Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7670 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7670 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GANGEMI ANTONIO N. IL 17/03/1961
avverso l’ordinanza n. 335/2012 CORTE APPELLO di ROMA, del
12/09/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

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Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto e in diritto.

Con ordinanza emessa il giorno 12.9.2012 il Tribunale di Roma , in composizione
collegiale ed funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza formulata da
GANGEMI Antonio, di applicazione del regime del reato continuato, relativamente ai
reati giudicati con due sentenze 5.2.2010 Tribunale di Roma e 3.12.2010 Corte
d’appello di Roma , con riguardo a fatti in materia di violazione legge stupefacente,

poteva essere ravvisato, poiché non era stato provato l’unitario progetto, seppure a
fronte di una contiguità cronologica tra gli addebiti, poiché gli stessi risultavano
comunque frutto di autonome determinazioni con carattere di occasionalità.
L’omogeneità delle due violazioni veniva considerato fattore insufficiente di per sé a
fare ritenere l’unicità del disegno criminoso, né poteva fungere da collante lo stato di
tossicodipendenza, atteso che la consumazione dei due reati era stata intervallata da
un periodo di carcerazione domestica, in relazione al primo dei due reati, carcerazione
che veniva ritenuta con attitudine dimostrativa di frattura nella unicità del disegno
unitario, di un cambio di strategia e quindi di una nuova programmazione, atteso che la
sopravvenuta detenzione non potè che condizionare la possibilità di procacciamento
della sostanza, così come dimostrava il fatto che l’istante dovette rivolgersi a fornitore
di maggiore calibro, rispetto a quello a cui in precedenza si riforniva.

Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto, pel

tramite del! difensord, per dedurre vizio di motivazione, ritenuta manifestamente
illogica e contraddittoria: il tribunale avrebbe dovuto

inferire l’esistenza di una

progettualità unitaria in considerazione della identità di reati, della contestualità di
tempo e di luogo, dello stato di tossicodipendenza. Tali fattori , ciascuno aggiunto ad
un altro, avrebbe dovuto incrementare la possibilità dell’accertamento dell’esistenza di
un medesimo disegno criminoso. Secondo la difesa il fatto che il secondo reato sia stato
commesso in stato di arresti domiciliari non valeva in senso preclusivo, ma era
dimostrativo che egli continuò ad operare sull’onda della medesima spinta criminosa.
Con riferimento poi alla tossicodipendenza del Gangemi andava valutata quale collante,
considerato che mai si interruppe e che purtroppo si vide costretto ad operare lo spaccio
per mantenersi il consumo.

Il ricorso è basato su motivi in parte in fatto e quindi non consentiti, ed in
parte manifestamente infondati, quanto al denunciato vizio di motivazione. I giudici
dell’esecuzione hanno esaminato le due sentenze e rilevato la mancanza di ancoraggio
per poter desumere la sussistenza di un’unica ideazione, laddove i singoli reati devono
essere valutati come frutto di stimolazioni a delinquere, non riconducibili ad una

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commessi il 14.2.2009 ed il 5.3.2010. Il tribunale a quo riteneva che il vincolo non

progettazione di massima, atteso il loro carattere del tutto occasionale. La valutazione
operata non si espone a critiche in termini di inadeguatezza del discorso giustificativo,
poiché correttamente non è stata valorizzata l’omogeneità delle azioni che di per sé è
caratteristica troppo generica per accreditare l’unitarietà, mentre è stata valorizzata la
soluzione di continuità tra i due reati, rappresentata dalla intervenuta detenzione ,
adeguatamente interpretata come fattore di interruzione di un eventuale unitario
disegno. Quanto al profilo della tossicodipendenza, il tribunale si è attestato sulla

fondare il vincolo della continuazione, laddove difettino i requisiti essenziali dell’istituto
(Sez. I, 7.7.2010, n. 33518, Rv 248124); nel caso di specie la valutazione è stata
condotta nell’ambito degli spazi di opinabilità di apprezzamento, non censurabili in
detta sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a
favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

p.q.m.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.
Così deciso in Roma, 12 Novembre 2013.

linea interpretativa di questa Corte , secondo cui il fattore di per sé non è idoneo a

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