Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7715 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7715 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CORBO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
HALILOVIC SIMEONE, nato a Napoli il 18/02/1972

avverso la sentenza del 19/05/2015 della Corte di appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonio CORBO;
udito il Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Vito D’AMBROSIO, che ha
concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

Data Udienza: 24/11/2015

uditi il difensore, avv. Angelo STANISCIA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso da lui
presentato.

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa il 19 maggio 2015, la Corte di appello di Roma, in parziale
riforma della decisione di primo grado, condannava alla pena di anni cinque di reclusione ed

11 ottobre 1990, n. 309, commesso nel settembre 2012, e relativo all’acquisto e
all’importazione dalla Spagna di 1375 grammi di cocaina (di cui 521 di sostanza «pura»),
previa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
L’affermazione di penale responsabilità pronunciata dal giudice di secondo grado, sul
punto pienamente conforme al decisum del primo giudice (la riforma è stata esclusivamente in
ordine alla determinazione della pena), si è fondata sui risultati di attività di indagine e di
osservazione della polizia giudiziaria, culminate nell’arresto di due persone che materialmente
stavano trasportando lo stupefacente al momento del loro rientro in Italia, nonché di
intercettazioni telefoniche eseguite nei confronti dell’imputato e di altri soggetti nei giorni
precedenti e successivi all’indicato atto coercitivo.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la precisata sentenza della Corte di
Appello l’avvo.to Angelo Staniscia, quale difensore di fiducia dell’Halilovic.
2.1. Nel ricorso, si deducono tre motivi.
2.1.1. Con il primo motivo, l’impugnante lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. e), cod. proc. pen., per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione sia con riferimento alle valutazione delle risultanze probatorie ai fini della
sussistenza del fatto, sia con riferimento alla mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art.
114 cod. pen.
Le censure relative all’affermazione della penale responsabilità evidenziano che: l’imputato
non risulta aver preso parte ad alcuna telefonata con i fornitori dello stupefacente, né in alcuna
conversazione ha fatto riferimento diretto o indiretto al traffico di droga; i contatti con i
“corrieri”, poi arrestati t erano intrattenuti essenzialmente da altra persona, tale Rivera Paredes;
l’imputato, quale noleggiatore di auto, aveva semplicemente reperito il conducente di un
automobile per un viaggio, tale Zanniní, ed aveva contatto stesso – che sarebbe poi risultato
essere uno dei due “corrieri” arrestati al rientro in Italia – mentre era ancora in Spagna solo
per consentire al medesimo, affetto anche da problemi di salute, di fronteggiare le esigenze
economiche sopravvenute a seguito di un furto; l’imputato, ancora, era intervenuto con un
ulteriore aiuto economico in favore del precisato Zannini, allorché questi era detenuto a
seguito dell’arresto, esclusivamente per sentimenti di amicizia. Si aggiunge che la sentenza
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Euro 18.000 di multa Halilovic Simeone per il reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R.

avrebbe «del tutto omesso di rispondere ai quesiti posti, […] senza specificare [neanche] le
ragioni per le quali [la ricostruzione fornita dall’imputato] non sia stata ritenuta credibile», né
avrebbe tenuto in debito conto che l’imputato è incensurato e che gli altri coimputati hanno
tutti concordemente affermato l’estraneità dell’Halilovic al fatto in contestazione, non offrendo
alcuna valutazione in ordine a tali circostanze.
Le censure relative al diniego dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen. evidenziano, in
particolare, che, a fronte delle doglianze mosse nell’atto di appello, la sentenza non offre
risposte, limitandosi ad accostare il ruolo dell’Halilovic a quello dello Zannini, il “corriere”

siccome contattò lo Zannini per il viaggio, deve essere ritenuto «promotore ed organizzatore
dell’operazione di acquisto». Si conclude, perciò, che l’eventuale responsabilità dell’Halilovic, in
quanto riferibile alla messa in contatto tra il reale organizzatore dell’operazione (il Rivera
Paredes) ed uno dei “corrieri” (lo Zannini), che già si conoscevano tra di loro, è «connotata da
una efficacia eziologica del tutto marginale e quasi irrilevante nella produzione del reato».
2.1.2. Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1,
lett. b) ed e), cod. proc. pen., per erronea applicazione della legge penale e mancanza,
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento al trattamento
sanzionatorio, in particolare con riguardo all’individuazione della pena base.
Ci si duole, precisamente, che la pena base, fissata nella misura di anni sette e mesi sei di
reclusione, è stata determinata in misura superiore di un anno e sei mesi rispetto al minimo
edittale, pari a sei anni di reclusione per effetto della dichiarazione di incostituzionalità
pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 32 del 2014, nonostante il primo
giudice avesse individuato la pena base in anni nove di reclusione, ossia in misura superiore di
un solo anno rispetto al minimo edittale allora vigente e pari ad anni otto di reclusione. Il
giudice di appello avrebbe perciò dovuto comunque rideterminare la pena, in considerazione
dei nuovi minimi edittali, applicando una riduzione sulla base di un criterio aritmeticoproporzionale. Inoltre, e comunque, la fissazione di una pena base in misura superiore al
minimo edittale avrebbe richiesto una adeguata giustificazione, mentre nella specie la
motivazione era del tutto assente o generica.

