Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7754 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7754 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE LORENZIS SALVATORE N. IL 05/06/1970
avverso la sentenza n. 1280/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
10/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 10 dicembre 2012 la Corte di Appello di Lecce
riformava parzialmente la pronuncia del G.U.P. del Tribunale di Lecce, resa all’esito
del giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato in data 9 maggio 2012, e
riduceva ad anno uno, mesi dieci e giorni ventidue di reclusione ed euro 180,00 di
multa la pena inflitta all’imputato Salvatore De Lorenzis, in quanto ritenuto
responsabile del reato di porto abusivo di arma da fuoco e di spari in luogo

2.Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per la nullità della
sentenza per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione
al disposto degli artt. 81 cpv. cod. pen e 671 cod. proc. pen., per avere respinto
l’istanza di unificazione per continuazione dei reati giudicati con quelli, oggetto della
sentenza emessa dal G.U.P. del Tribunale di Lecce del 7 dicembre 2011, sebbene
l’unicità del disegno criminoso fosse stata dimostrata dalla condizione di
alcoldipendenza, dall’unicità del luogo di commissione, dall’utilizzo della stessa
arma, dalla prossimità dell’epoca di consumazione.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile.
1.La sentenza impugnata, adeguatamente e logicamente motivata, resiste alle
censure formulate in ricorso, ove si consideri che i giudici d’appello, nell’escludere
la configurabilità della continuazione, hanno valorizzato altresì, con plausibili rilievi,
da un lato le stesse argomentazioni contenute nell’appello, -ove si era dedotto che
l’arma impiegata per la commissione dei delitti era stata gettata in mare dopo la
commissione dei primi e poi recuperata con un’immersione subacquea, quindi
nuovamente utilizzata dall’imputato, soggetto affetto da disturbo da abuso cronico
di stupefacenti ed alcol-, dall’altro le ragioni fattuali desunte dalle due vicende
criminose. Sotto il primo profilo ha rilevato in modo del tutto logico che la stessa
descrizione degli eventi fornita dalla difesa escludeva in sé la possibilità di un’unica
programmazione dei reati, risalente alla commissione dei primi in ordine temporale,
perché li riconduceva ad impulsi estemporanei ed all’alterazione dovuta allo stato di
ebbrezza, non assimilabile alla tossicodipendenza e comunque priva di alcun nesso
causale con la tipologia di reati realizzati; quanto al secondo aspetto, ha ritenuto
insufficienti sia la prossimità del luogo di consumazione, sia la comunanza
dell’oggetto materiale, sia la distanza temporale di cinque mesi tra i primi ed il
secondo nel difetto di un nesso di comunanza ideologico e volitivo.

1

pubblico, fatti commessi in Alliste il 12 febbraio 2012.

1.1 La pronuncia in verifica ha quindi offerto corretta applicazione al principio
di diritto, proprio di consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale
l’identità del bene giuridico violato ed il ridotto lasso temporale intercorso fra le
varie condotte costituiscono aspetti da soli insufficienti a dare la dimostrazione
dell’esistenza di quell’unico iniziale programma in vista di uno scopo determinato,
riconnprendente le singole violazioni, che costituisce l’indefettibile presupposto per il
riconoscimento della continuazione.

ad essere in sé logica e coerente, risulta in linea col dettato normativo e con i
principi interpretativi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, mentre il
ricorso ripropone argomenti riguardanti le vicende fattuali, che i giudici di appello
hanno già preso in considerazione e disatteso.
Il ricorso va dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

1.2 La decisione contestata è dunque supportata da motivazione, che, oltre

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