Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7699 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7699 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IONESCU ILEANA N. IL 16/03/1962
avverso la sentenza n. 7405/2011 TRIBUNALE di ROMA, del
17/05/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto
1.Con sentenza resa il 17 maggio 2012 il Tribunale di Roma, concesse le
circostanze attenuanti generiche, condannava Ileana Ionescu alla pena di euro
300,00 di ammenda, al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei
danni in favore della parte civile costituita, in quanto ritenuta responsabile del reato
di cui all’art. 660 cod. pen., denunciato il 5/3/2009 ed il 20/4/2009, perché per

continue telefonate sulle utenze telefoniche in uso al medesimo ed ai suoi familiari,
nonché con ripetute chiamate al citofono della sua abitazione, appostandosi
dinnanzi al portone di casa e lasciando altresì dei bigliettini manoscritti sul
parabrezza dell’autovettura del Gilardo.
1.1 La sentenza fondava il giudizio di reità su quanto denunciato dalla parte
lesa, la quale aveva riferito che, dopo aver intrattenuto per anni una relazione
extraconiugale con l’imputata, conosciuta perché badante della propria madre ed
ospitata a sue spese in un’abitazione fuori Roma, quando aveva deciso di
interromperla perché la cosa era venuta a conoscenza della moglie, la donna aveva
iniziato a tempestarlo di chiamate per cercare di riconquistarlo, quindi aveva
insistito nell’inviargli lettere e bigliettini per convincerlo a riprendere la loro
relazione.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata a
mezzo del suo difensore, il quale si duole di:
a) nullità degli atti processuali e della sentenza impugnata ex art. 179 cod. proc.
pen.; ella aveva ignorato inconsapevolmente il procedimento ed il relativo decreto
di citazione a seguito di un’erronea declaratoria di irreperibilità, a causa della quale
non aveva potuto apprestare un’adeguata difesa e far presente che la relazione
extraconiugale con la parte civile era proseguita anche dopo le denunce ed in
costanza di celebrazione del processo, sicchè le chiamate e le lettere inoltrate non
erano state affatto sgradite, né moleste;
b) manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale ritenuto che le
condotte poste in essere avessero rappresentato un atteggiamento di arrogante
invadenza nella vita altrui, mentre proprio il fatto che, nonostante l’avvenuto
cambio delle utenze telefoniche, l’imputata fosse riuscita a conoscere il nuovo
numero, dimostrava che ella era rimasta in affettuosi rapporti col Gilardo, dal quale
lo aveva appreso e non poteva configurarsi alcuna molestia nell’inoltro di lettere,
che sarebbe bastato non leggere e cestinare subito per non doverne subire alcun
disturbo. Inoltre, per fatti analoghi e temporalmente vicini, la stessa era stata
mandata assolta perché il fatto non sussiste.

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petulanza o per altro biasimevole motivo arrecava molestie a Pasquale Gilardo con

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile.
1.In primo luogo va esclusa la nullità degli atti e della sentenza impugnata per
omessa citazione a giudizio dell’imputata, la quale con decreto emesso dal
Procuratore della Repubblica procedente è stata dichiarata irreperibile dopo che
erano stati espletati accertamenti anagrafici, che avevano escluso la sua iscrizione
nei registri del comune ove aveva svolto l’ultima attività lavorativa ed erano state

per ignota destinazione, sia presso il centro “Caritas” ove la stessa era nota, sia
presso gli istituti penitenziari, dai quali era risultata assente. Tali ricerche non
avevano sortito alcun esito, essendo rimasti ignoti il luogo di abitazione e persino la
permanenza in Italia. Pertanto, correttamente, secondo il disposto dell’art. 159 cod.
proc. pen., le è stato designato un difensore d’ufficio, al quale è stato notificato il
decreto di citazione innanzi al Tribunale di Roma.
1.1 Oltre a tali rilievi, va osservato che il ricorso si limita a sostenere
l’incolpevole ignoranza della pendenza del procedimento da parte dell’imputata, ma
non sostanzia in modo dettagliato le ragionied i presupposti di fatto dell’eccezione
processuale formulata, che, per quanto rilevabile anche d’ufficio, richiede comunque
l’attivazione del proponente nel dedurre i motivi in fatto o in diritto sui quali si basa
l’affermata nullità degli atti e nel dimostrare gli eventi processuali posti a
fondamento dell’eccezione (Cass. sez. 5, n. 600 del 17/12/2008, Cavallaro, rv.
242551; sez. 5, n. 1915 del 18/11/2010, Durantini e altri, rv. 249048).
2. Quanto al secondo motivo di gravame, la motivazione della sentenza
impugnata, adeguata nel suo logico dispiegarsi, ha analizzato gli elementi probatori
acquisiti, ossia la testimonianza della parte lesa denunciante e della moglie sui
comportamenti tenuti dall’imputata, la quale, rifiutatasi di accettare bonariamente
la fine della relazione col Gilardo ed intenzionata ad imporre le sue profferte
amorose per riconquistarlo, aveva preso a telefonargli alle sue utenze, a suonare al
citofono, a lasciargli lettere e messaggi, con ciò arrecando molestie e disturbo alla
persona dell’ex amante ed alla sua vita familiare. A tale ricostruzione delle condotte
moleste la ricorrente oppone argomentazioni in punto di fatto, che prospettano una
completa rivisitazione delle risultanze probatorie ed una loro valutazione alternativa
rispetto a quella operatane dalla decisione di merito.
2.1 Siffatta rilettura delle emergenze fattuali della causa, finalizzata a
sostenere che i contatti telefonici ed i messaggi erano tutt’altro che sgraditi al
Gilardo per avere costui ripreso la relazione con l’imputata e che essi non
integravano atteggiamento pelutante, è compatibile con altra impugnazione quale
l’appello, ma non è esperibile nel giudizio di legittimità, avuto riguardo alla
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condotte approfondite ricerche sia presso l’ultimo alloggio, risultato abbandonato

completezza e linearità espositiva, pur nella sua sintesi, della sentenza impugnata e
dei corretti passaggi argomentativi attraverso i quali la stessa ha concluso per la
sussistenza del reato attribuito all’imputata, tenuto conto, in particolare, della
pluralità delle denunce e del rilievo di quanto verificato personalmente dalla parte
lesa, non risultata da altri elementi essere spinta da intenti calunniatori, né animata
da propositi vendicativi contro l’imputata.
2.2 Parimenti estraneo all’ambito delle censure valutabili da questa Corte
risulta il preteso contrasto tra la sentenza in verifica ed altra pronuncia, resa

delitto di cui all’art. 660 cod. pen. riguardante condotte precedenti, ma analoghe in
punto di fatto; si tratta di documento che non risulta prodotto nel corso del giudizio
di primo grado e le cui motivazioni, secondo quanto esposto nello stesso ricorso, si
basano sulla mancata dimostrazione in dibattimento delle accuse mosse con la
denuncia sporta dal Gilardo, situazione ben diversa da quanto verificatosi nel
presente procedimento, nel quale è stata acquisita anche la versione dei fatti resa
dalla di lui moglie.
Per le considerazioni esposte, il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali
nonché al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, che si
stima equo determinare in C 1.000,00.

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

sempre dal Tribunale di Roma, che aveva mandato assolta la Ionescu dal medesimo

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