Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 774 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 774 Anno 2014
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: CAIAZZO LUIGI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIARELLA ANTONIO N. IL 26/03/1969
avverso l’ordinanza n. 651/2013 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 18/06/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI PIETRO
CAIAZZO;
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lette/sentite le conclusioni del PG Dott. V 110
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Uditi difensoriAvv.; V

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Data Udienza: 03/12/2013

RILEVATO IN FATTO
Con ordinanza in data 18.6.2013 il Tribunale del riesame di Catanzaro confermava l’ordinanza
cautelare in data 9.5.2013 del GIP del Tribunale di Catanzaro con la quale erano stati disposti
gli arresti domiciliari nei confronti di CHIARELLA ANTONIO, indagato, in concorso con altri, in
ordine al delitto di estorsione aggravata anche ai sensi dell’art. 7 legge 203/1991.
Il Tribunale preliminarmente descriveva in quale ambito era stata consumata l’attività
estorsiva addebitata (anche) al Chiarella: la Provincia di Vibo Valentia, a seguito di una gara

741.000,00 alla EUROSTRADE srl, società di cui era socio e amministratore unico Sgromo
Eugenio; la cosca Tripodi che controllava il territorio in cui si dovevano svolgere i lavori
appaltati dalla Provincia di Vibo Valentia si era interessata a questi lavori tramite Vita Salvatore
e alcune imprese collegate alla suddetta cosca, in particolare le società T.5 COSTRUZIONI,
EUROSCAVI, PRESTANICOLA e C. & C. IMPIANTI, quest’ultima gestita da Chiarella Antonio.
Dalle indagini svolte, e in particolare dal contenuto delle intercettazioni telefoniche, era emerso
che i primi contatti con Sgromo Eugenio, amministratore della società che si era aggiudicata
l’appalto dei lavori, erano stati presi da Vita Salvatore, il quale aveva manifestato allo Sgromo
il suo interessamento allo svolgimento di lavori in subappalto tramite le suddette imprese, tra
le quali anche la C. & C. IMPIANTI del Chiarella.
Dal contenuto delle telefonate intercettate tra il Vita e il Chiarella (alcune delle quali riportate
nella motivazione dell’ordinanza del Tribunale del riesame) si evinceva, secondo il Tribunale,
che quest’ultimo, il quale tra l’altro sarebbe stato il beneficiario dell’eventuale accordo, era
perfettamente consapevole del contesto in cui avvenivano i contatti con lo Sgromo, al quale
era stato detto, come risultava dal contenuto di una conversazione intercettata tra Vita e
Chiarella in data 11.11.2010, che l’alternativa all’accordo sarebbe stata, per Sgromo, il
pagamento di una tangente del 5% sull’importo dei lavori.
Dal contenuto delle intercettazioni, secondo il Tribunale, era risultato che vi era un accordo tra
la C.& C. (rappresentata dal Chiarella) e la T.5 COSTRUZIONI (rappresentata dal Vita) e che il
Vita pretendeva di intromettersi nella gestione della società amministrata dallo Sgromo e,

d’appalto, aveva assegnato lavori di ripristino stradale per un importo complessivo di euro

tenuto conto della riluttanza a parlare al telefono con il Chiarella, si aveva conferma che i due
trattavano affari di natura illecita.
Dalle indagini svolte era poi risultato che le suddette società collegate alla locale cosca, tra le
quali anche la società del Chiarella, avevano effettivamente svolto lavori in subappalto, ed era
risultato altresì che la Stazione appaltante, nei confronti dell’impresa del Chiarella, era stata
costretta a consentirle di iniziare i lavori prima della formale autorizzazione al subappalto.
Le minacce nei confronti dello Sgromo venivano desunte dal contenuto e dal tono dei colloqui
tra Vita e Chiarella e dalla carica di intimazione derivante dall’appartenenza del Vita alla cosca
che operava nella zona.
Vi erano gravi indizi anche dell’agevolazione della cosca mafiosa, poiché il Vita era un

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esponente di primo piano della consorteria criminosa e, risultando la società T.5 COSTRUZIONI
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una delle principali imprese attraverso cui operava la cosca di ‘ndrangheta, era evidente che
l’inserimento della predetta ditta nel lucroso appalto agevolava la cosca.
Tenuto conto delle concrete modalità del fatto, il Tribunale riteneva sussistente il pericolo di
reiterazione di condotte analoghe, essendo anche risultato che il Chiarella era persona violenta
e priva di scrupoli.
Appariva infine adeguata a contenere la pericolosità dell’indagato la misura degli arresti

