Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7700 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7700 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GALATOLO ANGELO N. IL 10/02/1967
avverso la sentenza n. 1096/2012 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 21/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 6 ottobre 2011 il Tribunale di Palermo dichiarava
l’imputato Angelo Galatolo colpevole del delitto di cui all’art. 9 comma 2 legge n.
1423/56, contestatogli per avere violato l’obbligo di presentarsi all’autorità di
pubblica sicurezza, preposta alla vigilanza sull’osservanza delle prescrizioni inerenti
la misura di prevenzione della sorveglianza speciale, fatto commesso in Palermo il
5, 7 e 10 marzo 2008 e, per l’effetto, unificati i reati nel vincolo della continuazione,

pagamento delle spese processuali.
1.1 Con sentenza resa il 21 dicembre 2012 la Corte di Appello di Palermo,
investita dell’appello proposto dall’imputato, in parziale riforma della sentenza di
primo grado, che confermava nel resto, escludeva la recidiva contestata e riduceva
la pena inflittagli ad anno uno e mesi sei di reclusione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato a
mezzo del suo difensore, chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio
di motivazione in relazione al disposto dell’art. 27 Cost. e dell’art. 133 cod. pen., in
quanto la Corte territoriale aveva confermato il trattamento sanzionatorio inflittogli
in base alla considerazione della capacità a delinquere ritenuta non comune, ma
senza tener conto del modesto disvalore penale del fatto, che avrebbe dovuto
essere punito con pena prossima al minimo edittale in ossequio alla funzione
rieducativa della pena.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su censure generiche e
manifestamente infondate.
1.In primo luogo è privo di qualsiasi fondamento l’assunto, secondo il quale la
sentenza impugnata avrebbe confermato il trattamento sanzionatorio, individuato
dai giudici di primo grado, avendo, al contrario, ridotto la pena per effetto
dell’esclusione della recidiva contestata.
1.1 Inoltre, il provvedimento impugnato, adeguatamente e logicamente
motivato, resiste alle censure genericamente formulate in ricorso, ove si consideri
che la Corte territoriale, nel valutare il profilo dell’adeguatezza e congruità della
pena inflitta, ha preso in considerazione i gravi e numerosissimi precedenti penali
dell’imputato, alcuni specifici, e ha ritenuto che gli stessi evidenziassero una
personalità negativa, caratterizzata da non comune capacità a delinquere. Non ha
nemmeno ignorato la censura che deduceva il modesto disvalore sociale delle
condotte giudicate, rilevando che in senso contrario militava l’assoluta indifferenza +
1
(

lo condannava alla pena di anni due e mesi tre di reclusione, oltre che al

dimostrata dall’imputato per l’osservanza degli obblighi impostigli.
1.2 La decisione contestata è dunque supportata da motivazione, che è
tutt’altro che apparente o contraddittoria, in quanto, oltre ad essere in sé logica e
coerente, risulta in linea col dettato normativo dell’art. 133 cod. pen., dal momento
che ha giustificato le scelte operate in materia di dosimetria della pena alla luce dei
fatti, della personalità del loro autore e della sua capacità a delinquere, offrendo
puntuale e ben motivata applicazione dei criteri di valutazione dettati dalla norma
sopra citata.

considerazione per invocarne una diversa e più favorevole considerazione,
operazione preclusa nel giudizio di legittimità, destinato esclusivamente alla verifica
circa la corretta applicazione delle norme di legge sostanziali e processuali e la
tenuta logica dell’apparato giustificativo dei provvedimenti giudiziari.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa
insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima
equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

1.3 Per contro, l’impugnazione si limita a richiamare profili fattuali già presi in

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