neppure sul piano logico, dal momento che
Coppetelli non aveva un interesse economico personale alla prosecuzione dei
lavori nel cantiere Procchio, ma era solo il professionista di fiducia del Giusti
che operava di concerto con questi e con il Filippi; inoltre, la Corte

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Filippi Fiorello e Giusti Franco.

territoriale, diversamente da quanto fatto dal Tribunale, assegnava un ruolo
essenziale al Gallitto, ritenendo che questi avesse fin dall’inizio concorso alla
corruzione di Lamberti, intervenendo presso il giudice prima del deposito
dell’ordinanza di rigetto del sequestro per indurlo ad adottare l’atto contrario
ai doveri d’ufficio, facendosi garante dell’originaria promessa fatta dal
Coppetelli in relazione all’acquisto dell’appartamento in località Cavo e,
successivamente, dopo il rifiuto di Santini a cedere il suo appartamento,

conseguenza la Corte riteneva Gallitto responsabile dei reati di cui agli artt.
321 e 319 ter c.p., secondo lo schema della corruzione propria antecedente.

5.

In particolare, per quanto riguarda la condotta del Lamberti i giudici

di secondo grado avevano sottolineato come la contrarietà ai doveri d’ufficio
dell’atto assunto risultasse evidente non solo dalla violazione dell’obbligo di
astensione del giudice dal decidere sulla richiesta di sequestro, in
considerazione del fatto che egli era commensale abituale del Coppetelli e
che aveva sottoscritto con Giusti e Filippi un preliminare di acquisto di un
immobile in località Cavo, ma anche dalla sua palese illegittimità, in quanto
adottato in presenza di contravvenzioni edilizie conclamate, ribadite anche
dalla consulenza tecnica dell’architetto Rossi, allegata alla richiesta di
sequestro preventivo insieme alle annotazioni e ai rilievi fotografici della
polizia giudiziaria; a questo proposito la sentenza 19/11/2010 rilevava come
il provvedimento di rigetto, reiteratamente, sostenesse, in contrasto con la
documentata situazione dei luoghi, che i lavori avessero riguardato solo
l’interrato e questo per escludere che integrassero variazione essenziale,
sicché non sarebbe stata necessaria l’autorizzazione paesaggisticoambientale, ma la semplice autorizzazione (n. 264) rilasciata dal Comune. Si
tratterebbe di un vero e proprio travisamento contenuto nel provvedimento
di rigetto del sequestro che dimostrerebbe l’intento di favorire gli
imprenditori Giusti e Filippi, intento che risulterebbe dimostrato anche dal
fatto che fu proprio Lamberti ad avvertire Coppetelli della richiesta di
sequestro, invitandolo ad un incontro. In effetti gli incontri tra Coppetelli e
Lamberti sono stati due, nei giorni 11 e 19 giugno 2003, entrambi presso
l’abitazione dei magistrato, quindi prima dell’adozione dell’ordinanza di
rigetto. I giudici d’appello, esaminando il contenuto delle telefonate
intercettate in quel periodo, hanno sostenuto che l’oggetto dei colloqui tra i
due sarebbe stato proprio la richiesta di sequestro e che in quegli incontri

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intervenendo per far riservare al giudice l’appartamento del Procchio; di

avrebbero dovuto “trovare gli spunti per la motivazione dell’ordinanza di
rigetto, nonché per delineare una strategia per la prosecuzione dei lavori che
ponga al riparo il cantiere da nuove iniziative del pubblico ministero e della
polizia giudiziaria”, precisando che si tratta di deduzioni logiche desunte
dalla tempistica delle telefonate e dal loro contenuto.

6.

A seguito di ricorso del RG. e degli imputati, la Sezione VI di questa

prescritti i reati minori, di cui ai capi C, D, E, N, P, Q, R, ed annullava la
sentenza impugnata relativamente ai capi F, G ed H, riguardanti la
corruzione in atti giudiziari, rinviando alla Corte d’appello di Genova per
nuovo giudizio.

7.

In motivazione la Corte dava atto che l’annullamento riguardava una

questione di inutilizzabilità delle intercettazioni telefoniche sulla quale i
giudici del merito non si erano pronunziati. In particolare la sentenza di
annullamento osservava che:
<>. Quindi la Corte
concludeva che «i fatti storici sono strettamente intrecciati fra di loro, per
cui il presupposto della non diversità, sancito dall’art. 270, comma 1, cod.
proc. pen. non può essere negato».

9.

Avverso tale sentenza propongono ricorso tutti e quattro gli imputati

per mezzo del rispettivi difensori di fiducia.
10.

Gallitto Vincenzo solleva quattro motivi di gravame.

10.1 Con il primo motivo deduce travisamento della prova. Al riguardo
eccepisce che né nel procedimento n. 898/03, né nel procedimento
n.1429/03, pendenti presso la Procura di Livorno, il Gallitto fu mai
indagato; che i fatti oggetto di tali giudizi erano radicalmente diversi da
quelli di cui si trattò a Genova, una volta che le intercettazioni di Pesce e
Coppetelli introdussero sulla scena l’episodio della corruzione del
magistrato di Livorno, determinando la trasmigrazione degli atti a Genova.
6

l’accertamento dei reati dovrà basarsi sui restanti elementi».

