Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7614 del 30/01/2014


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7614 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: IANNELLO EMILIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ROMA
nei confronti di:
CEDRIC CHISTIAN THOMAS N. IL 05/03/1945
SIRINI GIOVANNI N. IL 17/11/1948
avverso la sentenza n. 440 1/201 1 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di TIVOLI, del 10/12/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. EMILIO IANNELLO;
19W/sentite le conclusioni del PG Dott. Pt ,VTw1O syrA
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Con sentenza del 10/12/2012 il Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Tivoli dichiarava non luogo a procedere nei confronti di Cedric Christian Thomas e Sirini Giovanni, perché il fatto non sussiste, in relazione al reato di omicidio colposo ad essi ascritto ai sensi degli artt. 113, 40 cpv. e 589 cod. pen. per avere, in cooperazione colposa, il Cedric quale Sindaco del Comune di Vicovaro dal 1999 fino al giugno del 2009, e il Sirini quale Sindaco in carica al Si contestava in particolare agli imputati, in relazione alle proprie competenze e responsabilità di primi cittadini, in ispecie con riferimento al controllo del proprio territorio e della pubblica sicurezza, di aver omesso di prendere provvedimenti e precauzioni atti a interdire in via assoluta lo svolgimento della pesca in prossimità del tratto di fiume Aniene in località Via della Stazione nel territorio del Comune di Vicovaro, zona attraversata da cavi dell'alta tensione elettrica, e di avere comunque omesso di collocare, in prossimità dell'accesso ai detti luoghi, idonei cartelli atti a segnalare ai pescatori la presenza dell'alta tensione ed i relativi pericoli di contatto tra i cavi e le attrezzature per la pesca: ciò benché si fossero già verificati analoghi incidenti, di cui uno mortale nel 2006 (allorquando, per la stessa dinamica dei fatti, perse la vita Maurizio Di Giuseppe). Secondo l'accusa, tale colposa omissione concorreva a cagionare la morte del Biddau il quale, transitando lungo l'argine del fiume con la propria canna da pesca tenuta verticalmente ed in piena apertura, entrava accidentalmente in contatto con i cavi posti ad un'altezza di metri 6,22 circa dal terreno, rimanendo folgorato. 2. Con l'impugnata sentenza il G.u.p. ha ritenuto doversi escludere la penale responsabilità degli imputati in relazione al delitto omissivo improprio loro ascritto «perché appare manifesta l'insussistenza di un dovere giuridico che, ai sensi dell'art. 40 comma secondo cod. pen., valga a configurare l'elemento normativo della fattispecie contestata», e ciò alla luce di considerazioni afferenti, da un lato, alla regolamentazione giuridica della pesca lungo le rive dell'Aniene, e, dall'altro, alle modalità della condotta osservata dal Biddau, idonee di per sé ad integrare la nozione di «causa sopravvenuta». Sotto il primo profilo, traeva anzitutto conferma dell'insussistenza di doveri precauzionali in capo al Sindaco, la cui violazione potesse ad esso addebitarsi quale omissione colpevole, dal fatto stesso che l'ufficio di Procura aveva a suo tempo, nel 2006, stimato incolpevole, ossia come determinata da caso fortuito, 2 momento dell'incidente mortale, cagionato per colpa la morte di Biddau Roberto. la morte di altro pescatore avvenuta con le medesime modalità dell'evento letale per cui è causa. Rilevava quindi che la materia della pesca in acque interne rientra nella competenza non del Comune ma della Provincia ai sensi dell'art. 100 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e dell'art. 1 della legge reg. Lazio 7 dicembre 1990 n. 87 ed è difficile immaginare una sorta di potere extra ordinem del Sindaco in questo specifico ambito al di fuori dei casi dettati dall'art. 54 comma 4 del T.U.E.L., tra cui certamente non rientra il caso in esame. gravemente imprudente e negligente, della condotta del Biddau, evidenziando come l'uso delle canne da pesca, soprattutto di quelle in carbonio, presenti rischi impliciti di folgorazione a cagione della lunghezza: rischi segnalati ai praticanti della pesca sportiva dall'Enel stesso e dalla Federazione italiana pesca sportiva e attività subacquea, la cui consapevolezza deve pertanto ritenersi esigibile anche da chi pratica la pesca a livello amatoriale. Soggiungeva infine che se, secondo l'impostazione d'accusa, un obbligo di precauzione poteva ipotizzarsi subito dopo la morte del Di Giuseppe (2006), la cessazione dalla qualità di amministratore pubblico parecchi mesi prima dell'evento letale occorso al Biddau concentrerebbe, in tale ipotesi, sul solo Sirini ogni responsabilità, avendo egli - in uno con la qualità di Sindaco assunto anche i doveri di prevenzione di cui si discute, esonerando il predecessore da ogni responsabilità. A sua volta, però, secondo il G.u.p., anche il Sirini secondo questa prospettazione andrebbe esente da ogni profilo di colpa non essendovi neppure un principio di prova che egli fosse consapevole dell'evento accidentale del 2006 da cui sarebbe dovuto scaturire l'ipotetico obbligo di attivazione. