Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7779 del 21/01/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 7779 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: AMORESANO SILVIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
P.M. presso il Tribunale di Avellino
avverso l’ordinanza del 28.12.2012
del Tribunale di Avellino
nei confronti di:
1) Sarchiola Umberto

nato il 4.1.1944

sentita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr.Fulvio Baldi,che ha chiesto
annullarsi senza rinvio il provvedimento impugnato

1

Data Udienza: 21/01/2014

1. Il Tribunale di Avellino, con ordinanza in data 28.12.2012, in accoglimento della richiesta di
riesame proposta nell’interesse di Sarchiola Umberto avverso il decreto di sequestro
preventivo emesso dal GIP del Tribunale di Avellino il 23.11.2012, annullava il provvedimento
impugnato.
Premetteva il Tribunale che il provvedimento di sequestro era fondato sull’assunto che “i
germani Sarchiola, nonostante un’ordinanza per la messa in sicurezza dell’edificio e le costanti
sollecitazioni della competente sovrintendenza per l’esecuzione degli opportuni e necessari
interventi urgenti di manutenzione, ripristino e restauro” dell’edificio denominato “La Dogana”
di Avellino, di loro proprietà, avevano mantenuto una cosciente condotta di inerzia
ostruzionistica, causando la progressiva rovina di un immobile di rilevante pregio; per cui
sussisteva il fumus del reato di cui all’art.733 c.p.
Tanto premesso, riteneva il Tribunale che dagli atti emergesse, invece, che gli indagati si erano
attivati, richiedendo, con plurime istanze al Comune di Avellino (per ultimo in data 29.9.1997 e
19.3.2001) il provvedimento assentivo dei lavori di restauro, risanamento e recupero
funzionale dell’edificio, e presentando diffide (in data 7.3.2002) ed esposti al Prefetto.
Il Comune, a sua volta, pur autorizzando lavori urgenti idonei a salvaguardare la pubblica e
privata incolumità, aveva diffidato i proprietari a non eseguire le opere previste nel progetto di
restauro, non essendo ancora concluso il procedimento istruttorio (provvedimenti del dirigente
comunale dell’11.1.2002 e 4.7.2002; lettera raccomandata del 23.4.2002).
Con nota del 28.6.2002 dell’arch. Luigi De Cesare, responsabile del procedimento relativo al
restauro dell’edificio ex Dogana, diretta al dirigente comunale ed all’assessore all’urbanistica,
era stato evidenziato, che, contrariamente alla pretesa del Comune, l’intervento non era
soggetto a concessione ma ad autorizzazione e quindi non soggetto agli oneri accessori.
Tali risultanze andavano lette in una alle iniziative poste in essere dal Comune per acquistare
o espropriare il bene.
Secondo il Tribunale, quindi, l’omissione addebitata ai Sarchiola era attribuibile a “factum
principis” vale a dire alla omissione da parte del Comune dei provvedimenti richiesti e non a
comportamenti ostruzionistici degli indagati.
Non sussisteva conseguentemente il fumus del reato ipotizzato.
2. Ricorre per cassazione il P.M. presso il Tribunale di Avellino, denunciando la mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.
Il Tribunale ha valutato la condotta degli indagati fino all’ottobre 2002, senza tener conto della
successiva inerzia (per oltre dieci anni) dei medesimi, che ha determinato la rovina dell’antico
edificio di loro proprietà.
Ed in particolare, non ha tenuto conto della nota n.prot 009627 del 3.4.2007 della
Sovrintendenza con la quale si invitavano e diffidavano i proprietari a dare inizio ai lavori di
restauro, e la successiva nota del 4.3.2009 con la quale si diffidavano nuovamente i
proprietari.
Sottolinea poi il ricorrente P.M. che la L.46/2006, che consente il riferimento, quale termine di
comparazione, anche ad atti del processo, trova applicazione anche nel giudizio incidentale
cautelare, nel quale deve considerarsi rilevante anche il travisamento della prova per
utilizzazione di un’informazione inesistente o per omissione della valutazione di una prova.
La prolungata (successiva al 2002) inerzia degli indagati doveva essere valutata ai fini della
configurabilità del fumus del reato.
Illogico ed irrazionale è poi ritenere giustificata l’inerzia dei proprietari per la mera pendenza
di procedure volte all’acquisto o all’espropriazione del bene.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Va premesso che, a norma dell’art.325 c.p.p., il ricorso per cassazione può essere proposto
soltanto per violazione di legge.