In proposito si duole che la Corte territoriale, passando in rassegna i fatti di
cui al proc. n.1429/03 abbia fatto emergere una forte cointeressenza fra il
Coppetelli ed il Prefetto Gallitto, travisando completamente il contenuto
delle deposizioni dei testi Correani e Battaglia, relative all’episodio del
23/2/2003, che la Corte genovese, contrariamente al vero, aveva
ricostruito come una anomala intromissione del Gallitto in una controversia
di confine fra Correani e Coppetelli. Eccepisce che non vi era alcun profilo di

giustificasse su Gallitto l’utilizzazione delle intercettazioni telefoniche
eseguite in relazione ad una vicenda di corruzione per fatti precedenti
all’insediamento del Prefetto Gallitto a Livorno. Si duole che il giudice del
rinvio abbia trattato con superficialità le emergenze processuali, piegando
ad una logica accusatoria gli esiti delle intercettazioni (non censurate di
inutilizzabilità) disposte dalla Procura di Genova. Rileggendo tale materiale
non emerge che il Gallitto abbia svolto un ruolo di intermediazione o abbia
favorito la corruzione del giudice Lamberti, che fu invece provocata dal
ruolo determinante del Coppetelli. Si duole che la Corte abbia ingigantito il
ruolo assolutamente marginale del prefetto, fino a farlo diventare il deus ex
machina dell’intera vicenda corruttiva, sulla base di una palese
superfetazione del dato indiziario. In conclusione eccepisce che la Corte ha
omesso completamente la motivazione in ordine alla medesimezza o meno
del procedimento, ex art. 270 cod. proc. pen. non avendo incentrato
l’esame del fatto posto a base dei due procedimenti sulle singole posizioni
degli imputati ed in particolare sulla telefonata del 13/6/2003 fra Coppetelli
e Lamberti nel corso della quale sarebbe stata definita la proposta
corruttiva. Infine si duole, con riferimento alle statuizioni civili, che la
Corte genovese non abbia qualificato i fatti come abuso d’ufficio, anziché
peculato.
10.2 Con il secondo motivo deduce violazione del divieto di reformatio in
peius, dolendosi che il Giudice del rinvio abbia applicato all’imputato la
sanzione dell’estinzione del rapporto di pubblico impiego, di cui all’art. 32
quinquies cod. pen., non contemplata nella sentenza d’appello impugnata
in Cassazione dal solo Gallitto e perciò passata in giudicato sul punto.

10.3 Con il terzo motivo deduce violazione di norme procedurali stabilite
a pena di nullità, in relazione all’art. 270 cod. proc. pen. Al riguardo si

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connessione, né oggettiva, né soggettiva, né tantomeno probatoria, che

duole che la Corte d’appello abbia omesso qualsivoglia motivazione in
ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte dal Gip di
Livorno con decreto 20/5/2003. Tali intercettazioni – secondo l’eccezione
formulata dalla difesa Gallitto – non potevano essere autorizzate non
ricorrendo i presupposti dei gravi indizi del reato di concussione, dal
momento che la notizia di reato nasceva da una fonte che non aveva voluto
sottoscrivere le proprie dichiarazioni.

è ricorso la Corte d’appello, limitandosi ad un mero rinvio alla sentenza
precedente.
10.5 Successivamente la difesa del Gallitto ha depositato una corposa
memoria con motivi nuovi con la quale deduce vizio della motivazione e
violazione di legge con riferimento agli artt. 624 e 627 cod. proc. pen. Al
riguardo eccepisce che con il ricorso per Cassazione la difesa del Gallitto
aveva censurato la sentenza 19/11/2010 anche in ordine alla
quantificazione della pena. Tale motivo risultava assorbito dalla sentenza di
annullamento della S.C. ma avrebbe dovuto essere esaminato dal giudice
del rinvio che, invece, lo aveva completamente ignorato.
11.

Lamberti Germano solleva tre motivi di ricorso.

11.1 Con il primo motivo deduce la mancanza di motivazione in ordine
alla sussistenza del delitto di corruzione a lui ascritto. Al riguardo si duole
che la Corte territoriale abbia omesso del tutto la motivazione in ordine alla
responsabilità del prevenuto per il delitto di cui all’art. 319 ter ed eccepisce
che il giudizio di rinvio necessariamente doveva investire i punti della
sentenza inscindibilmente connessi con quelli oggetto dell’annullamento. Di
conseguenza la decisione della Corte di rinvio in punto di utilizzabilità delle
intercettazioni telefoniche non aveva comportato il passaggio in giudicato
della sentenza negli altri punti relativi alla condanna per il reato di
corruzione in atti giudiziari. Deduce, inoltre, che, ove la decisione della
Corte di rinvio dovesse ritenersi ancorata alla motivazione della sentenza
annullata, riprenderebbero vigore le censure sollevate con gli originari
motivi di ricorso per cassazione (che allega).
11.2 Con il secondo motivo deduce inosservanza di norme processuali
stabilite a pena di inutilizzabilità, violazione di legge e vizio della
motivazione con riferimento al giudizio di utilizzabilità delle intercettazioni
formulato dalla Corte d’appello. Al riguardo si duole che la Corte sia giunta
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10.4 Con il quarto motivo si duole della motivazione per relationem a cui

