Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7790 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7790 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) Ambrosino Domenico
2) Meglio
Maria

nato il 14.12.1945
nata il 24.10.1947

avverso l’ordinanza del 23.5.2013
del Tribunale di Napoli
sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr.Fulvio Baldi,che ha chiesto
il rigetto del ricorso
udito il difensore, avv.Antonio De Girolamo,che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso

1

Data Udienza: 21/01/2014

1. Con ordinanza del 23.5.2013 il Tribunale di Napoli rigettava l’appello proposto nell’interesse
di Ambrosino Domenico e Meglio Maria avverso il provvedimento, emesso un data 12.4.2013
dal Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, con cui era stata rigettata l’istanza di
revoca del sequestro preventivo dell’immobile sito in Procida.
Premetteva il Tribunale che gli appellanti Ambrosino e Meglio erano stati condannati in primo
grado per i reati di cui agli artt.181 D.L.vo n.42/2004 e 349 c.p. (mentre era stata dichiarata la
prescrizione in ordine ai reati urbanistici) e che la restituzione dell’immobile in sequestro era
stata chiesta sul presupposto che dovesse darsi immediata esecuzione alla statuizione emessa
in proposito e che, comunque, essendo l’immobile ultimato, non sussistessero esigenze
cautelari.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che, non essendo passata in giudicato la sentenza, non
potesse farsi luogo alla restituzione delle cose sequestrate. Quanto alle esigenze cautelari,
rilevava il Tribunale, che, essendo contestato il reato paesaggistico, l’intervento eseguito era
comunque (anche se le opere risultavano quasi ultimate), come affermato dalla Giurisprudenza
della Corte di Cassazione (Sez. 3 n. 30932 del 19.5.2009), idoneo a protrarre nel tempo ed
approfondire di intensità (e quindi aggravare) le conseguenze del reato.
E, nel caso di specie, sussisteva concreto il pericolo che venissero poste in essere condotte
della medesima specie di quelle in contestazione (realizzazione ad esempio, di modifiche o
ampliamenti), avendo gli appellanti violato i sigilli per completare l’opera.
2. Ricorrono per cassazione Ambrosino Domenico e Meglio Maria, a mezzo del difensore,
denunciando, con il primo motivo, la violazione dell’art.125 co.3 c.p.p. per motivazione
apparente.
Secondo il Tribunale, essendo intervenuta condanna per il reato paesaggistico ed avendo tale
reato natura permanente, solo con il sequestro cessa la permanenza; il vincolo reale mira ad
impedire la prosecuzione delle opere e tale esigenza ricorre avendo gli imputati violato i sigilli.
Trattasi palesemente di una motivazione apparente. Peraltro il Tribunale non tiene conto che
l’immobile è totalmente (e non quasi totalmente) ultimato e non tiene conto che, secondo la
giurisprudenza di legittimità, l’idoneità dell’uso della cosa a deteriorare ulteriormente
l’ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto di un esame approfondito.
Con il secondo motivo denunciano la violazione dell’art.322 bis c.p.p. per omessa pronuncia
sulla documentazione difensiva attestante l’ultimazione dell’opera.
Il Tribunale dà atto dell’avvenuta produzione, ma poi omette di esaminarla e di pronunciarsi in
ordine all’avvenuto completamento del manufatto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Correttamente il Tribunale ha ritenuto che non potesse farsi luogo “automaticamente”
all’esecuzione del dissequestro disposto con la sentenza del Tribunale, essendo questa non
ancora passata in giudicato.
Ha richiamato in proposito il Tribunale la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, mentre
l’irrevocabilità della sentenza di condanna determina la perdita di efficacia del provvedimento
di sequestro preventivo di un manufatto edilizio abusivo, diversamente la non definitività della
sentenza ne impedisce la restituzione, salvo che le esigenze cautelari giustificative del vincolo
siano cessate (cfr. ex multis Cass. Pen. Sez. 3 n.6462 del 14.12.2007; conf., sia pure in
diversa materia, Cass. Pen. Sez. 6 n.40388 del 26.5.2009; Cass.pen. sez. 1 n. 8533 del
9.1.2013).
Ai fini della restituzione dell’immobile sequestrato andava, quindi, esaminata la sussistenza
delle esigenze cautelari.
L’esame, sul punto, del Tribunale è però, per un verso, omesso e, per altro verso, apodittico.

