Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7718 del 12/11/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 7718 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DADDIEGO MICHELE N. IL 06/01/1942
avverso l’ordinanza n. 194/2012 GIP TRIBUNALE di
ALESSANDRIA, del 12/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 12 dicembre 2012 il G.I.P. del Tribunale di
Alessandria, pronunciando quale giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
presentata dal condannato Michele Daddiego con la quale aveva dedotto
l’illegittimità del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, emesso dal
Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Alessandria del 9 novembre 2012

del 4 giungo 2011, di unificazione per continuazione tra i reati giudicati con due
gruppi di sentenze ivi indicate.
1.1 A fondamento della decisione il G.I.P. rilevava che il provvedimento di
cumulo aveva correttamente tenuto conto delle pene, come rideterminate dal
giudice dell’esecuzione per effetto del riconoscimento della continuazione ed aveva
offerto corretta applicazione al disposto dell’art. 657 cod. proc. pen., comma 4,
secondo il quale la custodia cautelare o la pena espiata in eccesso rispetto a quella
risultante dall’unificazione dei reati per continuazione non può essere
automaticamente imputata alla pena ancora da eseguire, se questa riguardi reati
commessi successivamente.
2.Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
personalmente, chiedendone l’annullamento per inosservanza o erronea
applicazione della legge penale e per mancanza o manifesta illogicità della
motivazione, in quanto il principio espresso dalla norma di cui all’art. 657 cod. proc.
pen., comma 4, non opererebbe nel caso del cumulo giuridico derivante
dall’applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. perché altrimenti verrebbe snaturato il
principio dallo stesso espresso di unificazioni di reati giudicati con sentenze di
condanna già definitive.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su censure manifestamente
infondate.
1.11 provvedimento impugnato ha offerto una corretta applicazione del
disposto dell’art. 657 cod. proc. pen., comma 4, laddove ha rilevato che il principio
generale, secondo il quale la espiazione della pena deve sempre seguire il reato e
non precederlo, conserva validità anche nel caso in cui, per effetto dell’unificazione
in sede esecutiva di più reati nel vincolo della continuazione, risulti un credito di
pena espiata, che deve essere scomputata dal residuo ancora da eseguire soltanto
se riferito a reati commessi in precedenza.
1.1 Costituisce, infatti, pacifico principio affermato dalla giurisprudenz
/

I

in quanto non rispettoso della decisione, assunta dallo stesso G.I.P. con ordinanza

questa Corte l’affermazione secondo la quale “Il riconoscimento della continuazione
tra più reati in sede esecutiva, con la conseguente determinazione di una pena
complessiva inferiore a quella risultante dal cumulo materiale, non comporta che la
differenza così formatasi sia automaticamente imputata alla detenzione da
eseguire, operando anche in detta eventualità il disposto dell’art. 657, comma
quarto, cod. proc. pen., secondo cui a tal fine vanno computate solo custodia
cautelare sofferta e pene espiate “sine titulo” dopo la commissione del reato, e
dovendosi conseguentemente scindere il reato continuato nelle singole violazioni

sez. 1, n. 25186 del 17/02/2009, Bernardo, rv. 243809; sez. 1, n. 8109 del
11/02/2010, Calzolaio, rv. 246383; sez. 1, n. 38400 del 18/09/2009, Agresta, rv.
244837).
1.1 Per contro il ricorso contesta la validità di tale principio sulla base di
argomentazioni generiche e prive di qualsiasi consistenza giuridica, nonchè di una
lettura non corretta dei precedenti giurisprudenziali citati, pretendendo
l’applicazione incondizionata della fungibilità di custodia cautelare e pena, sofferte
“sine titulo”, con la pena derivante dal cumulo giuridico conseguente al
riconoscimento della continuazione, senza considerare il disposto dell’art. 657 sopra
citato.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di siffatta impugnazione, della somma che si stima equo
determinare in euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

che lo compongono” (Cass. sez. 1, n. 1680 del 06/03/2000, Palomba, rv. 216418;

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA