Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 763 del 04/12/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 763 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SAVANI PIERO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SALLEMI CARMELO N. IL 10/09/1964
avverso la sentenza n. 1709/2014 CORTE APPELLO di GENOVA, del
11/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERO SAVANI;

Data Udienza: 04/12/2015

IN FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte d’appello di Genova ha confermato la sentenza emessa in data 4 marzo 2014 dal locale Tribunale, appellata da SALLEMI Carmelo, dichiarato responsabile
dei reati di lesioni aggravate e porto di oggetto atto ad offendere, commessi il 17 dicembre 2010.
Propone ricorso per cassazione l’imputato deducendo vizio di motivazione sulla responsabilità
basata sulle dichiarazioni della persona offesa e sull’inesistenza di un alibi erroneamente valutato.
Osserva il Collegio che il ricorso è inammissibile in quanto tende a sottoporre al giudizio di legittimità aspetti attinenti alla ricostruzione del fatto e all’apprezzamento del materiale probatorio
rimessi alla esclusiva competenza del giudice di merito e già adeguatamente valutati sia dal Tribunale che dalla Corte d’appello.
Nel caso in esame, difatti, i giudici del merito hanno ineccepibilmente osservato che la prova del
fatto ascritto all’imputato riposava nella testimonianza della persona offesa, che aveva individuato l’aggressore con il riferimento non equivoco all’esser stato l’ex fidanzato di una sua ex fidanzata, la cui credibilità è adeguatamente argomentata, e nel sostegno a questa che poteva trarsi
dalla certificazione medica delle lesioni (irrilevante che comportassero una malattia di soli 5
giorni) e dalle dichiarazioni della teste CANFORA, ex fidanzata di imputato e persona offesa,
che aveva riferito di un colloquio avvenuto con il prevenuto proprio quel pomeriggio in cui
l’uomo aveva invano insistito per una ripresa del rapporto con lei, minacciando alla fine che
l’avrebbe fatta pagare a lei ed all’uomo che dopo la cessazione della loro relazione lei aveva frequentato per un breve periodo di tempo, nella specie la persona offesa PASQUALINO.
Ed altrettanto compiutamente e logicamente hanno ritenuto, di contro, non confermato l’alibi
fornito dalle dichiarazioni della teste CORSI, peraltro non del tutto esaustivo delle possibilità di
movimento del prevenuto in quella sera invernale.
La sentenza impugnata non è dunque sindacabile in questa sede perché la Corte di cassazione
non deve condividere o sindacare la decisione, ma verificare se la sua giustificazione sia, come
nel caso in esame, sorretta da validi elementi dimostrativi e non abbia trascurato elementi in
astratto decisivi, sia compatibile con il senso comune e, data come valida la premessa in fatto, sia
logica: insomma, se sia esauriente e plausibile.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 C.P.P., la condanna del ricorrente
al pagamento delle spese del procedimento e — per i profili di colpa correlati all’irritualità
dell’impugnazione — di una somma in favore della Cassa delle ammende nella misura che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in €. 1.000,00#.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di €. 1.000,00# alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 dicembre 2015.

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