Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7763 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7763 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
NAPPI DOMENICO N. IL 18/12/1961
avverso la sentenza n. 100102/2011 TRIB.SEZ.DIST. di PIEVE DI
CADORE, del 27/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Con sentenza resa il 27 settembre 2012 il Tribunale di Belluno, sezione
distaccata di Pieve di Cadore, condannava l’imputato Domenico Nappi alla pena di
euro 400,00 di ammenda ed al pagamento delle spese processuali, in quanto
ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 660 cod. pen., commesso dal
22/3/2008 al 13/12/2008, perché per petulanza o per altro biasimevole motivo
arrecava molestie ad Alberto Giacobbi, effettuando numerose telefonate durante il

giorno e di notte mediante l’utenza cellulare allo stesso intestata.
1.1 La sentenza fondava il giudizio di reità su quanto denunciato dalla parte
lesa, dalla figlia Barbara e dai risultati dei tabulati del traffico telefonico riguardante
le utenze cellulari intestate al denunciante ed all’imputato, attestanti la ripetizione
di brevi chiamate a varie ore del giorno e della notte da parte di questi, espressione
di un atteggiamento petulante e molesto.
2. Avverso detta sentenza ha proposto appello l’imputato a mezzo del suo
difensore, gravame qualificato come ricorso per cassazione, col quale ha dedotto
l’insussistenza del reato ed il contenimento della pena nel minimo edittale.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile in quanto proposta da soggetto non
legittimato.
1.AI riguardo si deve ricordare che la facoltà di proporre ricorso per
cassazione è consentita al solo imputato, mentre tutti gli altri soggetti processuali
debbono avvalersi, per la proposizione del gravame, di un difensore iscritto nell’albo
speciale dei professionisti abilitati al patrocinio presso la Corte di Cassazione.
Infatti, l’art. 613 cod. proc. pen. prevede la necessità, per l’atto di ricorso per
cassazione, del difensore cassazionista e la clausola ‘salvo che la parte vi provveda
personalmente’, che deroga a tale regola generale deve essere collegata all’art. 571
cod. proc. pen., comma primo, il quale conferisce solo all’imputato la facoltà di
proporre personalmente le impugnazioni e deve pertanto essere intesa come di
questa meramente ricognitiva (Cass., Sez. 2, n. 5238 del 14/1/2009, Rocca; sez. 4,
n. 17645 del 04/03/2008, Cecere, rv. 240215; Sez. Un., n. 24 del 16/12/1998,
Messina, rv. 212076).
1.1 I medesimi principi conservano validità anche in caso di appello che sia
proposto da difensore non iscritto nell’albo speciale dei cassazionisti, in seguito
correttamente qualificato come ricorso per cassazione, in ragione del regime di
impugnabilità proprio di quella pronuncia giudiziale, con la conseguente

l.ì)

trasmissione degli atti al giudice di legittimità (Sez. 1, n. 38293 del 16/09/200/b

1

Oliari, rv. 229737; sez. 3, n. 16703 del 12/01/2011, Cipullo, rv. 249985; sez. 1, n.
45393 del 16/11/2011, Tedeschi, rv. 251464).
1.2 Tanto premesso, deve rilevarsi che il presente ricorso risulta proposto dal
solo difensore, senza essere controfirmato dall’imputato e detto legale al momento
del deposito del ricorso non risultava iscritto nell’albo dei cassazionisti.
S’impone, pertanto, la declaratoria di inammissibilità del gravame con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed
al versamento alla Cassa delle Ammende di una somma che, valutata la vicenda

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

processuale, si stima equo fissare in C 1.000,00.

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