Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7715 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7715 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: LA POSTA LUCIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ABBATE DAMIANO N. IL 02/08/1963
avverso la sentenza n. 1811/2010 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 17/07/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA;

DEPOSITATA!

IN CANCELLERIA/
18 FEB 2014

Data Udienza: 12/11/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Reggio Calabria
confermava la decisione di primo grado con la quale, all’esito del giudizio abbreviato,
Damiano Abbate veniva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione in
relazione al reato di cui all’art. 9, comma 2, legge n.1423 del 1956 per avere violato la
prescrizione di non associarsi a persone pregiudicate.

2. Propone ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore di fiducia,

lamentando, in specie, la insussistenza del reato contestato sotto il profilo oggettivo e
soggettivo, trattandosi di incontri occasionali e essendo molte delle persone indicate
prossimi congiunti.
Lamenta, altresì, la violazione dell’art. 133 cod.pen. ed il vizio della motivazione
avuto riguardo alla determinazione della pena e al mancato riconoscimento delle
circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le doglianze del ricorrente in ordine alla configurabilità del reato si sostanziano in
censure di fatto e nella mera riproposizione dei rilievi dedotti con l’atto di appello sui quali
la Corte territoriale ha motivato compiutamente, facendo corretta applicazione dei principi
di diritto più volte affermati da questa Corte ed evidenziando il numero elevatissimo di
segnalazioni delle frequentazioni del ricorrente.
Sono, altresì, manifestamente infondati, oltre che palesemente generici, i rilievi
relativi alla entità della pena inflitta ed al mancato riconoscimento delle invocate
circostanze attenuanti generiche. Infatti, la Corte di merito ha evidenziato che non
sussistono elementi valorizzabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti richieste,
tenuto conto dei precedenti penali, e che per le stesse ragioni la pena inflitta deve
ritenersi congrua e conforme ai criteri di cui all’art. 133 cod.pen. .
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di una sanzione pecuniaria che pare congruo
determinare in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa della
ammende.
Così de iso, il 12 novembre 2013.

denunciando la violazione di legge ed il vizio della motivazione della sentenza impugnata,

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