Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7756 del 12/11/2013
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7756 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: TARDIO ANGELA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PRECETAJ EDISON N. IL 04/10/1982
avverso la sentenza n. 400043/2013 TRIB.SEZ.DIST. di JESI, del
27/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;
Data Udienza: 12/11/2013
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. il 27 febbraio
2013, il Tribunale di Ancona – sezione distaccata di Jesi ha applicato a Precetaj
Edison, alias Elezaj Edison, la pena concordata tra le parti di anni uno e mesi due
di reclusione per il delitto di cui all’art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 e di
mesi quattro di arresto per la contravvenzione di cui all’art. 707 cod. pen.
l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento, deducendo di non avere commesso
il reato di cui all’art. 707 cod. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2.
L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo
processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che – una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. – l’imputato non può rimettere in
discussione profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della
entità della pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del
trattamento sanzionatorio concordato.
3. Nel caso di specie, i motivi di ricorso appaiono privi di specificità e sono,
comunque, manifestamente infondati, atteso che il Giudice, nell’applicare la pena
concordata, si è adeguato all’accordo intervenuto fra le parti e ha escluso,
specificamente richiamando le prove in atti a carico dell’imputato, la sussistenza
dei presupposti per la pronuncia di una sentenza assolutoria.
La motivazione svolta, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento
in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
2
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 6, n. 14563 del 02/12/2010,
dep. 12/04/2011, P.G. in proc. Manea, Rv. 250024).
4. Il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento – in favore della Cassa delle ammende – di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in euro 1.500,00, ai sensi dell’art. 616 cod. proc.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013
Il Consigliere estensore
Il Presidente
pen.