Avverso l’ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori, chiedendone
l’annullamento, con un primo motivo, per erronea applicazione degli artt. 273 c.p.p. e 629 c.p.
e per vizio di motivazione.
La motivazione dell’ordinanza si era limitata a riproporre il contenuto dell’ordinanza cautelare
del GIP, senza dare una risposta alle doglianze proposte con i motivi di riesame e senza
valutare la documentazione prodotta a sostegno dei motivi di riesame.
La difesa aveva sostenuto che, anche dalla lettura delle intercettazioni, risultava che il
Chiarella era interessato ad un lavoro regolare da svolgere in subappalto tramite la sua ditta.
Non era mai stata posta in essere alcuna condotta estorsiva ai danni dello Sgombro e non era
affatto vero che dalle conversazioni intercettate – peraltro non ascoltate dal Tribunale emergesse un tono impositivo o minaccioso da parte del Vita o del Chiarella.
Era stata completamente travisato il senso della conversazione in cui si era parlato di una
percentuale del 5%, in quanto gli interlocutori si erano riferiti a una quota legittimamente
trattenuta dall’appaltatore sull’importo del subappalto, come peraltro previsto dal D.L.vo
163/2006.
Salvatore Vita, infatti, aveva affermato che lo Sgombro si sarebbe preso il cinque per cento “di
legge”, come infatti era previsto dall’art.118 della legge sugli appalti.
Il Tribunale aveva definito suggestiva questa interpretazione della difesa, ma non confortata da
alcun dato normativo a conforto, senza considerare proprio la normativa contenuta nel citato
decreto legislativo.
La mancanza di gravi indizi risultava evidente per il fatto che l’interpretazione data alla
suddetta frase dall’Accusa, interpretazione accolta acriticamente dal Tribunale, non era
confortata dalle dichiarazioni dello Sgombro, pretesa vittima che gli inquirenti non avevano
ancora interrogato.
Erroneamente il Tribunale aveva ritenuto che la ditta aggiudicataria dell’appalto fosse stata
costretta a consentire alla società del Chiarella di lavorare prima dell’autorizzazione al
subappalto, intervenuta solo in data 2.2.2011.
In base alla suddetta legge sugli appalti è espressamente previsto che, in una situazione
d’urgenza, l’inizio dei lavori dell’impresa subappaltatrice può avvenire dopo la comunicazione
alla stazione appaltante (avvenuta per la C. & C. in data 16.10.2010), la quale nei successivi
sessanta giorni può non accettare il subappalto dei lavori.
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domiciliari.

Il Tribunale, inoltre, non aveva considerato che la C. & C. IMPIANTI aveva chiesto alla T.5
COSTRUZIONI la certificazione antimafia, che era stata allegata anche ai motivi di riesame.
L’accusa, invece che su gravi indizi di colpevolezza, si era basata su sospetti e sul travisamento
del contenuto delle intercettazioni.
Il Chiarella era intervenuto dopo che il Vita aveva già preso contatti con la società
aggiudicataria dell’appalto e, come risultava dalle intercettazioni, era interessato solo allo
svolgimento di un lavoro per la sua società.
Nell’ordinanza non era stata data alcuna prova dell’esistenza di una associazione di

