Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7664 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7664 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: CAPRIOGLIO PIERA MARIA SEVERINA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CANTONE FRANCESCO N. IL 10/03/1963
avverso l’ordinanza n. 5/2012 CORTE ASSISE di SANTA MARIA
CAPUA VETERE, del 28/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA
SEVERINA CAPRIOGLIO;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto e in diritto.

Con ordinanza emessa il giorno 28.12.2012, la corte d’assise presso il Tribunale
di S. Maria Capua Vetere, in funzione di giudice dell’esecuzione, rigettava l’istanza
formulata da CANTONE Francesco, collaboratore di giustizia, di applicazione del regime
del reato continuato, relativamente al reato di omicidio, giudicato con sentenza Corte
d’assise di S. Maria Capua Vetere 17.1.2012, ed i reati ricompresi nell’ordinanza della

cui il reato associativo ex art. 416 bis cod.pen, sul presupposto che il fatto che un
omicidio sia stato strumentale al rafforzamento dell’operatività dell’associazione
criminosa, non integra di per sé vincolo di continuazione, laddove risulti carente la
preventiva previsione unitaria; in particolare veniva ritenuto che non era possibile
ricostruire un unitario disegno in cui collocare l’omicidio suindicato come diretta
derivazione dalla partecipazione del Cantone al clan dei casalesi ed ipotizzare che la
deliberazione omicida esplosa il 3.8.1991, fosse insorta fin dal 1982 , quando Cantone
si affiliò al gruppo criminale.

Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto, pel
tramite del difensore, per lamentare violazione dell’art. 81 cod.pen. e vizio di
motivazione per illogicità: i giudici a quibus non avrebbero valutato adeguatamente che
nella parte motiva delle sentenze emergeva che i reati perpetrati dallo stesso
costituivano la piena attuazione del programma delittuoso della societas sceleris di
adesione che, essendo stata contestata come perdurante, doveva considerasi attuale.

Il ricorso è basato su motivi manifestamente infondati: i giudici dell’esecuzione
hanno esaminato le sentenze e rilevato l’assoluta mancanza di ancoraggio per poter
desumere la sussistenza di un’unica ideazione risalente fino al 1982, laddove l’omicidio
del 1993, seppure commesso in una logica associativa, doveva ritenersi frutto di
stimolazioni a delinquere successivamente venuta alla luce e non riconducibili alla

corte d’appello di Napoli in data 4.10.2011 che aveva unificato taluni reati tra loro, tra

progettazione di massima che animò l’insorgere della partecipazione all’associazione.
La valutazione operata non si espone a critiche in termini di inadeguatezza del
discorso giustificativo, poiché correttamente è stato considerato il fattore distanza
temporale che è indice significativo di dilatazione nel tempo e quindi di difficile
compatibilità con una progettazione unitaria; nel caso di specie la valutazione rientra
nell’ambito degli spazi di opinabilità di apprezzamento, non censurabili in detta sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed in mancanza di elementi atti ad
escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento a

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favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare
in euro mille, ai sensi dell’ art. 616 c.p.p.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa della ammende.

Così deciso in Roma, 12 Novembre 2013.

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