Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7696 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7696 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
UKA SABRI N. IL 15/02/1981
avverso la sentenza n. 1236/2010 CORTE APPELLO di TRIESTE, del
16/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 16.10.2012, la corte d’appello di Trieste
riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Trieste del 23.3.2010, che
aveva condannato UKA Sabri, riqualificando il reato a lui contestato come
violazione dell’art.12 c. 1 e 3 bis d.lgs 286/1998 e rideterminava la pena in anni
uno di reclusione ed euro 3000 di multa; la corte riteneva che a carico

a fare entrare in Italia il fratello Uka Sakip in condizioni di clandestinità, prova
rappresentata dall’esito di intercettazioni telefoniche e di perquisizione domiciliare;
era stato infatti rinvenuto presso l’abitazione dell’imputato il decreto di espulsione
del Sakip in data 14.1.2009 che dava conferma che costui fosse entrato in Italia.
Veniva confermata l’aggravante del numero delle persone, poiché era accertato che
concorsero più soggetti nell’operazione, mentre veniva esclusa l’aggravante di aver
agito per motivi di lucro.

Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
personalmente, deducendo violazione dell’art. 606 lett. d) per mancata assunzione
di prova decisiva ed in particolare di perizia fonica, onde ricondurre le telefonate
intercettate all’imputato, non risultando sufficiente che l’interlocutore delle
telefonate intercettate si sia qualificato come fratello di Sakip: non sarebbe in
discussione che l’interlocutore sia sempre stato lo stesso, bensì che costui si
potesse identificare nell’imputato. La perizia andava considerata come decisiva,
potendo eliminare i dubbi insorti ed inficiare ogni altra risultanza. Viene quindi
lamentato un vizio di motivazione sul punto.

Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati; i giudici del merito
hanno adeguatamente argomentato sulla sussistenza di prove di colpevolezza
dell’imputato, dando conto degli elementi raccolti, correttamente valutati secondo
un percorso logico argomentativo privo di mende logiche ogiuridiche. A ricondurre
all’imputato l’attività di reato in contestazione sono stati valorizzati il dato che
l’utenza telefonica utilizzata per le telefonate era intestata all’imputato e fu
rinvenuta sulla sua persona in sede di perquisizione; che la persona che
conversava era sempre la stessa e si qualificò come fratello del Sakip; che gli altri
soggetti a nome UKa di cui si rinvenne traccia nell’abitazione dell’imputato non
risultavano fratelli, ma al più cugini dell’imputato: in tale contesto i giudici del
merito hanno correttamente valutato la convergenza di elementi conducenti
all’imputato, senza necessità di disporre una perizia fonica. La valutazione operata
rientra nell’ambito della plausibile opinabilità di apprezzamento e non può formare

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dell’imputato ricorreva la prova che avesse compiuto nell’aprile 2008 attività diretta

oggetto di contestazione in sede di legittimità. Nessun addebito è poi seriamente
avanzabile quanto alla completezza della motivazione che non si è sottratta nel
verificare le opposte tesi.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della- ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di

cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
mille, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 12 Novembre 2013.

inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della

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