3. In data 19 novembre 2015, l’avvocato Staniscia ha depositato in Cancelleria memoria
difensiva.
Nell’atto si rappresenta, in primo luogo, che la Corte di appello, sebbene specificamente
chiamata a pronunciarsi in proposito, ha omesso di valutare le dichiarazioni dei coimputati, i
quali hanno tutti escluso ogni forma di partecipazione dell’Halilovic nella commissione del
delitto; in questo modo, il giudice di secondo grado ha evitato di confrontarsi con elementi
“determinanti a discarico dell’imputato”. Si osserva, poi, che, ai fini del giudizio di diniego
dell’attenuante di cui all’art. 114 cod. pen., la sentenza impugnata si limita ad affermare
apoditticamente l’assunzione di un ruolo di primo piano dell’Halilovic nel fatto delittuoso, senza
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arrestato alla frontiera e da lui economicamente soccorso, e ad asserire che l’odierno imputato,

considerare che gli altri soggetti coinvolti nella vicenda già si conoscevano tra di loro e che il
reperimento di un’autovettura è sicuramente attività di semplice realizzazione. Si ribadisce,
infine, che il criterio applicato per la determinazione della pena-base si pone in violazione del
divieto di reformatio in peius, come confermato da Sez. 6, n. 15157 del 2014, e che comunque
la concreta quantificazione della stessa non è supportata da alcuna motivazione.

1. Il ricorso è infondato con riferimento a tutti i motivi proposti e deve essere perciò
rigettato.

2. Il primo motivo di ricorso, pur deducendo il vizio dì mancanza, contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione, censura sia la valutazione delle risultanze probatorie ai
fini della sussistenza del fatto, sia la mancata applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114
cod. proc. pen. La doglianza, quindi, pur prospettando un unico tipo di vizio, attiene a due
diversi punti della sentenza impugnata, l’uno riguardante la responsabilità, l’altro un elemento
circostanziale della fattispecie. E’, pertanto, utile, per ragioni espositive, procedere ad un
esame distinto dei due profili.
2.1. Con riferimento al punto concernente la responsabilità dell’Halilovic, la sentenza
impugnata, sia pur sinteticamente, motiva in termini congrui, e nel rispetto del principio
dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio», in ordine alla sussistenza del fatto ed alla sua
attribuibilità all’imputato.
Invero, la stessa, innanzitutto, riporta gli elementi ritenuti più significativi ai fini della
decisione. Rappresenta, così, in particolare, che la polizia giudiziaria: 1) mediante
intercettazione telefonica del 21 settembre 2012, aveva ascoltato la conversazione con la quale
l’Halilovic aveva contattato lo Zannini per un lungo viaggio per il quale occorreva preparare
una valigia; 2) all’esito delle successive attività di pedinamento e osservazione, aveva
assistito, in successione, all’arrivo dello Zannini a Roma, in via Arco di Travertino, con una
valigia, all’incontro dello stesso con l’Halilovic, che si era presentato in compagnia di una
donna, individuata nella Asmat Contreras, a bordo di una Fiat Punto, all’allontanamento dei tre
e al ritorno degli stessi poco dopo presso un bar della zona, ad un ulteriore incontro con altre
due persone a bordo di una Scenic, alla partenza dello Zannini con la donna a bordo della
Scenic, al superamento del confine da parte dei due a Ventimiglia; 3) dopo la partenza,
attraverso intercettazioni telefoniche, aveva constatato contatti tra Halilovic e Rivera Paredes,
e Halilovic e Zannini, ed aveva appreso che l’imputato aveva soccorso lo Zannini mentre era in
Spagna inviandogli 300 Euro; 4) il 24 settembre 2012, aveva fermato lo Zannini e la Asnnat
Contreras mentre rientravano in Italia a Ventinniglia, a bordo della Scenic, e, all’esito di
perquisizione, aveva trovato due panetti di cocaina del peso indicato nell’imputazione; 5) il
medesimo giorno, attraverso le intercettazioni telefoniche, aveva dapprima ascoltato il Rivera
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CONSIDERATO IN DIRITTO

