Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7752 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7752 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CIAMPI UGO N. IL 30/01/1981
avverso la sentenza n. 1267/2011 TRIBUNALE di MESSINA, del
19/04/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza deliberata il 19 aprile 2012 ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
il Tribunale di Messina, applicava ad Ugo Ciampi la pena concordata tra le parti di
mesi quattro di arresto in relazione al reato di cui all’art. 9, comma 1, della legge n.
1423/56 per aver violato le prescrizioni della misura di prevenzione della
sorveglianza speciale di p.s., essendosi posto alla guida di un ciclomotore in

in Messina.
2.Avverso tale sentenza l’imputato a mezzo del suo difensore ha proposto
ricorso per cassazione, con il quale ha lamentato: a)violazione di legge in relazione
al disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. e dell’art. 9 comma 1 legge n. 1423/56 per
il mancato proscioglimento di esso ricorrente perché il fatto non sussiste o non
costituisce reato o non è stato consumato, in assenza di qualsiasi motivazione
diversa da quella sulla congruità della pena applicata; b) violazione di legge in
relazione al disposto dell’art. 129 cod. proc. pen. e dell’art. 9 comma 1 legge n.
1423/56 e violazione di norme poste a pena di nullità, inutilizzabilità, decadenza
per la carenza totale di motivazione della sentenza.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi generici e manifestamente
infondati.
1.Va premesso che l’applicazione della pena su richiesta delle parti costituisce
istituto processuale, in virtù del quale l’imputato ed il pubblico ministero si
accordano sulla qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza
di circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sull’entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei menzionati aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, una volta verificata
l’evidente insussistenza di una delle cause di non punibilità previste dall’art. 129
cod. proc. pen..
1.1 Ne consegue che, ottenuta l’applicazione di una determinata pena ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., all’imputato non è consentito rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie con riferimento all’entità della pena,
tranne che la stessa sia illegale, od alla configurabilità di aggravanti o attenuanti,
non considerate o contemplate nell’accordo pattizio (ex multis: Cass., sez. 3, n.
30.11.1995, Canna, Ced Cass., rv. 203.284 e sez. VI, 18.9.2003, Cacciatori, id., rv.
227.718)
1.2 Nel caso in esame, il Tribunale, seppur con motivazione di estrema sintesi,

1

assenza della necessaria patente di guida, revocatagli, fatto commesso il 4/8/2010

ha ritenuto insussistente qualsiasi ragione per disporre il proscioglimento
dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., ha confermato la correttezza
della qualificazione giuridica del fatto, operata nell’imputazione, e ritenuto la
congruità del calcolo della pena, il tutto secondo lo schema argomentativo proprio
della sentenza di patteggiamento, come delineato dalla giurisprudenza di questa
Corte (Cass. Sez. Unite n. 5777 del 27/3/1992, Di Benedetto, rv. 191135). Il che è
già sufficiente per escludere la nullità della pronuncia impugnata per totale difetto

1.3 Per contro, il ricorso soltanto in modo generico, privo di qualsiasi
specificazione illustrativa e delle ragioni in fatto o in diritto, sostiene che la
pronuncia impugnata avrebbe dovuto prosciogliere l’imputato; richiama dunque
principi interpretativi propri della giurisprudenza di legittimità, ma trascura di
indicare i motivi per i quali essi avrebbero dovuto applicarsi al caso in esame e si
riduce alla mera enunciazione delle formule di assoluzione.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte
Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della Cassa delle ammende di
sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro millecinquecento, ai
sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

di motivazione.

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