a qualificare le intercettazioni come utilizzabili sulla base di un
ragionamento strettamente formale, richiamando l’art. 17 cod. proc. pen.
Quindi eccepisce che la diversità postulata dall’art. 270 và collegata alla
presenza di fatti storicamente diversi, anche se eventualmente connessi e
riunibili in un unico procedimento. Nel caso di specie le indagini per
concussione avviate nei confronti del Coppetelli integrano un fatto
storicamente diverso dal fatto di corruzione contestato al Lamberti;

alla quantificazione della pena, dolendosi che la Corte d’appello non si sia
pronunciata sulle censure svolte con i motivi di ricorso.
12.

Filippi Fiorello solleva due motivi di ricorso.

12.1 Con il primo motivo deduce l’inosservanza dell’art. 270 cod. proc.
pen. e si duole che il giudice d’appello non si sia uniformato alla sentenza
d’annullamento pronunciata dalla Cassazione. Al riguardo osserva che il
decreto di autorizzazione a disporre le intercettazioni telefoniche, emesso
dal Gip di Livorno in data 20/5/2003 riguardava una notizia di reato di
Angelotti Raffaele a carico di Coppetelli e Pesce per fatti di concussione
risalenti al 2000 ed eccepisce che l’episodio di corruzione emerso nel corso
delle indagini è fatto storicamente diverso che non si ricollega in alcun
modo alla vicenda Pesce, Coppetelli, Angelotti. Contesta inoltre che le due
vicende si possano considerare legate – in testa al Coppetelli – da un
medesimo disegno criminoso e che ricorra una connessione oggettiva,
probatoria e finalistica fra la presunta concussione e la presunta corruzione.
12.2 Con il secondo motivo deduce mancanza della motivazione in ordine
alla responsabilità di Filippi Fiorello per il reato di corruzione di cui al capo
G). Al riguardo si duole che i giudici del rinvio non abbiano affatto motivato
in ordine alla responsabilità del Filippi per il reato a lui ascritto, limitandosi
a richiamare la motivazione della precedente sentenza della Corte
genovese. Ciò renderebbe meramente apparente la motivazione della
sentenza impugnata.
13.

Giusti Franco solleva tre motivi di ricorso.

13.1 Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali stabilite
a pena di inutilizzabilità con riferimento agli artt. 266, 270 e 271 cod. proc.
pen. Al riguardo si duole che la Corte genovese abbia fatto malgoverno dei
principi giurisdizionali in punto di interpretazione dell’art. 270 cod. proc.
pen, ulteriormente sviluppando le censure sollevate sul punto dagli altri
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11.3 Con il terzo motivo deduce la mancanza della motivazione in ordine

ricorrenti.
13.2 Con il secondo motivo deduce violazione di legge con riferimento
agli artt. 110 e 319 ter cod. pen. Al riguardo si duole che la Corte
genovese, riformando la sentenza del Tribunale, aveva riconosciuto il
concorso del Giusti nell’attività corruttiva posta in essere dal Coppetelli,
senza individuare alcuna condotta specifica da cui emergesse la prova
dell’esistenza della reale partecipazione del Giusti alla manovra corruttiva

deduceva la piena consapevolezza del Giusti dell’azione corruttiva di
Coppetelli, eludendo il punto decisivo del rapporto di causalità efficiente fra
il Giusti e le attività poste in essere dagli altri concorrenti.
13.3 Con il terzo motivo si duole della revoca delle attenuanti generiche
concesse dal Tribunale e della dosimetria della pena, fissata in misura
superiore al minimo.
13.4 Successivamente, con memoria depositata il 25/6/2013, l’avv. Turco
ha proposto motivi nuovi, ex art. 585, comma IV, cod. proc. pen.
strettamente collegati ai motivi illustrati nel ricorso originario. Con il primo
motivo deduce il vizio di omessa motivazione in ordine alla sussistenza del
delitto di cui all’art. 319 ter, in relazione agli artt. 624 e 627 cod. proc. pen.
Al riguardo eccepisce che la Corte di rinvio avrebbe dovuto pronunciarsi su
tutte le censure sollevate dalla difesa con il ricorso per cassazione avverso
la sentenza annullata, in quanto essendo rimaste “assorbite” tutte le
questioni sollevate con il ricorso, diverse da quella relativa all’inutilizzabilità
delle intercettazioni telefoniche, su di esse non si era formato alcun
giudicato. Quindi la sentenza impugnata non poteva limitarsi a richiamare
per relationem la precedente sentenza della Corte d’appello, senza
confutare le censure sollevate dalla difesa con il ricorso per cassazione. Con
il secondo motivo deduce l’omessa motivazione in ordine alla sussistenza
del delitto di cui all’art. 319 ter cod. pen., richiamando le medesime
argomentazioni sopra sviluppate.

