Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7725 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7725 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SERRAGLIO GIANCARLO N. IL 18/07/1971
avverso l’ordinanza n. 1504/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di BARI,
del 20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza deliberata in data 20 dicembre 2012 il Tribunale di
Sorveglianza di Bari rigettava il reclamo, proposto da Giancarlo Serraglio avverso
l’ordinanza resa il 5 giugno 2012 dal Magistrato di Sorveglianza di Bari, che aveva
respinto la sua istanza di liberazione anticipata per il periodo dal 29/9/2011 al
29/3/2012 in ragione di un’infrazione disciplinare commessa per avere lo stesso
condannato partecipato ad una rissa all’interno della Casa circondariale di Bari.

cassazione l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento per non avere
il Tribunale considerato che le sue condizioni di salute, per le quali aveva ottenuto
la misura della detenzione domiciliare, ed il disinteresse per l’evento sportivo, dal
quale era scaturita la rissa, lo avevano indotto a non prendervi parte e che nel
rapporto redatto dal personale di polizia penitenziaria la propria persona non era
indicata come quella del soggetto intervenuto nella colluttazione in difesa di altro
detenuto, tale Guglielmi, ma soltanto tra i soggetti presenti alla partita, tanto che
non gli erano state refertate lesioni, conseguenti alla colluttazione.

Considerato in diritto

Il ricorso deduce motivi non consentiti nel giudizio di legittimità e deve essere
dichiarato inammissibile.
1.11 gravame illustra argomenti diretti a contestare il merito dell’infrazione
disciplinare, ritenuta ostativa alla fruizione del beneficio invocato, perché indicativa
di una condotta non regolare; in particolare assume la propria estraneità allo
svolgimento della rissa, che secondo i giudici di merito avrebbe visto il suo
coinvolgimento attivo quale soggetto intervenuto in difesa di altro detenuto italiano,
aggredito da detenuto georgiano, nel corso di una patita di calcio nel cortile
dell’istituto penitenziario ove egli era all’epoca ristretto. A riprova indica lo stato di
salute compromesso e tale da impedirgli qualsiasi atto aggressivo contro terzi,
l’assenza di lesioni o segni di percosse e lo stesso rapporto redatto dal personale
penitenziario, intervenuto a sedare la rissa.
1.1 Trattasi di elementi che sono stati in parte già considerati dal Tribunale
nel provvedimento impugnato, col quale si è evidenziato che l’assenza di tracce di
colluttazione sulla sua persona era ascrivibile al pronto intervento degli agenti di
polizia, che erano riusciti in breve tempo a separare i contendenti dopo uno scontro
di breve durata e che comunque per il ruolo avuto nell’episodio egli aveva subito
l’irrogazione di sanzione disciplinare, inflittagli dal direttore dell’istituto, avverso la
quale non risultano mosse contestazioni all’epoca.

1

2. Avverso il citato provvedimento ha interposto tempestivo ricorso per

1.2 Inoltre, la valutazione del Tribunale ha già ricompreso anche lo stato di
salute del ricorrente, ritenuto non di tale gravità, sebbene attestato da perizia
medico-legale, da avergli impedito materialmente di svolgere qualsiasi attività e
sforzo fisici e quindi anche di prendere parte alla rissa.
1.3 Va, infine, rilevato che, sebbene il ricorrente lamenti la travisata
considerazione del rapporto steso dal personale di polizia penitenziaria riguardante
la rissa, non ha prodotto tale documento, né ne ha riportato il contenuto

ed inidoneo a dimostrare il vizio denunciato.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; ne segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento a favore della Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si
reputa congruo determinare in C 1.000,00.

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

testualmente nell’ambito del ricorso, che in tal modo risulta privo di autosufficienza

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