Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7724 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7724 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ABDALLAH MAHDJOUBI HAMID N. IL 28/04/1969
avverso l’ordinanza n. 5072/2012 TRIB. SORVEGLIANZA di
NAPOLI, del 18/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Con ordinanza deliberata in data 18 ottobre 2012 il Tribunale di Sorveglianza di
Napoli dichiarava inammissibile per carenza dei requisiti di legge l’istanza avanzata
nell’interesse di Abdallah Mahdjoubi Hamid, volta a ottenere la misura alternativa alla
detenzione di cui all’art. 47-ter ord. pen. e rigettava quella di concessione della
semilibertà e dell’affidamento in prova, ritenendo eccessivo il margine di libertà
concesso dalla prima ed inidonea l’attività lavorativa prospettata dal condannato a
prevenire il rischio della commissione di ulteriori reati ed a conseguire la sua

2. Avverso il citato provvedimento nella parte in cui aveva respinto le istanze
formulate ex artt. 47 e 50 ord. pen. ha interposto tempestivo ricorso per cassazione
l’interessato, chiedendone l’annullamento per:
-violazione di legge per l’avvenuto rigetto della richiesta di affidamento in prova ai
servizi sociali in assenza della relazione degli operatori dell’U.E.P.E. e correlato difetto di
motivazione;
– mancanza e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui il Tribunale aveva
escluso l’idoneità dell’attività lavorativa a conseguire la rieducazione e la riabilitazione
del condannato, così formulando un giudizio astratto e non supportato da dati concreti e
da informative di polizia o dei servizi sociali.

Considerato in diritto

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
1. Il gravame contesta tutti i passaggi motivazionali del provvedimento impugnato
con argomentazioni specifiche, che però sollecitano a questa Corte una nuova e più
favorevole valutazione del merito dell’istanza di misura alternativa, che resta preclusa
nel giudizio di legittimità e comunque sono in parte manifestamente infondati.
1.1 Invero, l’ordinanza impugnata, dando conto in modo analitico delle ragioni della
propria decisione, ha correttamente valutato tutti gli elementi risultanti dagli atti, con
motivazione congrua, adeguata e priva di erronee applicazioni della legge penale e
processuale.
1.2 In particolare, ha evidenziato: a) la gravità oggettiva e le modalità di
commissione delle condotte di ricettazione aggravata e continuata, oggetto della
condanna irrevocabile; b) il ruolo, svolto del ricorrente, di fornitore abituale di
autovetture di lusso ricettate e consegnate ad un’organizzazione criminosa che le
esportava all’estero e ne faceva oggetto del delitto di riciclaggio; c) l’inadeguatezza, per
le blande cautele e l’assenza di penetranti controlli, della misura dell’affidamento in
prova ai servizi sociali, per sua natura in grado di consentire ampi spazi di operatività al
sottoposto e quindi la sua affidabilità nel garantire il rispetto delle prescrizioni imposte;
d) l’inidoneità dell’impegno lavorativo prospettato quale parcheggiatore alle dipendenze

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rieducazione.

della ditta “Astra Service”, per la natura dell’attività ed il contatto diretto con autoveicoli
appartenenti a terzi, condizioni tali da favorire la possibilità di condotte recidivanti e
quindi insufficiente a garantire il percorso di rieducazione e recupero del condannato; e)
l’assenza di una proposta di trattamento all’esterno di istituto penitenziario, alternativa
a quell’attività lavorativa.
1.3 E’ quindi pervenuta alla conclusione dell’inidoneità delle misure invocate
rispetto alle esigenze del caso, frutto di una valutazione discrezionale dei dati conoscitivi
acquisiti, che non può essere censurata in quanto esaustivamente motivata e rispettosa
dei principi di diritto regolanti la materia, nonché dei canoni della logica e della non

2. Si ricorda in linea generale che “il diniego dell’affidamento in prova al servizio
sociale è da ritenere adeguatamente motivato anche quando, nell’ambito di un giudizio
prognostico che, sua per natura, non può che essere largamente discrezionale, venga
indicata una sola ragione, purché plausibile, atta a far ritenere la scarsa probabilità di
successo dell’esperimento, in relazione alle specifiche finalità dell’istituto (rieducazione
del reo e prevenzione del pericolo che egli commetta ulteriori reati). Non occorre,
pertanto, che il Tribunale prenda necessariamente in esame anche la situazione sociofamiliare del richiedente, non trattandosi dell’applicazione di un beneficio da elargirsi
quasi “pietatis causa”, ma la valutazione della sussistenza o meno di valide prospettive
di realizzazione delle anzidette finalità, essenzialmente funzionali al vantaggio non del
singolo ma della società e rispetto alle quali, pertanto, la sottrazione del soggetto al
regime di detenzione rappresenta solo un mezzo e non uno scopo” (Cass. sez. 1, n.
4137 del 19/10/1992, Gullino, rv. 192368; sez. 1, n. 2061 del 11/05/1992, Menditto,
Rv. 190531; sez. 1, n. 2207 del 18/5/1992, Caltagirone, rv. 190628, sez. 1. n. 1704 del
14/4/1994, Gallo, rv. 197463).
2.1 Si è altresì affermato che, “Ai fini dell’affidamento in prova al servizio sociale, i
riferimenti alla gravità del reato commesso o ai precedenti penali e giudiziari del
condannato o al comportamento da lui tenuto prima o dopo la custodia cautelare ben
possono essere utilizzati come elementi che concorrono alla formazione del
convincimento circa la praticabilità della misura alternativa. Ne consegue che il
mantenimento di una condotta positiva, anche in ambiente libero, non è di per sè
determinante, soprattutto ove la condanna in espiazione sia stata inflitta per reati di
obiettiva gravità (nella specie, rapina aggravata e sequestro di persona) e sia
inadeguato il periodo di carcerazione sofferto, ma deve essere valutato nell’ambito di un
giudizio globale di tutti gli elementi emersi dalle indagini esperite e dalle informazioni
assunte, che tenga anche conto della progressività e gradualità dei risultati del
trattamento e, conseguentemente, dell’eventuale previa esperienza di permessi-premio”
(Cass. sez. 1, n. 15064 del 06/03/2003, Chiara, rv. 224029; Sez. 1, n. 20478 del
12/02/2013 – dep. 13/05/2013, Siddique, Rv. 256078)
2.2 Va poi osservato che, sebbene il Tribunale abbia provveduto sulle istanze del
ricorrente senza avere previamente acquisito la relazione degli operatori del servi