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di Coppetelli. La Corte aveva affermato che dalle intercettazioni in atti si

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Preliminarmente occorrerà verificare se la Corte d’appello in sede di

rinvio si sia uniformata al principio di diritto formulato dalla S.C. con la
sentenza di annullamento (n.46244 del 16/11/2012). Con tale sentenza la
S.C. ha statuito che la Corte d’appello <>.

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integrato in tali vicende il requisito del medesimo fatto che consente

5.2

Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso, superata la questione

dell’utilizzabilità delle intercettazioni disposte nel procedimento per
concussione a carico di Coppetelli e Pesce, rimane la contestazione di
travisamento delle prove, sviluppata compiutamente nei motivi aggiunti nei
quali la difesa di Gallitto svolge un’articolata confutazione degli elementi di
prova a carico del prevenuto, in particolare in ordine al tenore ed al
significato delle numerose conversazioni intercettate in cui è parte lo stesso

Lamberti, Giusti e Filippi). Orbene, tali censure non sono ammissibili perchè
il “travisamento della prova”, ricorre solo nel caso in cui il giudice di merito
abbia fondato il proprio convincimento su una prova che non esiste o su un
risultato di prova incontestabilmente diverso da quello reale, considerato
che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati
dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se detti elementi
sussistano” (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 39048 del 25/09/2007 Ud. (dep.
23/10/2007) Rv. 238215).

5.2.1 Nel caso di specie la difesa del ricorrente mira proprio ad ottenere
una reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito,
sia proponendo una diversa lettura delle varie intercettazioni telefoniche, sia
proponendo una diversa interpretazione dell’episodio del 23/2/2003 relativo
ai lavori nella proprietà Correani. I limiti del giudizio di legittimità non
consentono a questa Corte di intervenire in sovrapposizione argomentativa
rispetto alle conclusioni legittimamente assunte dai giudici del merito.
In particolare, va messo in rilievo che sul contenuto delle intercettazioni
telefoniche, ritenute perfettamente utilizzabili, si fonda essenzialmente come ha puntualmente evidenziato la Corte remittente – “la provvista
probatoria” (pag. 27). Ed è proprio sul contenuto di tale fondamentale
risultanza processuale che si basa la motivazione della Corte territoriale, la
quale ha, con riferimento ai capi F, G,

H, ricordato che “gli inquirenti

ebbero, sconcertati, contezza di essi proprio nella immediatezza, mentre
erano in atto le captazioni sulle utenze di Coppetelli e Pesce, perché le
conversazioni tra gli indagati e i loro interlocutori, fra cui Lamberti allora del
tutto sconosciuto quale protagonista di vicende illecite, fornivano prova
contestuale ed inconfutabile della corruzione in corso” (pag. 6 sentenza

impugnata).
In proposito, il Giudice di II grado ha opportunamente richiamato il

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Gallitto, ovvero svoltesi fra gli altri attori di questa vicenda (Coppetelli,

contenuto di tali intercettazioni.(pagg. 3-4 sentenza impugnata).
Dopo aver evidenziato che le intercettazioni vennero disposte in data
20/05/2003 ritenendosi che il costruttore Angelotti fosse vittima di
concussione ad opera del Coppetelli e del Pesce, la Corte ha così
argomentato: (pagg. 3-4 sentenza impugnata).
“Pochi giorni dopo emergevano contatti, riscontrati da appostamenti della
Guardia di Finanza, tra Coppetelli ed il Gip del Tribunale di Livorno Lamberti

essere stato investito della richiesta di sequestro preventivo del “Centro
Servizi”. I due concordavano un incontro , che effettivamente avveniva
nell’abitazione del magistrato. In successive telefonate si parlerà del
compenso in natura promesso a Lamberti, consistente nella vendita a
prezzo assai vantaggioso, in luogo di altro che Lamberti si era già
impegnato ad acquistare, di un più prestigioso appartamento in località
Costa dei Barbari. Sfumata tale possibilità per il rifiuto di altro acquirente di
rinunciare a quello promessogli, veniva proposto al magistrato l’acquisto di
un immobile al “Centro Servizi”.
Dalle intercettazioni emergeva altresì il rapporto di amicizia di Giusti, Filippi,
Lamberti con l’allora prefetto di Livorno Gallitto, il quale si intrometteva per
indurre Lamberti a favorire i due imprenditori. Gli inquirenti si appostavano
ed assistevano all’incontro.
Il 9/6/03 il Pubblico Ministero di Livorno depositava richiesta di sequestro
preventivo del cantiere Procchio, che il Gip Lamberti, in qualità di presidente
dell’Ufficio, si autoassegnava.
Il 20/6/03 Lamberti la rigettava, per quanto fondata, violando quantomeno
il suo dovere di astensione , determinato dai rapporti di amicizia con gli
imputati e dall’aver stipulato un contratto preliminare di acquisto di un
appartamento alla Costa dei Barbari con la società che faceva capo a taluni
di loro. Nel frattempo venivano intercettate le telefonate relative ai rapporti
tra Lamberti e Coppetelli.
La Procura della Repubblica di Genova emetteva 1’11/7/03 decreto urgente
di intercettazione telefonica, estendendo le operazioni alle utenze di Giusti,
Filippi, Lamberti e Gallitto. Venivano captate conversazioni tra Giusti e
Filippi, i quali incautamente commentavano l’intervento salvifico del prefetto
Gallitto presso il giudice Lamberti, dopo l’accertamento presso il cantiere
Procchio. I due discutevano se fosse merito di Coppetelli o di Gallitto e
concludevano che quest’ultimo si era rivolto al Lamberti. Poi parlavano della

