Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7732 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7732 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CORRADINI GIUSEPPE N. IL 15/05/1946
avverso l’ordinanza n. 1361/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
L’AQUILA, del 11/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza emessa in data 11 dicembre 2012 il Tribunale di Sorveglianza
di L’Aquila rigettava per il difetto delle condizioni di legge l’istanza, proposta da
Giuseppe Corradiní, diretta ad ottenere l’ammissione alla liberazione condizionale.
2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento.

L’impugnazione è inammissibile per manifesta infondatezza.
1.11 provvedimento impugnato con motivazione logica, chiara e comprensibile,
pienamente aderente al disposto dell’art. 176 cod. pen., ha rilevato l’assenza dei
presupposti per la concessione al Corradini del beneficio della liberazione
condizionale in ragione della carenza, sia del sicuro ravvedimento del condannato,
sia del mancato adempimento delle obbligazioni civili, derivanti dal reato
commesso, per non avere egli risarcito il danno cagionato ai familiari della vittima e
non essersi attivato nell’assolvere anche gli altri obblighi impostigli con la pronuncia
di condanna, tanto che i creditori avevano dovuto esperire una procedura di
esecuzione forzata per recuperare quanto loro spettante. Ha i quindi,concluso per
l’insufficienza dimostrativa della regolare condotta mantenuta durante la detenzione
carceraria.
1.1 Pertanto, non ha alcun pregio la censura che contesta la mancata
indagine, condotta dal Tribunale, circa l’impossibilità per l’istante di adempiere a tali
obblighi, dal momento che la subita espropriazione di un cespite immobiliare ed il
pignoramento degli altri, di cui è cenno anche in ricorso, dimostrano come egli
fosse titolare di più beni, che avrebbe potuto cedere ai creditori o a terzi e col
ricavato tacitare i diritti dei primi e che soltanto la sua volontaria inerzia aveva
costretto le parti civili a ricorrere al procedimento di esecuzione forzata.
Diversamente da quanto sostenuto con l’impugnazione, lo stato di impossidenza
non era stato precedente, ma era seguito, in parte, alla vittoriosa assunzione di tale
iniziativa processuale, che egli aveva subito per non avere provveduto
spontaneamente a risarcire i congiunti della vittima del suo reato.
1.2 Per contro il ricorrente critica le argomentazioni esposte nell’ordinanza in
verifica, ma non indica altri elementi specifici, univocamente significativi del suo
certo e completo ravvedimento, in grado di dimostrare la parzialità e l’erroneità
delle valutazioni condotte dai giudici di merito.
2. In punto di diritto va rilevato che, secondo il costante insegnamento di
questa Corte, “Ai fini della concessione della liberazione condizionale, il
1

Considerato in diritto

”ravvedimento” deve consistere nell’insieme degli atteggiamenti concretamente
tenuti ed esteriorizzati dal soggetto durante il tempo dell’esecuzione della pena, che
consentano il motivato apprezzamento della convinta revisione critica delle scelte
criminali di vita antefatta e la formulazione – in termini di “certezza”, ovvero di
elevata e qualifica “probabilità” confinante con la certezza – di un serio, affidabile e
ragionevole giudizio prognostico di pragmatica conformazione della futura condotta
di vita del condannato al quadro di riferimento ordinamentale e sociale, con cui egli
entrò in conflitto con la commissione dei reati per i quali ebbe a subire la sanzione

ravvedimento, vanno privilegiati parametri obiettivi di riferimento rispetto a
indagini di tipo psicologico, dal contenuto fluido e opinabile, per cui le condotte del
condannato debbono costituire indice pienamente affidabile degli esiti favorevoli,
nell’esecuzione della pena detentiva, del progressivo percorso trattamentale di
rieducazione e recupero, che giustifichi, dunque, un giudizio prognostico “sicuro”
riguardo al venir meno della pericolosità sociale e alla effettiva capacità di ordinato
reinserimento nel tessuto sociale, da effettuarsi sulla base di criteri fattuali di
valutazione non dissimili da quelli dettati per la concessione degli altri benefici
penitenziari” (Cass. sez. 1, n. 18022 del 24/04/2007, P.G. in proc. Balzerani, rv.
237365; sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, Somma, rv. 2531839. Si è dunque
affermato che la concessione del beneficio in esame un concreto comportamento
del condannato, tale da far ritenere sicuro il suo ravvedimento, non essendo
sufficienti mere manifestazioni verbali di rammarico per quanto commesso, quanto
la quale dimostrazione di effettivo interessamento per la situazione morale e
materiale delle persone offese (Cass.sez. 1, n. 43687 del 07/10/2010, Loggia, rv.
248984; sez. 1, n. 26754 del 29/05/2009, Betti, rv. 244654; sez. 1, n. 9001 del
04/02/2009, P.G. in proc. Mambro, rv. 243419; sez. 1, n. 9815 del 15/02/2008,
laghetti, rv. 239182). Di tali principi il provvedimento impugnato ha offerto corretta
applicazione e ne ha dato atto con motivazione logica ed esauriente, il che rende
inammissibile l’impugnazione.
Ne discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali
e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale
tenore, della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

penale. Ne consegue che, ai fini dell’accertamento del presupposto del

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