Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7685 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7685 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TRIMBOLI ROCCO N. IL 18/03/1979
avverso la sentenza n. 595/2011 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 04/10/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto e in diritto

Con sentenza resa il giorno 4.10.2012, la corte d’appello di Reggio Calabria
confermava la sentenza del Tribunale di Locri, in composizione monocratica del
7.7.2011, che aveva condannato alla pena di anni uno e mesi due di reclusione
TRIMBOLI Rocco, per il reato di cui alli art. 9 L. 1423/1956, per avere violato le
prescrizioni a lui imposte, relativamente alla sorveglianza speciale a cui era

era stato ripetutamente colto dal giugno 2010 al marzo 2011, in Platì, a
frequentare soggetti pregiudicati, quali Perre Rosario, Grillo Rocco, Barbaro
Lorenzo, Papalia Antonio e Trimboli Antonio. Veniva evidenziato che la
frequentazione con tali soggetti era del tutto indipendente dall’autorizzazione che
era stata data all’imputato di svolgere attività lavorativa e che non poteva rilevare
che in Platì vi fosse un’alta percentuale di persone pregiudicate e che alcune di
quelle menzionate fossero parenti dell’imputato.

Avverso tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
personalmente, deducendo erronea applicazione della legge penale, in relazione
all’art. 9 I. 1423/1956 e 192 cod.proc.pen.: l’imputato solo occasionalmente -e per
motivi di lavoro- avrebbe avuto sporadici contatti con i menzionati, cosicchè l’aver
incontrato in qualche occasione persone pregiudicate, durante lo svolgimento della
propria attività non sarebbe sufficiente ad integrare il delitto in contestazione.

Il ricorso è basato su motivi in parte in fatto e quindi non consentiti in sede
di legittimità ed in parte manifestamente infondati; i giudici del merito hanno
adeguatamente argomentato sulla sussistenza di prove di ripetuta violazione delle
prescrizioni ad opera del ricorrente, sottolineando l’inconsistenza delle
giustificazioni addotte, poiché gli incontri accertati dagli operanti non consistevano
in fugaci saluti o contatti occasionali collegati all’attività lavorativa svolta
dall’imputato, ma in incontri ripetuti e ravvicinati nel tempo e quindi non consentiti.
Nessun deficit motivazionale può quindi essere lamentato.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la
condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di
elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), al versamento a favore della
cassa delle ammende di sanzione pecuniaria, che pare congruo determinare in euro
mille, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen.

2

sottoposto; la corte ribadiva che l’imputato, sottoposto all’obbligo di soggiorno,

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della cassa delle
ammende.

Così deciso in Roma, 12 Novembre 2013.

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