Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7759 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7759 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ARAPI KOL N. IL 14/10/1986
avverso la sentenza n. 2858/2013 TRIBUNALE di MILANO, del
06/03/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 6 marzo 2013 ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
il Tribunale di Milano applicava a Kol Arapi, esclusa la contestata recidiva, la pena
concordata tra le parti di mesi dieci di reclusione in relazione al reato di cui all’art.
13, comma 13-bis D.Lgs. 286/1998, contestatogli perché rientrava nel territorio
nazionale senza autorizzazione, nonostante fosse stato accompagnato alla frontiera
in data 20/4/2011 in esecuzione di espulsione disposta dal Magistrato di

Cerro Maggiore in data 2/3/2013.
2.Avverso tale sentenza l’imputato personalmente ha proposto ricorso per
cassazione, con il quale ha lamentato il mancato proscioglimento per la presenza
delle cause di punibilità ex art. 129 cod. proc. pen..

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivo manifestamente infondato.
1.Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti costituisce
istituto processuale, in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, una volta verificata
l’evidente insussistenza di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
cod. proc. pen..
1.1 Ne consegue che, ottenuta l’applicazione di una determinata pena ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., all’imputato non è consentito rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie con riferimento all’entità della pena,
tranne che la stessa sia illegale, od alla configurabilità di aggravanti o attenuanti,
non considerate o contemplate nell’accordo pattizio (ex multis: Cass., sez. 3, n.
30.11.1995, Canna, Ced Cass., rv. 203.284 e sez. VI, 18.9.2003, Cacciatori, id., rv.
227.718)
1.2 Per contro, il Tribunale ha correttamente e logicamente ritenuto
insussistente qualsiasi causa di proscioglimento in ragione di quanto emerso dal
verbale di arresto in flagranza, dalla documentazione inerente l’avvenuto forzato
espatrio e dalle ammissioni di responsabilità rese dall’imputato, ritenute indicative
dell’effettiva integrazione del delitto ascrittogli. In tal modo risulta rispettato lo
schema argomentativo proprio della sentenza di patteggiamento, come delineato
dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. Sez. Unite n. 5777 del 27/3/1992, Di
1

Sorveglianza di Cuneo con decreto n. 2010/31/36, datato 5/8/2010, accertato in

Benedetto, rv. 191135).
1.3 II ricorso espone doglianza che è anche genericamente formulata, perché
non indica specifiche ragioni per le quali avrebbe dovuto applicarsi il disposto
dell’art. 129 cod. proc. pen..
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di

sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro millecinquecento, ai

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