Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7657 del 09/11/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7657 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BRATU MARIAN ALIAS… N. IL 22/02/1978
avverso la sentenza n. 6683/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di ANCONA, del 19/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;

Data Udienza: 09/11/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Ancona, con sentenza del 19/2/2015, ha applicato a Bratu
Marian, alias Karastanov Nicolae, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., la pena di
anni due e mesi due di reclusione ed € 1.000 di multa per sei furti aggravati
commessi in varie località della Marche nei mesi di agosto e settembre 2012.

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
lamentando la violazione della legge n. 69 del 22 aprile 2005, degli artt. 8 e 129

a) è stato giudicato a seguito di estradizione dal proprio paese di origine in virtù
di un mandato di arresto europeo avente ad oggetto esclusivamente i reati di cui
ai numeri 52, 53, 54 e 55 della rubrica, mentre è stato giudicato anche per i
reati di cui ai nn. 50 e 51;
b) è stato comunque giudicato da giudice incompetente, essendo competente il
Tribiunale di Macerata;
c) il giudice di prime cure avrebbe dovuto spiegare le ragioni per cui ha applicato
la pena richiesta e ritenute insussistenti cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il proposto ricorso è inammissibile, ex art. 606 c.p.p., comma 3, perché
proposto per motivi manifestamente infondati o altrimenti inammissibili.
Quanto al primo motivo, va considerato che – a parte la genericità della
deduzione, non essendo stato provato che il mandato di arresto europeo sia
stato emesso solo per i reati rubricati ai nn. 52-55, e non anche per quelli
rubricati ai nn. 50-51 – che la richiesta di patteggiamento per tutti i reati per cui
è procedimento implica l’accettazione del giudizio anche per i reati
eventualmente non compresi nel M.A.E., giacché detta richiesta implica la
rinuncia al principio di specialità, di cui agli artt. 32 e 26 della legge n. 69/2005
(Cass., n. 10473 del 9/102014).
Inoltre, la richiesta di patteggiamento implica rinuncia all’eccezione
d’incompetenza per territorio, la quale, a differenza del difetto di giurisdizione e
dell’incompetenza per materia, nei limiti della prima parte del primo comma
dell’art. 21 cod. proc. pen., non ha natura inderogabile e non può pertanto
essere rilevata “ex officio” (Cass., n. 44132 del 7/10/2008).
Quanto all’ultimo motivo, come questa Corte ha ripetutamente affermato
(cfr. ex plurimis Cass. S.U. 27 settembre 1995, Serafino, e N. 33214 del
2/7/2013), l’obbligo della motivazione della sentenza di applicazione concordata

2

cod. proc. pen., in quanto:

della pena va conformato alla particolare natura della medesima e deve ritenersi
adempiuto qualora il giudice dia atto, ancorché succintamente, ovvero
implicitamente, come appunto è avvenuto nella fattispecie che ci occupa, di aver
proceduto alla delibazione degli elementi positivi richiesti (la sussistenza
dell’accordo delle parti, la corretta qualificazione giuridica del fatto, l’applicazione
di eventuali circostanze ed il giudizio di bilanciamento, la congruità della pena, la
concedibilità della sospensione condizionale della pena ove la efficacia della
richiesta sia ad essa subordinata) e di quelli negativi (che non debba essere
pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p.).

ipotesi di cui all’art. 129 c.p.p., deve essere accompagnato da una specifica
motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti
emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non
punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta
la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per una
pronuncia di proscioglimento ai sensi della disposizione citata. Non è consentito,
dunque, all’imputato, ne’ al rappresentante del Pubblico Ministero, dopo
l’intervenuto e ratificato accordo, proporre questioni in ordine alla mancata
applicazione dell’art. 129 c.p.p., senza precisare per quali specifiche ragioni detta
disposizione avrebbe dovuto essere applicata nel momento del giudizio.
Il ricorso deve essere quindi dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non
emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.500,00 (millecinquecento)
a titolo di sanzione pecuniaria.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.500 a favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 9/11/2015

In particolare, il giudizio negativo in ordine alla ricorrenza di una delle

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