2

RITENUTO IN FATTO

3. Quanto ai poteri del Tribunale del riesame, secondo la giurisprudenza di questa Corte (cfr.in
particolare sez.unite 29.1.1997, ric. P.M. in proc.Bassi) nei procedimenti incidentali aventi ad
oggetto il riesame di provvedimenti di sequestro, non è ipotizzabile una “piena cognitio” del
Tribunale, al quale è conferita esclusivamente la competenza a conoscere della legittimità
dell’esercizio della funzione processuale attribuita alla misura ed a verificare, quindi, la
correttezza del perseguimento degli obiettivi endoprocessuali che sono propri della stessa, con
l’assenza di ogni potere conoscitivo circa il fondamento dell’accusa, potere questo riservato al
giudice del procedimento principale. Tale interpretazione limitativa della cognizione incidentale
risponde all’esigenza di far fronte al pericolo di utilizzare surrettiziamente la relativa procedura
per un preventivo accertamento sul “meritum causae”, così da determinare una non consentita
preventiva verifica della fondatezza dell’accusa il cui oggetto finirebbe per compromettere la
rigida attribuzione di competenze nell’ambito di un medesimo procedimento.
L’accertamento, quindi, della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo
della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati sul piano
fattuale, per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno
valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono- in una prospettiva di
ragionevole probabilità- di sussumere l’ipotesi formulata in quella tipica. Il Tribunale del
riesame non deve, pertanto, instaurare un processo nel processo, ma svolgere l’indispensabile
ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della
fattispecie dedotta ed esaminando sotto ogni aspetto l’integralità dei presupposti che
legittimano il sequestro (ex multis Cass.pen.sez.,3 n.40189 del 2006- ric.Di Luggo).
3.1. Il controllo non può limitarsi ad una verifica meramente burocratica della riconducibilità in
astratto del fatto indicato dall’accusa alla fattispecie criminosa, ma deve essere svolto
attraverso la valutazione dell’antigiuridicità penale del fatto come contestato, ma tenendosi
conto, nell’accertamento del “fumus commissi delicti”, degli elementi dedotti dall’accusa
risultanti dagli atti processuali e delle relative contestazioni difensive.
E’ necessario, quindi, che il Tribunale del riesame, ai fini della configurabilità del fumus del
reato, prenda in considerazione tutti gli elementi rappresentati dalle parti.
Viene, cioè, in rilievo anche il vizio di “travisamento della prova”, che si ha quando venga
utilizzata un’informazione inesistente ovvero venga omesso l’esame di elementi probatori
offerti dalle parti (cfr. Cass. Pen. Sez. 4 n.14732 dell’1.3.2011; conf. Cass. Pen. Sez. 2 n.
22565 del 9.6.2006; Cass. Pen. Sez. 4 n.26.18 del 7.11.2006; Cass. Sez. 2 n.19850 del
24.5.2006; Cass. Pen. Sez. 3 n.39729 del 18.6.2009; Cass. Pen. Sez. 3 n.37756 del
7.7.2011).
In particolare, nell’ipotesi di omessa valutazione di una prova esistente agli atti, il vizio è
riconducibile, per i provvedimenti cautelari reali, ex art.125 co.3 c.p.p. alla violazione di legge,
risolvendosi in mancanza di motivazione sul punto.
3.2. Tanto premesso, il P.M. ricorrente, assolvendo all’onere di autosufficienza del ricorso, ha
allegato due note della Sovrintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province
di Salerno ed Avellino.
Con la prima datata 3.4.2007, dopo aver rilevato “l’inerzia della proprietà che non ha
provveduto neppure a richiedere l’autorizzazione ad eseguire quelle opere provvisionali atte a

3

Secondo le Sezioni Unite di questa Corte ( sentenza n.2/2004, Terrazzi), nel concetto di
violazione di legge può, però, comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la
presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise
norme processuali, quali ad esempio l’art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le
ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo
mezzo di annullamento dall’art.606 lette) c.p.p., né tantomeno il travisamento del fatto non
risultante dal testo del provvedimento.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse Sezioni Unite, con la sentenza
n.25932 del 29.5.2008-Ivanov, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi
compresi sia gli “errores in iudicando” o “in procedendo”, sia quei vizi della motivazione così
radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto
mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi
inidonee a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

4. L’ordinanza impugnata va, pertanto, annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di
Avellino.
P. Q. M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Avellino.
Così deciso in Roma il 21.1.2014

non creare ulteriore nocumento e/o l’eventuale perdita del bene culturale in argomento” si
invitavano e diffidavano i sigg. Sarchiola, proprietari dell’immobile, a voler procedere entro e
non oltre 90 gg. dalla ricezione della presente all’inizio dei lavori di restauro dell’Edificio
denominato “Ex Dogana di Avellino” o dì voler giustificare entro 15 gg. dalla presente
eventuali “nuovi motivi” impeditivi agli stessi.
Dello stesso tenore era l’ulteriore missiva del 4.3.2009, con la quale la Sovrintendenza, dopo
aver dato atto che non era stato dato riscontro alla nota precedente del 3.4.2007 e che non
era stato prodotto alcun progetto per la realizzazione delle richieste opere provvisionali, si
diffidava nuovamente e si metteva in mora la proprietà a provvedere.
Tale documentazione, certamente rilevante ai fini della configurabilità del fumus del reato
ipotizzato di cui all’art.733 c.p., è stata completamente ignorata dal Tribunale, non essendo
stata neppure implicitamente disattesa.
Il Tribunale, per escludere la sussistenza dell’inerzia dei proprietari (e quindi la configurabilità
del “fumus delicti”) ha preso in considerazione la condotta posta in essere dagli indagati
negli anni precedenti e cioè fino al 2002.
Ha omesso, invece, di motivare in ordine alla condotta da essi tenuta negli anni successivi in
relazione alle due diffide sopraindicate (rispettivamente del 2007 e 2009).

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