Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7649 del 12/11/2013


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7649 Anno 2014
Presidente: CASSANO MARGHERITA
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
IVANAJ PASHKO N. IL 21/08/1968
avverso l’ordinanza n. 688/2012 GIP TRIBUNALE di TORINO, del
06/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 12/11/2013

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 6 dicembre 2012 il G.I.P. del Tribunale di Torino,
deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva per carenza dei
presupposti di legge l’istanza proposta da Pashko Ivanaj, diretta ad ottenere
l’applicazione della continuazione in sede esecutiva ai sensi dell’art. 671 cod. proc.
pen..
2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

applicazione della legge, motivazione apparente ed illogica, non avendo rilevato il
primo Giudice che i fatti di reato erano contraddistinti dall’identica natura,
riguardavano l’illecita detenzione di stupefacenti, trasportati come corriere
nell’ambito dello stesso contesto territoriale e la contraffazione dei documenti
utilizzati.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile.
1.11 provvedimento impugnato, adeguatamente e logicamente motivato,
resiste alle censure genericamente formulate in ricorso, ove si consideri, che il
giudice dell’esecuzione, nell’escludere la configurabilità della continuazione, ha
valorizzato, con plausibili argomentazioni, le ragioni fattuali desunte dalle sentenze,
in particolare la distanza temporale di oltre tre anni nella consumazione degli
episodi criminosi, commessi l’uno nel febbraio 2004, l’altro nel settembre 2007, la
diversa componente soggettiva e la differente dimensione quantitativa delle
condotte, dai quali rilievi ha concluso che le violazioni erano frutto di risoluzioni
autonome per l’assenza di nessi unitari, al di là dell’intento perseguito di ricavarne
un vantaggio patrimoniale.
1.1 La decisione in verifica ha anche richiamato in punto di diritto l’ormai
consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l’identità del bene
giuridico violato o delle modalità di commissione fra le varie condotte costituiscono
aspetti da soli insufficienti a dare la dimostrazione dell’esistenza di quell’unico
iniziale programma in vista di uno scopo determinato, che costituisce l’indefettibile
presupposto per il riconoscimento della continuazione, escluso già di per sé da un
distacco temporale considerevole fra le singole violazioni.
1.2 La decisione contestata è dunque supportata da motivazione, che è
tutt’altro che apparente, in quanto, oltre ad essere in sé logica e coerente, risulta in
linea col dettato normativo e con i principi interpretativi elaborati dalla
giurisprudenza di questa Corte, mentre il ricorso si limita a richiamare profili fattua
1

l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per erronea

già presi in considerazione per invocarne una diversa e più favorevole
considerazione, operazione preclusa nel giudizio di legittimità, destinato
esclusivamente alla verifica circa la corretta applicazione delle norme di legge
sostanziali e processuali e la tenuta logica dell’apparato giustificativo dei
provvedimenti giudiziari.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile perché prospetta censure non
consentite e comunque manifestamente infondate, con la conseguente condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa

equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 12 novembre 2013.

insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si stima

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