Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7749 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7749 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da: .
GIONTA ALDO N. IL 18/02/1972
avverso l’ordinanza n. 1836/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA,
del 11/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

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Data Udienza: 12/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di sorveglianza di Roma
respingeva il reclamo proposto da Aldo Gionta avverso il decreto ministeriale del
14.3.2012 con il quale veniva prorogato il regime di cui all’art. 41-bis Ord. Pen..
Il tribunale sottolineava che la caratura criminale del condannato per il reato
di partecipazione all’omonima associazione camorrista con ruolo apicale,
destinatario di misura di prevenzione personale e patrimoniale.

i collegamenti recenti del detenuto con esponenti dello stesso come desunto
anche dal rinvenimento nel 2008 di fogli manoscritti diretti al figlio contenenti
direttive afferenti al ruolo di vertice svolto.
Dava atto, altresì, della mancanza di segni di resipiscenza come evidenziato
nella relazione dell’istituto di pena e della commissione di violazioni disciplinari
sanzionate nel luglio e ottobre 2011.

2.

Ricorre l’interessato, personalmente, contestando la valutazione del

tribunale che non ha verificato adeguatamente le circostanze di fatto indicate nel
provvedimento ministeriale in specie avuto riguardo alle dichiarazioni
menzognere dei collaboratori di giustizia ed ai manoscritti dei quale contesta la
paternità rilevando che è stata effettuata una perizia che l’ha esclusa. Contesta,
altresì, la circostanza dei avere subito il sequestro di beni essendo stato
sequestrato soltanto un immobile della moglie ed un motoveicolo di scarso
valore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è inammissibile.
Il provvedimento impugnato, nell’esaminare la motivazione del decreto di
proroga ministeriale, si è attenuto ai criteri indicanti dalla vigente formulazione
dell’art. 41- bis, comma 2bis, legge 26 luglio 1975 n. 354, laddove prevede che
la proroga è disposta quando risulta che la capacità di mantenere collegamenti
con l’associazione criminale non è venuta meno, tenuto conto anche del profilo
criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all’associazione, della
perdurante operatività del sodalizio criminale, della sopravvivenza di
incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento
penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto; il mero decorso del
tempo non costituisce, di per sé, elemento sufficiente ad escludere la capacità di
mantenere collegamenti con l’associazione o dimostrare il venir meno
dell’operatività della stessa.
2

Rilevava che dalle note informative in atti risulta l’operatività del sodalizio ed

Il tribunale, quindi, in ossequio a detta disposizione era tenuto a porre in
risalto il duplice dato della biografia delinquenziale del detenuto e dell’attuale
operatività del sodalizio di appartenenza, accompagnando l’indicazione di indici
fattuali, anche non coesistenti, sintomatici dell’attuale pericolo di collegamenti
con l’esterno.
A differenza di quanto sostenuto dal ricorrente il controllo del tribunale sul
provvedimento di proroga è stato effettuato attraverso una verifica della
pericolosità criminale del detenuto, desunta da oggettive circostanze di fatto

peraltro, di recenti condotte irregolari e di rilievi disciplinari.
A fronte di ciò le doglianze del ricorrente si sostanziano in censure di fatto la
cui valutazione è preclusa al giudice di legittimità.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, al versamento a favore della cassa delle ammende di una
sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro mille, ai sensi dell’
art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della
cassa della ammende.

Così deciso, il 12 novembre 2013.

indicati nel decreto ministeriale e desumibili in atti. Il tribunale ha dato atto,

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