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Germano, in particolare Lamberti contattava Coppetelli per avvisarlo di

richiesta di Coppetelli di riservare un appartamento ad un magistrato a
Procchio. Seguiva la telefonata tra Gallitto e Lamberti, il quale gli esprimeva
gratitudine per l’immobile di Procchio, così dimostrando di essere il
magistrato destinatario dell’elargizione, di cui avevano parlato Giusti e
Filippi. Gallitto convocava presso la sottosede della Prefettura di Livorno in
Portoferraio Coppetelli, Lamberti e Pesce, ma malaccortamente lasciava
acceso il telefono, dopo avere parlato con l’autista, per cui veniva captata la

Gallittto dal Ministro Mattioli, di una intercettazione in atto. I presenti
discutevano sul possibile atto illecito che potesse averla originata,
riferendosi agli abusi del ” Centro Servizi” di Procchio ed a quelli di “Costa
dei Barbari”. L’attenzione si incentrava su questi ultimi illeciti, per cui
Gallítto e Lamberti sollecitavano Coppetelli a far sparire i preliminari e
Coppetelli si recava nella notte a Pistoia con tale scopo.
Poiché sussistevano concreto pericolo che fossero poste in essere attività
volte alla soppressione delle prove, il Pubblico Ministero disponeva urgenti
atti di perquisizione che davano esito positivo.”
Quindi, la Corte – che ha dato anche atto dettagliatamente del materiale
probatorio acquisito nel corso delle perquisizioni e degli esiti delle operazioni
di appostamento – ha così ulteriormente motivato:
“Il reato di corruzione in atti giudiziari germogliò mentre erano in atto le
intercettazioni telefoniche e ne vennero colte le prove proprio mentre si
consumava. La prima telefonata significativa è quella di Lambertí che
chiama Coppetelli e lo avvisa del pericolo; i due si incontrano ed elaborano
il provvedimento di rigetto della richiesta di sequestro preventivo; Lamberti,
con l’intermediazione di Gallitto, si impegna ad agevolare gli imprenditori ed
in cambio riceve la promessa di essere remunerato con un immobile di
maggiore valore in cambio di altro più modesto, sito nella edificanda “Costa
dei Barbari” per il quale aveva già stipulato preliminare di vendita o
addirittura nel “Centro Servizi” oggetto della richiesta di sequestro
preventivo. Gli inquirenti assistono al mercimonio e non Io comprendono. Si
avrà chiarezza in seguito sulle ragioni per le quali Lamberti non soltanto
cede, ma si attiva egli stesso per primo non appena viene investito della
richiesta del Pubblico Ministero, così come si attiva per verificare se siano
state autorizzate intercettazioni telefoniche nei confronti di Coppetelli e
Pesce, ma assicura di poter scongiurare il pericolo, perché non trova traccia
nel suo ufficio del procedimento, che in realtà non riesce a rintracciare,

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e…..”—1.7 (1…../^■.

conversazione tra i presenti. Oggetto dell’incontro era la notizia, appresa da

avendo il Pubblico Ministero fatto ricorso a nomi di fantasia, allo scopo di
tutelarsi da fughe di notizie non certamente sospettando del collega, di cui
ignorava i legami con gli indagati.
Gli elementi ulteriori che verranno raccolti daranno un quadro completo del
processo di progressiva “occupazione” dell’isola d’Elba da parte di Coppetelli
e dei correi e delle manovre di speculazione in atto in vari luoghi
Se la posizione di Coppetelli non fosse stata archiviata per morte del reo, Il

ordine alla progressiva attività illecita svolta dalla fine del 2000 sino al
2003, ed avrebbe avuto ragione di riconoscere la sussistenza del medesimo
disegno criminoso, come avvenuto per altri imputati nei precedenti gradi di
merito, dovendosi ritenere che Coppetelli abbia agito con unitario
intendimento di sfruttare l’isola, avvicinando soggetti investiti di pubbliche
funzioni, inducendoli a cedere al suo volere ed abusare dei loro poteri, sino
a corrompere un magistrato promettendogli un vantaggio molto allettante,
servendosi del comune amico Gallitto”(pagg. 8-9 sentenza impugnata).
Appare così di tutta evidenza come il contenuto delle conversazioni
intercettate – ampiamente supportato dalla documentazione sequestrata sia stato correttamente spiegato dalla Corte di merito con adeguate e
logiche argomentazioni insindacabili in questa sede di legittimità. Tali
risultanze probatorie, congiuntamente a quanto si dirà a proposito della
posizione del corrotto magistrato Lamberti, dimostrano la piena
responsabilità del Gallitto nella consumazione del reato previsto dall’art.
319 ter c.p..

