Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 763 del 26/11/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 763 Anno 2015
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: GARRIBBA TITO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DI VETTA PAOLO N. IL 14/09/1960
avverso la sentenza n. 7745/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
20/12/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. TITO GARRIBBA;

Data Udienza: 26/11/2014

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1.

DI VETTA Paolo ricorre contro la sentenza d’appello specificata in

epigrafe, che confermava la di lui condanna per i reati previsti dagli artt. 336, 337 e
635 cod. pen., e denuncia:
1. erronea applicazione della legge penale e mancanza di motivazione in ordine
all’affermazione di colpevolezza per i reati di cui agli artt. 336 e 337 cod.pen.,

tare la libertà morale degli agenti operanti; perché l’atto d’ufficio, ossia lo
sfratto, era già compiuto quando fu posta in essere la pretesa intimidazione;
perché l’imputato agiva nella veste quanto meno di funzionario di fatto, incaricato dall’amministrazione municipale “di mediare tra domanda e offerta abitativa”;
2. mancanza di motivazione in ordine all’affermazione di colpevolezza per il reato
di cui all’art. 635 cod.pen., censurando che siano state disattese le dichiarazioni del teste a difesa Montesi Stefano, secondo cui l’imputato non aveva colpito con calci l’autovettura di servizio;
3. vizio di motivazione in ordine all’attenuante di cui all’art. 62 n. 1 cod.pen.,
perché detta attenuante sarebbe stata negata valutando la condotta illecita
tenuta anziché il movente della medesima.
Con memoria depositata il 10.11.2014 la difesa insiste per l’accoglimento
del ricorso.

§2.

I motivi di ricorso sono, da un lato, manifestamente . infondati,

perché la sentenza impugnata fornisce un’adeguata, convincente e logica giustificazione delle ragioni della decisione e, dall’altro, non consentiti dalla legge, perché si limitano a proporre una diversa valutazione delle risultanze processuali senza evidenziare in
seno alle argomentazioni sviluppate in sentenza alcuna palese illogicità.
In particolare la sentenza impugnata, con motivazione immune da errori
giuridici e da vizi logici, ha argomentato:
– in ordine al primo motivo: che la condotta minacciosa e violenta posta in essere
dall’imputato, intervenuto sul posto dopo l’esecuzione dello sfratto, aveva integrato
entrambi i reati ascrittigli (artt. 336 e 337 cod.pen.), perché diretta, in un primo tempo, a costringere gli agenti della polizia di Stato ad omettere un atto dell’ufficio (quando gli avevano vietato di introdursi nell’appartamento appena sgomberato) e, in un secondo tempo, ad opporsi al compimento dell’atto di ufficio (quando aveva resistito all’accompagnamento in questura); che la minaccia di mettere a ferro e fuoco il quartiere incitando gli astanti alla sommossa e i successivi spintonamenti inferti ai poliziotti

deducendo l’insussistenza del fatto: perché le minacce erano inidonee a coar-

rappresentarono minaccia e violenza idonee a impedire e ostacolare l’azione dei pubblici ufficiali; che l’asserito incarico municipale era irrilevante, perché, essendo stato lo
sfratto già eseguito, non v’era più nulla da ‘mediare’ e, comunque, perché non poteva
scrinninare la condotta illecita tenuta;
– in ordine al secondo motivo, che la testimonianza Montesi – adeguatainente vagliata dal giudice di primo grado – è sostanzialmente conforme alle dichiarazioni degli
agenti di polizia;
– in ordine al terzo motivo, che l’intento che aveva mosso l’imputato non era tanto

già compiuto “per fomentare schiamazzi e pubblici disordini”.
Il ricorso deve dunque essere dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 606,
comma 3, cod.proc.pen. Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma, ritenuta congrua, di euro mille alla Cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 novembre 2014.

quello di assicurare allo sfrattato un alloggio, ma piuttosto di strumentalizzare il fatto

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