Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 777 del 04/04/2017


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 777 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: GALTERIO DONATELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
IEMMA FABIO, nato a Rivoli il 24.7.1987

avverso la sentenza in data 20.5.2015 della Corte di Appello di Torino
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Giulio Romano, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza in data 20.5.2015 la Corte di Appello di Torino ha
confermato la pronuncia resa in primo grado dal Tribunale che aveva condannato
Fabio lemma alla pena di 10 mesi di reclusione ed C 7.400 di multa oltre ad una
serie di pene concernenti l’inibizione ad assistere a partite di calcio ed il
concomitante l’obbligo di presentazione in Commissariato, ritenendolo
responsabile di ripetute violazioni del reato di cui all’art.6 1.401/1989 per non
essersi presentato presso la Questura di Torino in occasione di 10 incontri di
calcio disputati dalla squadra Juventus essendo stato sottoposto, con decreto
del Questore di Firenze, convalidato dal GIP, alla misura di prevenzione che gli
imponeva di presentarsi presso la Questura di Torino in orari prefissati in

Data Udienza: 04/04/2017

concomitanza con le partite disputate dalla squadra della Juventus. Avverso la
suddetta sentenza l’imputato ha proposto, per il tramite del difensore, ricorso
per Cassazione articolando due motivi.
2. Con il primo motivo deduce, sotto il profilo del vizio di violazione di legge
riferito all’art.6 1.401/1989, che in relazione alla partita disputata dalla squadra
della Juventus contro quella del Napoli in occasione della Supercoppa Italiana in
data 11.8.2012 a Pechino, nessuna violazione poteva essergli ascritta atteso che
l’obbligo di presentazione presso la locale Questura non era valevole per gli

ricorrente l’incondivisibilità del ragionamento effettuato dai giudici di Appello
posto che l’obbligo di presentazione in Commissariato non poteva non essere
speculare al divieto di accedere agli impianti dove le partite venivano disputate e
che pertanto l’esplicita limitazione del divieto di accesso ai luoghi in cui
sarebbero state disputate sul territorio nazionale e degli altri Stati dell’Unione
Europea le partite da parte della Juventus non consentiva di estendere il
correlativo obbligo di presentazione in Commissariato agli eventi svoltisi al di
fuori di tale ambito territoriale, tanto più che era stato specificato dal Questore
che il divieto di accesso agli stadi e alle zone limitrofe era funzionale a prevenire
l’innesco di azioni violente da parte dei tifosi che ivi transitavano.
3. Con il secondo motivo censura, in relazione al vizio motivazionale, la
conferma del trattamento sanzionatorio disposto in primo grado senza la
spendita di alcuna ragione, all’infuori dell’elenco dei precedenti penali
dell’imputato, a giustificazione della mancata concessione delle attenuanti
generiche e dell’aumento calcolato per effetto della continuazione, punti questi
entrambi specificamente contestati dalla difesa.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.11 primo motivo è manifestamente infondato. In relazione al primo motivo,
al fine di verificare se l’imputato sia incorso in una violazione degli obblighi
impostigli con la misura di prevenzione a suo tempo emessa nei sui confronti dal
Questore di Firenze e debitamente convalidata dal GIPi in occasione della partita
di calcio disputata dalla Juventus a Pechino in occasione della Supercoppa Italia
1’11.8.2012, occorre valutare l’estensione dell’obbligo di presentazione del
sottoposto presso il Commissariato del luogo di residenza. Correttamente la
Corte distrettuale ha ritenuto la penale responsabilità dell’imputato atteso che
l’obbligo di presentazione risulta correlato agli incontri disputati dalla squadra
della Juventus in occasione del campionato nazionale, di Coppa Italia e di Coppe
Internazionali, indipendentemente dal luogo in cui i suddetti incontri vengono
disputati, senza che il ricorrente abbia contestato che la partita in questione