5.3

Per quanto riguarda il secondo motivo di ricorso, con il quale il

Gallitto contesta l’applicazione della sanzione dell’estinzione del rapporto di
pubblico impiego, di cui all’art. 32 quinquies cod. pen. deducendo la
violazione del divieto di

reformatio in peius

in quanto la sentenza

19/11/2010 della Corte d’appello di Genova non aveva applicato tale
sanzione, la censura è destituita di fondamento. Il divieto delle reformatio
in peius è

principio generale che riguarda la cognizione del giudice

d’appello, al quale è vietato di applicare una pena più grave di quella
irrogata in primo grado, quando appellante è il solo imputato (art. 597 cod.
proc. pen.). In sede di rinvio, a seguito di annullamento, la Corte d’appello
giudica con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata
annullata, salvo le limitazioni stabilite dalla legge, a norma dell’art.627,

17

Tribunale sarebbe pervenuto a pronuncia di condanna nei suoi confronti in

comma 2, cod. proc. pen. Pertanto il giudice del rinvio non è giudice
d’appello rispetto alla sentenza di secondo grado annullata. Di
conseguenza, ove – come nel caso di specie – la sentenza di primo grado
sia stata impugnata dal Pubblico Ministero, non è vincolato al rispetto del
principio del divieto di reformatio in peius. In ogni caso, l’applicazione di
una sanzione accessoria obbligatoria per legge, non incappa nel divieto di
reformatio in peius. Ha stabilito questa Corte, al riguardo, che non viola il

presenza di impugnazione del solo imputato, applichi la pena accessoria
dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici in luogo di quella temporanea,
erroneamente disposta in primo grado (Sez. 6, Sentenza n. 49759 del
27/11/2012 Ud. (dep.20/12/2012 ) Rv. 254202). Nel caso di specie
legittimamente la Corte d’appello ha applicato al Lamberti ed al Gallitto la
pena accessoria di cui all’art. 32 quinquies cod. pen., ricorrendone i
presupposti di legge.

5.4

Le argomentazioni esposte al punto 5.2.1 consentono di respingere

anche le doglianze sollevate con il quarto motivo in quanto nessuna censura
può essere mossa alla sentenza del giudice del rinvio per aver aderito alle
argomentazioni della sentenza annullata, avendo la Corte, come già si è
detto, autonomamente motivato sia in ordine al contenuto delle
intercettazioni telefoniche sia in ordine alla documentazione sequestrata
ricostruendo nei minimi particolari la vicenda corruttiva. Né è possibile
ipotizzare alcuna violazione della regola di giudizio di cui all’art. 627 cod.
proc. pen. in quanto la Corte d’appello, in sede di rinvio, si è attenuta
strettamente al principio di diritto formulato dalla S.C. con la sentenza di
annullamento.

5.5

Devono essere respinte, infine, anche le censure sollevate in punto

di diniego delle generiche e dosimetria della pena, avendo la Corte di merito
– al di là del richiamo delle argomentazioni della sentenza del 19/11/2010
della Corte di Appello – sia pur sinteticamente, motivato autonomamente ed
esplicitamente, osservando che non emerge alcun elemento per accordarle
in considerazione “della gravità della condotta illecita e dell’assenza di
elementi a favore degli imputati”.

18

principio della “reformatio in peius” la sentenza del giudice di appello che, in

6.

Lamberti Germano.

6.1

Per quanto riguarda il primo motivo di ricorso con il quale il

ricorrente si duole di mancanza della motivazione in ordine alla sussistenza
del delitto di corruzione a lui ascritto, valgono le osservazioni già svolte in
riferimento alla posizione di Gallitto. Inoltre, poiché la sentenza d’appello
ha confermato la sentenza di condanna emessa in primo grado, in questo
caso la motivazione della sentenza di prime cure e la motivazione della

organico ed inscindibile, una sola entità logico- giuridica, alla quale occorre
fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione.

6.1.1 Fatta questa premessa, occorre rilevare che la motivazione del
provvedimento impugnato non rimane scalfita nemmeno dalle censure con
le quali il ricorrente deduce che non è stata raggiunta la prova che il giudice
Lamberti abbia ricevuto una promessa corruttiva e che quella promessa
abbia accettato ed, a tal fine, contesta l’interpretazione della telefonata del
13/6/2003 intercorsa fra Lamberti e Coppetelli e della telefonata del
23/7/2003 fra Gallitto e Lamberti.

Al riguardo è sufficiente rilevare che è principio consolidato che in materia
di intercettazioni telefoniche, l’interpretazione del linguaggio e del
contenuto delle conversazioni costituisca questione di fatto, rimessa alla
valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità se
motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza
(Cass. Sez. 6, Sentenza n. 11794 del 11/02/2013 Ud. (dep. 12/03/2013 )
Rv. 254439; Sez. 6, Sentenza n. 15396 del 11/12/2007 Ud. (dep.
11/04/2008 ) Rv. 239636; Sez. 6, Sentenza n. 35680 del 10/06/2005 Cc.
(dep. 04/10/2005) Rv. 232576; Sez. 4, Sentenza n. 40172 del 16/06/2004
Ud. (dep. 13/10/2004) Rv. 229568).