2

RITENUTO IN FATTO

3. In ordine alla sequestrabilità di manufatti realizzati abusivamente in zona non vincolata
paesaggisticamente, come è stato riaffermato anche di recente da questa Corte, ” Il pericolo,
attinente alla libera disponibilità del bene… deve presentare i caratteri della concretezza e
dell’attualità. In tal senso si sono pronunciate espressamente queste Sezioni Unite (Cass. Sez.
U. 14.12.1994 – Adelio), sottolineando che, ancorché manchi per le misure cautelari reali una
previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale
alla lettera c) dell’art. 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all’art. 321
c.p.p., quale misura anch’essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo
debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di
merito con adeguata motivazione compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal
libero uso della cosa pertinente all’illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale
compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che
misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell’indagato o di terzi possa
implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l’attuale
disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In
altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la
utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all’oggetto della tutela penale,
in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per
esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico va delibata in fatto
tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato,
tenendo conto della situazione esistente al momento dell’adozione del provvedimento
coercitivo” (Cass.Sez.Un.n.12878 del 2003). Anche la giurisprudenza successiva, nettamente
prevalente, ha costantemente ribadito che il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato
può essere adottato anche su un’opera ultimata, se la libera disponibilità di essa possa
concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul
carico urbanistico”, il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici di
consistenza dell’insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima
degli spazi pubblici per abitare, nonché della domanda di strutture e di opere collettive (cfr.
Cass.pen.sez.3 n.6599 del 24.11.2011 ed in precedenza Cass.sez.3 n.19761 del 25.2.2003;
sez.4 n.15821 del 31.1.2007; Sez.3 n.4745 del 12.12.2007; sez.2 n.17170 del 23.4.2010).
3.1. Tali principi debbono essere affermati anche in relazione ad opere realizzate in zone
sottoposte a vincolo paesaggistico, rientrando, come si è visto, nella finalità del sequestro
preventivo, ai sensi dell’art.321 c.p.p., che il pericolo debba essere effettivo e concreto.
E’ pur vero che la giurisprudenza di questa Corte non è univoca sul punto, essendosi ritenuto
che in tema di reati contro il paesaggio e le bellezze naturali, la sussistenza del protrarsi della
lesione determinata dall’uso della cosa / con la quale venne commessa la violazione t legittima
l’adozione del sequestro preventivo della stessa, atteso che tale uso si mostra idoneo a
deteriorare ulteriormente l’ecosistema protetto dal vincolo (cfr. Cass.sez.3 n.32247 del
12.6.2003).
Ritiene, però, il Collegio che sia, comunque, necessario un accertamento in concreto che l’uso
dell’immobile, abusivamente realizzato in zona vincolata, sia idoneo a determinare un
aggravamento delle conseguenze del reato; senza quindi che possa esserci una sorta di
“automatismo” tra detto uso e la alterazione dell’ecosistema tutelato dal vincolo.
Non c’è dubbio che “anche l’uso dell’immobile, realizzato in violazione di vincoli, si palesa
idoneo ad aggravare le conseguenze dannose prodotte dall’opera abusiva sull’ecosistema
protetto da vincolo paesaggistico o di altra natura e giustifica l’applicazione della misura
cautelare diretta ad impedire la protrazione e l’aggravamento delle conseguenze dannose del
reato” ed è altresì indubitabile che “la valutazione sul punto ha ad oggetto 1″incidenza
negativa della condotta su un più delicato equilibrio rispetto a quello riguardante
genericamente il carico urbanistico sul territorio, sicchè la esclusione della idoneità dell’uso
della cosa a deteriorare ulteriormente l’ecosistema protetto dal vincolo deve formare oggetto
di un esame particolarmente approfondito”. L’ulteriore lesione del bene protetto deve, però,
essere esclusa “…ove si accerti la assoluta compatibilità di tale uso con gli interessi tutelati
dal vincolo, tenendosi conto della natura di quest’ultima e della situazione preesistente alla
realizzazione dell’opera” (cfr. Cass.pen. Sez. 3 n.40486 del 27.10.2010).

3

%

3.2. Il Tribunale, pur dando atto che i ricorrenti avevano prodotto documentazione attestante
che il manufatto “si presentava rifinito ed arredato”, ha poi omesso di esaminarla, avendo in
contrario affermato apoditticamente che le opere risultavano quasi ultimate.
Ha, comunque, senza alcuna analisi in concreto (se non con l’irrilevante riferimento, stante il
dedotto completamento dell’opera, alla pregressa violazione dei sigilli), ritenuto che debba
essere sempre e comunque impedito l’uso dei manufatti, realizzati in zona vincolata, perchè
idoneo ad alterare ulteriormente l’ecosistema protetto dal vincolo.
3.3. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Napoli che si atterrà ai principi di diritto ed ai rilievi sopra evidenziati.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Napoli
Così deciso in Roma il 21.1.2014

P. Q. M.

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