Paredes informare l’Halilovic di non avere più notizie dei “corrieri”, e sentito quest’ultimo
preoccupato, e, poi, udito, in una comunicazione successiva all’avvenuta conoscenza
dell’arresto, il commento scambiato tra il Rivera Paredes e l’Halilovic secondo cui era stato un
errore passare per il varco di Ventimiglia no_nostante lo Zannini fosse stato avvertito di evitare
tale percorso; 6) in data successiva, sempre attraverso le autorizzate intercettazioni
telefoniche, aveva accertato che l’Halilovic si era preoccupdi inviare soldi in carcere a Zannini
dicendo «Marcello […] poteva fare casino», «oppure […] si inventa qualche cosa […1» (il nome

La decisione della Corte di appello, inoltre, nel riportare tali elementi, rappresenta che gli
stessi evidenziano il ruolo di «promotore ed organizzatore dell’operazione di acquisto»
dell’Halilovic: a tal proposito, si sottolinea, in particolare, da un lato, che fu l’odierno ricorrente
a contattare lo Zannini e a procurargli l’assistenza della Asmat Contreras, in considerazione dei
suoi problemi di diabete, e, dall’altro, che, dopo l’arresto dei due “corrieri”, l’Halilovic aveva
commentato con il Rivera Paredes la scelta di passare per il varco di Ventimiglia come un
errore, ricordando, inoltre, che lo Zannini era stato avvertito di evitare tale percorso. La
medesima decisione segnala, poi, che l’esame coordinato dell’insieme delle circostanze
accertate, tutte cadute sotto la diretta percezione della polizia giudiziaria, impone di ritenere
che si trattò di «un’operazione unica», impedendo così un’interpretazione alternativa dei fatti,
in particolare, quella secondo cui gli interventi dell’Halilovic sarebbero riferibili ad un traffico di
automobili; proprio la concatenazione degli avvenimenti, inoltre, rende irrilevante la mancanza
di espliciti riferimenti alla droga nelle conversazioni intercettate, tanto più che ciò difficilmente
avviene nella normalità dei casi, «se non per un qualche errore o per sbadataggine».
In considerazione di quanto appena esposto, deve ritenersi che la sentenza impugnata non
solo ha dato espressamente e correttamente conto degli elementi di fatto e delle ragioni che
hanno fondato il suo convincimento, ma ha anche spiegato perché le prospettazioni alternative
dell’imputato non possono ritenersi credibili.
Questa conclusione, del resto, risulta ulteriormente rafforzata alla luce di quanto emerge
dal testo della sentenza di primo grado, posto che questa è stata espressamente richiamata, in
apertura di motivazione, dalla decisione gravata da ricorso, laddove si dice che «la sentenza
appellata va interamente condivisa e recepita nella presente sede, a parte la modifica sulla
pena». Dalla sentenza di prima cura, infatti, risulta in particolare che: 1) l’Halilovic aveva
affermato di aver organizzato il viaggio per aiutare una donna priva di documenti e di aver
parlato più volte per telefono con il Rivera Paredes senza capire ciò che questi diceva,
utilizzando l’interlocutore la lingua spagnola; 2) la Asmat Contreras aveva invece riferito non di
essere destinataria di un aiuto perché priva di documenti, ma di essere stata contattata per far
da ‘badante’ allo Zannini; 3) il Rivera Paredes aveva dato spiegazioni non omogenee delle sue
conversazioni telefoniche con l’Halilovic.
E’ perciò possibile concludere che neanche la mancata indicazione delle ragioni della
ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni dei coimputati circa l’estraneità dell’Halilovic al fatto
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dello Zannini è Marcello).

in contestazione costituisce un vizio che impone l’annullamento della sentenza impugnata. Il
quadro delle acquisizioni fattuali e delle valutazioni logiche contenute nella sentenza
impugnata, e, per il richiamo espresso da questa compiuto, nella sentenza di primo grado,
inducono infatti all’applicazione del principio, più volte ribadito nella giurisprudenza di
legittimità, secondo cui il dovere di motivazione della sentenza è adempiuto, ad opera del
giudice di merito, attraverso la valutazione globale delle deduzioni delle parti e delle risultanze
processuali, non essendo necessaria l’analisi approfondita e l’esame dettagliato delle stesse,