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incontri calcistici svoltisi al di fuori del territorio UE. Sostiene al riguardo il

rientrasse nella tipologia di quelli assistiti dall’obbligo di presentazione.
Differente, come ben evidenziato dalla sentenza impugnata, è invero la
prescrizione afferente al divieto di accesso del sottoposto ai luoghi in cui si
svolgono le competizioni calcistiche che, indipendentemente dalle squadre
coinvolte nella competizione, è esteso alle partite disputate nei soli Stati
compresi entro i confini UE, da quello relativo all’obbligo di comparizione che
attiene, invece, agli incontri disputati dalla squadra della Juventus e dalla
squadra nazionale senza alcun riferimento, né conseguente limitazione allo

violazione del divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono determinate
competizioni integra un reato autonomo da quello configurato dalla
inottemperanza alla prescrizione di comparire personalmente nell’ufficio di polizia
competente, sia pure in concomitanza con lo svolgimento delle suddette gare
(Sez. 3, n. 6253 del 02/02/2011 – dep. 21/02/2011, Ciampi, Rv. 249543), del
pari autonomo è il contenuto precettivo delle due diverse prescrizioni che non
possono essere vicendevolmente integrate, facendo riferimento per l’una a
quanto previsto per l’altra. Né d’altronde può esservi alcun margine di
discrezionalità, a fronte del tenore inequivoco delle diverse prescrizioni di cui si
compone il DASPO da cui scaturisce il reato in esame, nell’individuazione del
contenuto dell’obbligo di presentazione del provvedimento del Questore, la cui
convalida ha definitivamente precluso la rilevabilità di prescrizioni impositive non
funzionalmente correlate a quelle di natura interdittiva relative all’accesso ai
luoghi ove si svolgono determinate competizioni sportive.
2. Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, limitandosi
con esso il ricorrente a censurare del tutto genericamente le valutazioni della
Corte territoriale in punto di diniego del beneficio ex art. 62-bis c.p. e di
trattamento sanzionatorio, senza prendere in considerazione, per confutarle, le
argomentazioni in virtù delle quali i motivi di appello non siano stati accolti.
In ogni caso è anche manifestamente infondato. Giova ribadire che la
concessione o meno delle attenuanti generiche rientra nell’ambito di un giudizio
di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere
motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione
circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità
del reo (tra le tante, Sez. 6, n. 41365 del 28/10/2010, Straface, Rv. 248737).
Pertanto, purché assistito da motivazione congrua e non contraddittoria, il
diniego del suddetto beneficio non può essere sindacato in sede di legittimità
neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi
fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato. Affinché tale valutazione
possa ritenersi esente da vizi motivazionali è sufficiente che dal provvedimento
emergano le ragioni preponderanti della decisione che possono essere costituite

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svolgimento dei medesimi in territorio dell’Unione Europea. Così come la

o dalla sola disamina, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., di quello o
quelli attinenti alla personalità del colpevole o alla gravità del fatto ritenuti
prevalenti ed idonei a determinare il diniego (ex plurimis Sez. 2 n. 3609
del 18/01/2011 Rv. 249163; Sez. 6 n.42688 del 24/09/2008, Caridi,
Rv. 242419; Sez. 6 n.7707 del 04/12/2003, Anaclerio, Rv. 229768), o anche
dalla sola mancanza di ragioni emergenti dagli atti processuali, atte a
giustificarne la concessione (Sez. 3, n. 9836 del 17/11/2015 – dep. 09/03/2016,
Piliero, Rv. 266460) e ciò anche in presenza di specifici elementi fatti valere dalla

a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri superati da
tale valutazione (ex plurimis, Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 – dep.
03/07/2014, Lule, Rv. 25989901; Sez. 6, 16 giugno 2010, n. 34364, Rv.
248244; Sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv. 230691).
Di nessuna censura è pertanto passibile la sentenza impugnata che, con
puntuale e diffusa motivazione, ha ritenuto ostative alla concessione del
beneficio sia le modalità esecutive del reato rivelatrici di un’indole proterva ed
irrispettosa degli ordini provenienti dalle autorità, sia la pericolosità
dell’imputato, desunta dalle numerose e gravi condanne per reati commessi con
l’uso di armi, violenza o minaccia, escludendo al contempo che il disvalore
desumibile da tale elementi potesse essere superato dai dati addotti dalla difesa,
quali la giovane età, dato di per sé neutro, e dalla condotta processuale non
rivelatrice di alcun manifesto ravvedimento.
Lo stesso dicasi per gli aumenti applicati ai fini della continuazione, già
quantificati, come evidenziato dalla Corte territoriale, in misura ampiamente
contenuta.
Segue all’esito del ricorso la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616
cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali e di una somma
equitativamente liquidata in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000 in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso il 4.4.2017

difesa come favorevoli che ben possono essere disattesi ove si faccia riferimento

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