Nel caso di specie le argomentazioni sviluppate dalla Corte d’appello nella
sentenza impugnata, come già si è evidenziato, hanno fatto un’analisi
approfondita del contenuto delle varie conversazioni intercettate ed hanno
ricostruito i profili della vicenda corruttiva, sulla base di considerazioni
pertinenti e seguendo un percorso motivazionale che giustifica pienamente
le conclusioni assunte nei confronti del Lamberti alle quali era già
sostanzialmente pervenuto anche il giudice di I grado con ampia

19

t A—■—

sentenza impugnata, si integrano vicendevolmente, formando un tutto

motivazione. La Corte di merito ha, innanzitutto, posto in rilievo come il
Lamberti avesse contattato il Coppetelli per avvisarlo si essere stato
investito della richiesta di sequestro preventivo del Centro Servizi, e come i
due avessero concordato un incontro effettivamente avvenuto
nell’abitazione del magistrato. Aggiunge la Corte territoriale che nelle
“successive telefonate si parlerà del compenso in natura promesso a
Lamberti, consistente nella vendita a prezzo assai vantaggioso, in luogo di

appartamento in località Costa dei Barbari. Sfumata tale possibilità per il
rifiuto di altro acquirente di rinunciare a quello promessogli veniva proposto
al magistrato l’acquisto di un immobile al Centro servizi”. In sostanza dal
contenuto delle intercettazioni prima riportate emerge incontestabilmente la
prova che venne formulata al Lamberti la promessa corruttiva di fargli
acquistare, ad un prezzo di favore, uno degli appartamenti in corso di
realizzazione da parte delle imprese di Giusti e Filippi operanti nell’Isola
d’Elba. Ci si riferisce in particolare al contenuto della conversazione
intercettata intercorsa il 13/06/2003 tra il Coppetelli ed il Lamberti e a
quella successiva del 23/07/2003 tra il Gallitto ed il Lamberti. Con la prima
telefonata venne formulata dal Coppetelli una proposta corruttiva relativa
alla cessione del preliminare di compravendita di un appartamento di Cavo
ad una dentista di Modena, al prezzo di 6 milioni al metro quadro, con una
plusvalenza, rispetto al prezzo di acquisto del Lamberti (£.5.000.000 al mq)
di £.50.000.000. Ciò avrebbe consentito al Lamberti di rilevare dall’agente
immobiliare Santini il preliminare di vendita di un altro appartamento più
grande e di maggior valore alle medesime condizioni di favore praticate al
Santini. Non v’è dubbio che tale proposta, a prescindere dalla sua concreta
attuabilità, integrava di per sé una promessa corruttiva ed il fatto che il
20/6/2003 il magistrato abbia emesso un provvedimento di rigetto
dell’istanza di sequestro preventivo del cantiere, costituisce la prova che
quella promessa corruttiva, per compiere un atto contrario ai propri doveri
d’ufficio, è stata accettata dal pubblico ufficiale. Il fatto che il Santini non
abbia accettato di cedere il proprio appartamento al prezzo di favore
richiesto dal Coppetelli, non ha comportato il ritiro della promessa
corruttiva, bensì soltanto la sostituzione dell’oggetto dell’utilità promessa,
che si concreta con la successiva offerta al Larnberti dell’appartamento di
Procchio effettuata dal Gallitto nella telefonata del 23/7/2003, nella quale il
magistrato ringrazia con toni “persino enfatici” il Gallitto, dimostrando così

20

altro che Lamberti si era impegnato ad acquistare, di un più prestigioso

di essere consapevole del prezzo di favore a titolo di retribuzione per il
provvedimento di rigetto del sequestro. Del resto, secondo l’insegnamento
di questa Corte, ai fini della consumazione del delitto di cui all’art. 319 cod.
pen. non ha importanza il fatto che l’imputato non abbia effettivamente
ricevuto denaro o altro vantaggio per l’azione esplicata, bastando
l’accettazione della promessa; infatti, essendo la fattispecie dell’art. 319
cod. pen. di tipo alternativo, la corruzione si consuma anche con il mero

ricompense (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 17222 del 21/09/1989 Ud. (dep.
07/12/1989) Rv. 182781).

6.2

Devono essere respinte, infine, anche le censure sollevate in punto

di diniego delle generiche e dosimetria della pena, avendo la Corte di merito
– al di là del richiamo delle argomentazioni della sentenza del 19/11/2010
della Corte di Appello – ha, sia pur sinteticamente motivato autonomamente
ed esplicitamente, osservando che non emerge alcun elemento per
accordarle in considerazione

“della gravità della condotta illecita e

dell’assenza di elementi a favore degli imputati”.

7.

Filippi Fiorello.

