Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7712 del 24/11/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 7712 Anno 2016
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
Bommarito Caterina, nata a Partinico il 5/09/1985,
avverso la sentenza n.36 dell’ 8/1/2015 emessa dalla prima sezione penale
della Corte d’appello di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Angelo Costanzo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Vito
D’Ambrosio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 24/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1.

Va preliminarmente rilevato che l’avvocato Cinzia Pecoraro, difensore

legittimo impedimento. L’impegno professionale del difensore in altro
procedimento costituisce legittimo impedimento per assoluta impossibilità a
comparire ai sensi dell’art.420-ter, comma 5, cod.proc.pen., a condizione che il
difensore prospetti l’impedimento appena conosciuta la contemporaneità dei
diversi impegni, indichi specificamente le ragioni che rendono essenziale
l’espletamento della sua funzione nel diverso processo e rappresenti l’assenza in
detto procedimento di un codifensore che possa validamente difendere
l’imputato, nonché l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art.102
cod.proc.pen., sia nel processo a cui intende partecipare sia in quello del quale
chiede il rinvio. La mera concomitanza di altri impegni professionali non integra
di per sé un legittimo impedimento, perché, se così si ritenesse, si rimetterebbe
all’arbitrio del difensore la decisione circa quale dei due procedimenti
privilegiare, quando, al contrario, il rinvio per concomitante impegno
professionale del patrono deve costituire una condizione riconosciuta dal giudice
come obiettiva impossibilità di prestare la propria opera in una sede processuale,
a causa di un concomitante e (in quel momento) ‘prevalente’ impegno difensivo
(Cass.pen.: Sez.U., n.4909 del 18/12/2014, dep.2015, Rv.262912; Sez.6,
n.20130 del 4/3/2015, Rv.263395). In questa sede, il difensore non ha illustrato
l’impossibilità di avvalersi di un sostituto ai sensi dell’art.102 cod.proc.pen., nel
processo del quale chiede il rinvio e, pertanto, la sua istanza non può essere
accolta.

2.

Con il ricorso in esame, la Difesa di Bommarito Caterina chiede che la

sentenza n.36 dell’8/1/201T, con la quale la prima sezione penale della Corte
d’appello di Palermo ha confermato la sentenza di condanna emessa dal
Tribunale di Palermo, sia annullata. In primo luogo, a sostegno della richiesta,
adduce che la sentenza della Corte d’appello mancherebbe di motivazione e
traviserebbe le prove perché le dichiarazioni di Lo Biondo Giuseppe, correo
(imputazioni ex artt.61 n.4, 61 n.5, 110 e 630, commi 1 e 3, cod.pen.) di
2

dell’imputata, ha fatto pervenire istanza di rinvio della trattazione per suo

Bommarito Vincenzo, fratello della ricorrente, nel sequestro di Licari Piero
avvenuto il 13 gennaio 2007- contrastanti con quelle rese dalla ricorrente e atte
a costituire un alibi per il fratello – sarebbero inattendibili e prive di riscontri
esterni. In secondo luogo, la Corte di Appello avrebbe errato nel non avere
riconosciuto la causa di non punibilità prevista dall’art.384 cod.pen..

CONSIDERATO IN DIRITTO

La sentenza impugnata addebita alla ricorrente di avere falsamente

affermato che: a) nel tardo pomeriggio del 13 gennaio 2007, si recò con il padre
presso la masseria di contrada lato per prelevare il fratello Bommarito Vincenzo
e poi ritornare assieme a lui nella casa di famiglia a Borgetto fra le 18,30 e le 19
circa; b) suo fratello Vincenzo nella notte fra il 13 e il 14 gennaio 2007 si trovava
a casa prima della mezzanotte.
La predetta sentenza della Corte di Appello di Palermo evidenzia che la
dettagliata ricostruzione dei fatti fornita da Bommarito Caterina in udienza
(4/2/2008) “mal si concilia” con le dichiarazioni da lei rese a; Carabinieri il
14/2/2007, affermando di non ricordare cosa avesse fatto il fratello nei giorni del
sequestro di Licari, e “contrasta” con le dichiarazioni di Lo Biondo Giuseppe.
Costui, in occasione dell’incidente probatorio del 13/1/2007, confessava di avere
sequestrato Licari assieme a Bommarito Vincenzo e, dalla descrizione delle
condotte sue e del correo si evince che essi stettero assieme sino a poco prima
delle 20,06 e – successivamente – dalle ore 21 alle ore 1 della notte fra il 13 e il
14 gennaio 2007. Inoltre, nella motivazione della sentenza impugnata si dà
ampiamente atto (pag.6) dei molteplici e rilevanti riscontri oggettivi alle
dichiarazioni di Lo Biondo e sono sviluppate (pag.7) idonee argomentazioni circa
la attendibilità intrinseca e estrinseca della chiamata in correità di Lo Biondo nei
confronti di Bommarito Vincenzo. Anche sulla base di questi dati Bommarito
Vincenzo è stato condannato per il reato ascrittogli con sentenza
della Corte di Assise di Palermo del 27/03/2008, irrevocabile il 7/04/2010 e in
relazione alla quale la Corte di Cassazione (sent.n.25818 dell’11/10/2013,
dep.2014) ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione avanzata
nell’interesse di Bommarito Vincenzo. Su queste basi il ricorso risulta
manifestamente infondato.

2.

Anche il secondo motivo di ricorso risulta manifestamente infondato.

Non è contestato che Bommarito Caterina abbia rinunciato a avvalersi della
facoltà prevista dall’art.199 cod.proc.pen. e la causa di esclusione della punibilità
3

1.

dello stato di necessità prevista dall’art.384 cod.pen. non opera nell’ipotesi in cui
il testimone abbia deposto il falso, pur essendo stato avvertito della facoltà di
astenersi e avendovi rinunciato (Cass.pen.: Sez.Un., n.7208 del 29/11/2007,
dep.2008, Rv.238383; Sez.6, n.42818 del 14/05/2013, Rv.257147).
Chi, in stato di potenziale incompatibilità a testimoniare

ex

art.199

cod.proc.pen., in quanto prossimo congiunto dell’imputato, abbia scelto di non
astenersi dalla testimonianza, assume la qualità di testimone al pari di ogni altro
soggetto chiamato a testimoniare, con tutti gli obblighi connessi alla qualità di

secondo verità alle domande che gli sono rivolte”.

“rispondere

Con la scelta di deporre

effettuata dallo stesso interessato, vengono meno le ragioni giustificanti la tutela
della sua peculiare posizione di prossimo congiunto. Una soluzione di segno
contrario introdurrebbe una figura di testimone con facoltà di mentire
incompatibile con il sistema processuale e legittimerebbe il mendacio processuale
intrafamiliare con evidenti effetti nefasti sul funzionamento dell’amministrazione
della Giustizia, bene giuridico tutelato dall’art.372 cod.pen..

P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della
Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2015

Il Consigliere estensore

testimone dettati dall’art.198 cod.proc.pen., sicché è tenuto a

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