dimostrandosi di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso sono da considerare
implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate,
siano logicamente incompatibili con la decisione adottata (così Sez. 6, n. 20092 del
04/05/2011, Schowick, Rv. 250105, nonché, in precedenza, Sez. 4, n. 1146 del 24/10/2005,
dep. 2006, Mirabilia, Rv. 233187; in termini analoghi, con riferimento a deduzioni relative alla
mancata concessione di circostanze attenuanti, cfr. Sez. 1, n. 27825 del 22/05/2013, Caniello,
Rv. 256340, e Sez. 6, n. 14556 del 25/03/2011, Belluso, Rv. 249731).
2.2. Anche con riferimento al punto concernente il diniego dell’attenuante della
partecipazione di minima importanza, di cui all’art. 114 cod. pen., la sentenza impugnata si
presenta logicamente e correttamente motivata in ordine alle ragioni che attribuiscono
all’Halilovic un «ruolo […] di primo piano» nella commissione del reato.
La stessa, infatti, ha sottolineato che l’odierno ricorrente, da un lato, fu «promotore ed
organizzatore dell’operazione di acquisto», preoccupandosi di contattare lo Zannini per
l’effettuazione del viaggio e di procurargli l’assistenza della Asmat Contreras, e, dall’altro,
diede «una conferma del ruolo direttivo» (anche) da lui svolto allorché, parlando con il Rivera
Paredes dopo l’arresto dei due “corrieri”, qualificò come un errore la scelta di passare per il
varco di Ventimiglia e ricordò che lo Zannini era stato avvertito di evitare tale percorso.
Il riconoscimento del ruolo di «promotore ed organizzatore dell’operazione di acquisto»,
poi, rende di intuitiva evidenza l’esclusione dei presupposti fattuali per affermare che «l’opera
prestata [dall’Halilovic] abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione
del reato», secondo quanto dispone l’art. 114 cod. pen. Del resto, conferma di tale conclusione
è rinvenibile in uno specifico precedente giurisprudenziale di legittimità, secondo il quale
l’attività di individuazione e di reclutamento dei corrieri per un’operazione di acquisto di droga
all’estero e di trasferimento della stessa in altro Stato non può ritenersi contributo di minima
partecipazione, cui consegue l’applicazione dell’attenuante in questione (così Sez. 6, n. 784 del
25/11/1995, dep. 1996, Sara, Rv. 204116).

3. Il secondo motivo di ricorso, con il quale si contesta l’erronea applicazione della legge
penale e, comunque, la mancanza di motivazione nella determinazione della sanzione irrogata,
è manifestamente infondato.

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per cui è sufficiente che si spieghino le ragioni che hanno determinato il convincimento,

3.1. Innanzitutto, la premessa in diritto da cui parte il ricorrente è erronea: la sentenza
della Corte costituzionale n. 32 del 2014, nel dichiarare l’incostituzionalità dell’art. 73 d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, nel testo modificato dal d.l. 30 dicembre 2005, n. 272, come convertito
nella legge 21 febbraio 2006, n. 49, ha determinato la ‘reviviscenza’ della originaria
disposizione del d.P.R. n. 309 del 1990, cit.; questa, però, con riferimento alle cd. “droghe
pesanti”, tra cui la cocaina, prevede un trattamento sanzionatorio non più mite, bensì più
rigoroso rispetto a quello contemplato a seguito della modifica del 2006 (il minimo edittale è

Euro 26.000 di multa), sicché per i fatti commessi, come nella specie, sotto l’apparente
vigenza della disciplina meno severa si applica quest’ultima, in modo da evitare un
ingiustificato sacrificio del diritto di affidamento dell’imputato. Si consideri, poi, che la sentenza
di primo grado era stata pronunciata quando già si era verificato il fenomeno della
‘riviviscenza’ delle sanzioni originariamente previste dal d.P.R. n. 309 del 1990, e doveva
comunque anch’essa avere a riferimento la disciplina (apparentemente vigente) introdotta dal
d.l. n. 272 del 2005, come convertito nella legge n. 49 del 2006, in quanto più favorevole.
Può perciò rilevarsi che la sentenza del giudice di appello, lungi dal violare il divieto di

reformatio in peius, ha inflitto una pena più mite di quella irrogata in prima cura, pur avendo
come oggettivo termineMferimento la medesima cornice edittale vigente al momento della
pronuncia di primo grado.
3.2. Quanto al profilo motivazionale, è sufficiente osservare che la pena-base in concreto
individuata dalla Corte distrettuale non solo è stata fissata in una misura non lontana dal
minimo edittale, ma è stata espressamente giustificata «in relazione al ruolo, ai precedenti ed
alla quantità pura di cocaina», obiettivamente rilevante, nonché diminuita per la concessione
delle attenuanti generiche nella misura massima possibile.

4. Conclusivamente, deve essere rigettato il ricorso proposto nell’interesse di Halilovic
Simeone, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24 novembre 2015

Il Consigliere estensore

pari ad anni otto di reclusione ed Euro 25.822 di multa e non più ad anni sei di reclusione ed

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