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contraddizione.

sociale, ciò nonostante tale incompletezza dell’istruttoria non ha privato il procedimento
di darti conoscitivi imprescindibili, né ha pregiudicato la possibilità di formare in modo
completo il convincimento espresso per il rilievo dirimente, immediatamente percepibile,
degli elementi negativi emersi dagli atti e soprattutto per la ritenuta incongruità della
proposta lavorativa prospettata in assenza di qualsiasi altra possibilità di impegno in
attività risocializzanti, non rappresentata dall’istante.
2.2.1 Non ignora questa Corte che una precedente pronuncia della propria sezione
(sez. 1, n. 10290 del 02/03/2010, Trif, rv. 246519) ha affermato come incondizionato
l’obbligo dell’acquisizione della documentazione relativa all’osservazione personologica

cod.proc.pen., comma 5, richiamato dall’art. 678 cod.proc.pen., comma 1, il quale
prevede la possibilità che il giudice richieda alle autorità competenti tutti i documenti e
le informazioni necessarie per la decisione e, se del caso, assuma prove e nel comma
secondo dell’art. 678 cod.proc.pen., per il quale, quando si procede nei confronti di
persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice “acquisisce la
relativa documentazione”, potendo anche avvalersi “della consulenza dei tecnici del
trattamento”. Ne ha concluso che, in assenza della relazione sull’osservazione, non
potrebbe essere assunta la decisione reiettiva di una misura alternativa alla
carcerazione.
2.2.2 Pur non volendo negare in linea generale la validità di siffatto orientamento,
ritiene questo Collegio che lo stesso vada adattato alle caratteristiche del caso concreto,
potendo pervenirsi anche a ritenere superflua l’attesa e l’acquisizione della relazione
quando il condannato versi in stato di libertà, l’osservazione non sia stata condotta per
un lasso di tempo protratto durante la carcerazione in ambiente inframurario ed il
corredo di risultanze documentali acquisite sia già di tale evidenza dimostrativa
nell’attestare l’inidoneità della misura richiesta per le modalità esecutive a fronte di
accertata pericolosità del condannato e l’assenza di prospettive di una sperimentazione
fruttuosa in attività risocializzanti, da non richiedere ulteriori approfondimenti e da non
poter essere smentito da un mero colloquio con gli operatori sociali.
3. Quanto all’istanza di ammissione alla semilibertà, va rilevato che, trattandosi
misura alternativa alla detenzione che consente al detenuto di trascorrere parte del
giorno all’esterno dell’istituto penitenziario, sia pure in attività lavorative e socializzanti,
la stessa non può essere deliberata “se non all’esito di previe e positive esperienze di
concessione di altre misure alternative meno impegnative, nel medesimo contesto
territoriale di fruizione della semilibertà medesima” (Cass. sez. 1, n. 41914 del
29/09/2009, Mavilla, rv. 245051; sez. 1, n. 40992 del 14/10/2008, Cantelli, rv.
241430) e comunque dopo un periodo di espiazione in ambiente carcerario che
consenta di acquisire la prova dell’evoluzione positiva della personalità dell’istante.
3.1 Nel caso di specie difetta detto requisito per quanto dedotto nello stesso
ricorso, ove si è rappresentato che il ricorrente era libero in fase di prima esperienza
esecutiva e beneficiava della sospensione dell’esecuzione in attesa della decisione sulle

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del condannato e ne ha ricavato il fondamento normativo nel disposto degli artt. 666

richieste di misure alternative, sicchè non aveva ancora sperimentato l’espiazione in
carcere, né i permessi premio.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; ne segue la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la
colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a favore della
Cassa delle Ammende di una sanzione pecuniaria che si reputa congruo determinare in
C 1.000,00.

P. Q. M.

processuali e della somma di C 1.000,00 (mille) in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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