Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7654 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7654 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
ALISEO GIUSEPPE N. IL 04/01/1958
avverso l’ordinanza n. 1/2010 TRIB.SEZ.DIST. di MAZARA DEL
VALLO, del 07/01/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 7 gennaio 2013 il Tribunale di Marsala, sezione
distaccata di Mazara del Vallo, deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione su
istanza del locale Procuratore della Repubblica, revocava nei confronti di Giuseppe
Aliseo il beneficio dell’indulto, concessogli con l’ordinanza del Tribunale di Marsala in
data 18/3/1991 e con sentenza del Pretore di Marsala, sezione distaccata di
Castelvetrano, del 24/2/1993.

l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per violazione ed
erronea applicazione della legge penale, in quanto il Tribunale non aveva specificato
la pena che era stata inflitta con le sentenze, ritenute causa di revoca dell’indulto,
con ciò pregiudicando la possibilità di verificare la congruità del calcolo effettuato.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile.
1.11 provvedimento impugnato, adeguatamente e logicamente motivato,
resiste alle censure formulate in modo generico col ricorso, ove si consideri che il
giudice dell’esecuzione ha rilevato che l’Aliseo, successivamente alla concessione
dell’indulto con l’ordinanza del Tribunale di Marsala in data 18/3/1991 e con
sentenza del Pretore di Marsala, sezione distaccata di Castelvetrano, del 24/2/1993,
aveva riportato ulteriore condanna per reati commessi sino al 30/4/1994 a pena
superiore ad anni due di reclusione, giusta sentenza del Tribunale di Marsala del
17/7/1998, irrevocabile il 15/11/1999. Ha quindi precisato che tale pronuncia lo
aveva condannato alla pena di anni nove di reclusione e di lire 75.000.000 di multa.
1.1 La decisione contestata è dunque supportata da motivazione, che, oltre
ad essere in sé logica e coerente, risulta in linea con le disposizioni di cui all’art. 4
del D.P.R. n. 394/1990, secondo le quali l’indulto dallo stesso introdotto viene
revocato se il condannato nel periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore
del decreto stesso abbia commesso altro delitto non colposo, per il quale gli sia
inflitta condanna a pena detentiva non inferiore ad anni due e consente
agevolmente di verificare la sua “ratio decidendi”, ossia l’integrazione dei
presupposti, pretesi dalla legge, per procedere alla revoca del beneficio
indulgenziale.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile perché prospetta censure
palesemente infondate, dal che discende la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella !,
proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equa di e o ì’

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

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