Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7751 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7751 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da D’Angelo Umberto e D’Angelo Dievertg Em-Thi-co

,91 –

contro .t ,P-cnri-to emesso il 5/06/2015 dal G.i.p. del Tribunale di Napoli

Nord nel proc.n.1805/2013 R.G.N.R;.
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Angelo Costanzo.

1

Data Udienza: 24/11/2015

2

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1. Con Szengto

emesso il 5/06/2015, il G.i.p. del Tribunale di Napoli Nord

nel proc.n.1805/2013 R.G.N.R. ha dichiarato l’inammissibilità ex art.410, comma
2, cod.proc.pen., degli

atti di opposizione alla richiesta di archiviazione

presentati il 26-27/06/2014 nell’interesse delle persone offese D’Angelo Umberto
e D’Angelo Enrico e ha disposto l’archiviazione del procedimento. A tale

supporto della sua richiesta di archiviazione e, specificamente, ritenendo che le
condotte di Romano Raffaele – collocandosi soltanto nella fase della vendita
senza incanto dei beni sottoposti a esecuzione forzata – non sarebbero
comunque sussumibili sotto l’art.353 cod.pen. che richiede l’esistenza di una
gara nei pubblici incanti.
2. Lamentano i ricorrenti che, così procedendo, il G.i.p. avrebbe violato il
diritto della persona offesa al contraddittorio ex art.178 cod.proc.pen. e che, in
cosi caso, presupposto per la configurabilità del reato ex art.353 cod.pen. non è
l’esistenza di un pubblico incanto ma di una gara volta all’individuazione del
contraente.
3. Il Procuratore Generale ha rilevato che il G.i.p. avrebbe potuto archiviare
de plano

soltanto dopo avere vagliato la sussistenza di condizioni di

inammissibilità della opposizione. Inoltre, ha osservato che il G.i.p. ha
erroneamente non considerato che l’art.353 cod.pen. tutela le gare pubbliche
dalle turbative e, per questa via, sarebbe pervenuto a una erronea motivazione
circa le richieste istruttorie e la infondatezza della notizia di reato.
4. Nel provvedimento oggetto del ricorso in esame, l’inammissibilità della
opposizione non è collegata alla mancanza dei requisiti di ammissibilità richiesti
dall’art.410, comma 1, cod.pen., ma a una valutazione della rilevanza delle
investigazioni suppletive.
Deve però preliminarmente rilevarsi che oggetto del procedimento è una
fattispecie ipoteticamente riconducibile all’art.353 cod.pen. (“turbata libertà degli
incanti”),

reato nel quale il singolo cittadino non è persona offesa ma,

ricorrendone le condizioni, eventualmente solo soggetto danneggiato.
L’interesse protetto dalla norma incriminatrice è quello al rispetto delle
regole proprie della gara tra i concorrenti e l’opposizione alla richiesta di
archiviazione compete unicamente alla persona offesa, che deve essere
identificata nel titolare del bene giuridico immediatamente leso dal reato, ossia
con la Pubblica Amministrazione (Cass.pen.: Sez.6, n.11031 del 26/02/2013, Rv.

conclusione perveniva condividendo le osservazioni formulate dal P.M. a

3

255724; sez.3, n.6299 del 14/01/2009, Rv.242532; Sez.5, n.43105/2004,
RV.230255). Su queste basi il ricorso risulta inammissibile.

P.Q.M.
dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 500 ciascuno in favore della Cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, il 24/11 2015.

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