7.1

Per quanto riguarda i motivi di ricorso, superata la questione

dell’utilizzabilità delle intercettazioni disposte nel procedimento per
concussione a carico di Coppetelli e Pesce, rimane la contestazione di
motivazione apparente, in ordine alla responsabilità del Filippi per il reato di
corruzione a lui ascritto, essendosi limitata la sentenza impugnata ad un
mero rinvio alle argomentazioni della precedente sentenza della Corte
genovese. In proposito valgono le osservazioni già svolte in riferimento alla
posizione degli altri coimputati, significando che la Corte con le
argomentazioni prima riportate al punto 5.2.1., ha dato conto anche della
posizione del Filippi.
In particolare la Corte ha richiamato il contenuto di una serie di
intercettazioni di conversazioni tra Giusti e Filippi, a seguito del decreto
dell’11/07/2003, che seguivano alle altre conversazioni con il Coppitelli
particolarmente significative intercorse nel periodo compreso tra il 10 e il 20
giugno 2003, per altro, analiticamente indicate dalla stessa Corte di
Cassazione nella sentenza di annullamento (pag. 9). Da tale materiale
probatorio risulta l’inserimento del Filippi e del Giusti nella vicenda

21

raggiungimento dell’accordo, non essendo necessaria l’effettiva dazione di

corruttiva, e che gli stessi avevano interesse alla prosecuzione dei lavori del
cantiere Procchio ed erano sostanzialmente i beneficiari del provvedimento
di rigetto del sequestro.

8.

Giusti.

8.1

Per quanto riguarda il primo motivo, valgono le considerazioni già

svolte sopra in tema di utilizzabilità delle intercettazioni telefoniche.
Per quanto riguarda il secondo motivo ed i motivi aggiunti in punto di

contestazione della responsabilità del Giusti per la corruzione di Lamberti,
valgono le osservazioni già svolte con riferimento alla posizione di Filippi,
con il quale il Giusti costruiva gli appartamenti, dei quali uno era destinato
al giudice Lamberti. La Corte di merito ha dato atto della perfetta
consapevolezza da parte degli imprenditori di essere stati “miracolati” dal
Lamberti con il provvedimento di rigetto della richiesta di sequestro. Come
già in precedenza evidenziato la Corte territoriale ha messo in risalto come,
nelle conversazioni intercettate,

“il Giusti ed il Filippi incautamente

commentavano l’intervento salvifico del prefetto Gallitto presso il giudice
Lamberti, dopo l’accertamento presso il cantiere di Procchio. I due
discutevano se fosse merito di Coppetelli o di Gallitto e concludevano che
quest’ultimo si era rivolto a Lamberti. Poi parlavano della richiesta di
Coppetelli di riservare un appartamento ad un magistrato a Procchio.
Seguiva la telefonata tra Gallicchio e Lamberti, il quale gli esprimeva
gratitudine per l’immobile di Procchio, così dimostrando di essere il
magistrato destinatario dell’elargizione di cui avevano parlato Giusti e
Filippi” (pag. 4 sentenza impugnata). Del resto, la stessa Corte di
Cassazione, nella sentenza di annullamento, richiamava sul punto due
telefonate particolarmente significative. Così si esprime a riguardo la Corte
di legittimità: “il 13/06/2003 e nei giorni successivi vengono intercettate
delle telefonate (n. 642 e 661) da cui risulta, secondo i giudici, che
Coppetelli, oramai informato da Lamberti della richiesta di sequestro,
comunica ai suoi committenti, Giusti e Filippi, la situazione di rischio per il
cantiere al Procchio; nella telefonata n. 840 del 19/06/2003 Coppetelli
rassicura Giusti dicendogli che il cantiere non sarà sequestrato,
anticipandogli che quello stesso giorno avrà un altro incontro con Lamberti”
(pag. 9 sent. Cass.).
Appare allora evidente come le conversazioni tra gli indagati forniscano la
prova della partecipazione attiva del Giusti (e del Filippi) nella vicenda

22

,…

…….-if .7.—-……„…

8.2

concernente la corruzione del giudice Lamberti.

In particolare è destituita di fondamento l’obiezione che la Corte d’appello
abbia eluso il punto decisivo del rapporto di causalità efficiente fra il Giusti e
le attività poste in essere dagli altri concorrenti. Infatti la Corte, attraverso
il percorso motivazionale cui si è fatto cenno, ha adeguatamente motivato

imprenditori Giusti e Filippi, che erano al corrente del comportamento di
costui ed hanno acconsentito a remunerare il giudice, per il compimento
dell’atto contrario ai suoi doveri d’ufficio, con la promessa di riservargli uno
dei migliori appartamenti nel complesso di Procchio.

9.

Devono essere respinte, infine, anche le censure sollevate in punto

di diniego delle generiche e dosimetria della pena. Quanto al diniego delle
generiche, la sentenza impugnata ha esplicitamente motivato richiamando
gli argomenti della sentenza annullata ed osservando che “non emerge
alcun elemento per accordarle in considerazione della gravità della condotta
illecita e dell’assenza di elementi a favore degli imputati”.
10.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara rigetta i ricorsi, le parti che li hanno proposti deve essere
condannate al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso, il 13 novembre 2013

Il Consigliere estensore

Il Presi ente

sul fatto che Coppetelli agiva su istigazione e nell’interesse degli

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