consapevolezza del Chiarella che il predetto facesse parte di un’associazione di tipo mafioso.
Con il secondo motivo di ricorso è stata quindi contestata la sussistenza dell’aggravante di cui
all’art. 7 legge 203/2001, basata sull’assunto, assolutamente non dimostrato, che la T.5
COSTRUZIONI sarebbe una delle principali imprese attraverso le quali la cosca operava e che il
Vita sarebbe un esponente di rilievo della cosca.
In ogni caso il Tribunale non aveva indicato da quali elementi si dovrebbe dedurre che il
Chiarella era a conoscenza dell’inserimento del Vita in un’organizzazione criminale.
Con il terzo motivo è stato chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata anche per difetto di
motivazione sulle esigenze cautelari. Il Tribunale astrattamente aveva fatto riferimento alle
modalità di commissione del reato, ma non aveva tenuto conto della condotta precedente e
successiva del Chiarella al preteso reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato.
L’ipotesi d’accusa si basa su uno schema che, in vicende del genere, è stato con frequenza
riscontrato nelle zone dove cosche di ‘ndrangheta controllano il territorio.
Dopo che un’impresa si aggiudica l’appalto, la cosca locale, tramite suoi esponenti, avvicina i
responsabili dell’impresa e pretende che alcuni lavori siano subappaltati a imprese collegate
alla cosca, oppure impone una tangente sull’importo dei lavori appaltati, formalmente motivata
con i pretesti più vari.
Nel caso in esame risulta che la EUROSTRADE si era aggiudicata lavori stradali in appalto per
un importo complessivo di 741.000,00 euro e che alcune società, tra le quali anche la C. & C.
IMPIANTI gestita da Chiarella Antonio, hanno effettuato lavori in subappalto.
Risulta anche che a prendere i contatti con i responsabili della società EUROSTRADE per
l’assegnazione di lavori in subappalto è stato Vita Salvatore, il quale, oltre ad essere il
rappresentante della T.5 COSTRUZIONI (una delle società interessate ad avere lavori in
subappalto), era in contatto con il Chiarella, altro imprenditore sicuramente interessato a
svolgere lavori in subappalto.
Dalla motivazione dell’ordinanza impugnata gli elementi a carico del Chiarella sono tratti
esclusivamente dal contenuto di conversazioni telefoniche tra lo stesso ed il Vita, ma non è
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‘ndrangheta che operava nella zona, né dell’appartenenza del Vita al sodalizio e neppure della

indicato alcun elemento specifico dal quale si è desunto che quest’ultimo fosse un esponente di
primo piano della locale consorteria criminale, sebbene si affermi nella stessa ordinanza che
non vi è prova di esplicite minacce rivolte allo Sgromo dal Vita, ma che questi si sarebbe
comunque avvalso della carica di inti zione che gli derivava dall’essere un esponente della
cosca che operava nella provincia di Vibo Valentia.
Del tutto carente è la motivazione anche con riguardo all’operatività della cosca Tripodi nel
suddetto territorio e ai collegamenti che esisterebbero tra le imprese indicate – prima fra tutte

L’elemento principale a carico del Chiarella è desunto dalla conversazione telefonica
intercettata in data 11.11.2010 dalla quale, secondo il Tribunale, risulterebbe la
consapevolezza del Chiarella che, nella trattativa che il Vita stava conducendo con lo Sgromo,
quest’ultimo sarebbe stato messo di fronte all’alternativa o di accettare le condizioni impostegli
dal Vita per l’esecuzione dei lavori in subappalto o di pagare una tangente del 5% sull’importo
dei lavori.
Nell’ordinanza è riportata integralmente la suddetta conversazione e dalla lettura della stessa
non si ricava logicamente il senso che ne ha dato l’ordinanza impugnata, la quale ha respinto
solo in modo generico le osservazioni della difesa sul significato della conversazione in
questione.
In effetti, sia nella frase incriminata (ci dà… si piglia… il cinque per cento, di legge, come siamo
rimasti) sia nella frase immediatamente successiva (però, fino a dove arriviamo.., io quello che
fattura, il lavoro grosso magari ce lo paga, e il cinque per cento suo se lo tiene) il cinque per
cento risulta riferito ad una somma che lo Sgromo trattiene e non che deve versare, e quindi il
Tribunale avrebbe dovuto spiegare – per superare l’obiezione della difesa che si tratterebbe
della somma legittimamente trattenuta dall’appaltatore – in base a quali elementi, nonostante
il tenore letterale della conversazione, il riferimento sarebbe a una tangente imposta allo
Sgromo, in alternativa al mancato accordo sui lavori da assegnare in subappalto.
La carenza di motivazione sui gravi indizi di colpevolezza, essendo fondata, assorbe ogni altro
motivo di ricorso, ferma restando la già indicata carenza di motivazione sulla appartenenza del
Vita alla cosca, e quindi sulla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 legge 203/1991.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nuovo esame al
Tribunale di Catanzaro.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Catanzaro.
Così deciso in Roma in data 3 dicembre 2013
Il consigliere estensore f

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la T.5 COSTRUZIONI – e la suddetta cosca.

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