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d'Appello di Roma deducendo inosservanza o erronea applicazione di norme processuali (art. 425, commi 1 e 3, cod. proc. pen.) e penali (art. 40 e 41 cod. pen.), oltre che contraddittorietà della motivazione. 3.1. Sotto il primo profilo rileva che con le esposte argomentazioni il G.u.p. ha proceduto ad una completa valutazione del merito della vicenda, così incorrendo in violazione dei principi più volte ribaditi nella giurisprudenza di questa Suprema Corte in punto di corretta applicazione delle regole di giudizio fissate dall'art. 425 cod. proc. pen.. Rileva infatti che il giudice non ha messo in dubbio la completezza e univocità della ricostruzione della vicenda così come operata in imputazione, nè 3 Sotto il secondo profilo rimarcava il carattere imprevedibile, oltre che ha sviluppato un ragionamento sulla sola sostenibilità dell'accusa in giudizio, bensì ha impropriamente anticipato, attraverso l'esame critico dell'imputazione, il giudizio sulla innocenza degli imputati, in realtà riservato alla fase dibattimentale. In particolare, secondo il ricorrente, l'assunto secondo cui nella vicenda in esame gli imputati non si sarebbero trovati in posizione di garanzia rispetto all'evento poi verificatosi, così come anche quello secondo cui il comportamento imprudente della vittima avrebbe costituito causa esclusiva dell'evento letale rappresentano una valutazione di merito, che va ben oltre la mera indicazione di emergenze probatorie preclusive ex art. 425 cod. proc. pen. della fase dibattimentale. 3.2. Sotto il secondo profilo, rileva che, cadendo in contraddizione, il G.u.p. ammette espressamente in sentenza che, certamente, «una segnalazione del genere di quella collocata dall'imputato Sirini dopo l'episodio letale del 28 febbraio 2010 (cfr. allegato 1 all'informativa dell'Asl G) avrebbe potuto attenuare i rischi della folgorazione ...». 4. Le parti civili hanno depositato memoria con la quale, sulla scorta di argomenti in parte sovrapponibili a quelli svolti dal ricorrente, e in altra parte volti a contestare la correttezza e congruità delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, ne hanno chiesto l'annullamento con rinvio al Tribunale di Tivoli. Considerato in diritto 5. Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche dopo le modifiche apportate all'art. 425 cod. proc. pen., rispettivamente, dall'art. 1 legge 8 aprile 1993, n. 105, e dall'art. 23 legge 16 dicembre 1999, n. 479, l'udienza preliminare non ha subìto una modifica della sua originaria funzione, né correlativamente ha mutato natura la sentenza di proscioglimento cui essa può dar luogo, che è e resta (prevalentemente) processuale e non di merito. Infatti identico è rimasto lo scopo cui l'udienza preliminare è preordinata: evitare i dibattimenti inutili, non accertare se l'imputato è colpevole o innocente (v. ex multis Sez. 4, n. 8912 del 10/01/2012, Monteforte, non mass.). Il giudice dell'udienza preliminare, dunque, ha il potere di pronunziare la 4 idonea a interrompere il nesso causale con l'omissione ascritta gli imputati, sentenza di non luogo a procedere non quando effettui un giudizio prognostico in esito al quale pervenga ad una valutazione di innocenza dell'imputato, ma in tutti quei casi nei quali non esista una prevedibile possibilità che il dibattimento possa invece pervenire ad una diversa soluzione (Sez. 4, n. 43483 del 6/10/2009, Pontessili, Rv. 245464). Non contrasta con questa ricostruzione il tenore dell'art. 425, comma 3, cod. proc. pen. che prevede la pronunzia della sentenza di non luogo a procedere «anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contradditori o La norma - che riecheggia la regola di giudizio prevista dall'art. 530 cod. proc. pen. - conferma, infatti, quanto si è in precedenza espresso: il parametro non è l'innocenza, ma l'impossibilità di sostenere l'accusa in giudizio. L'insufficienza e la contraddittorietà degli elementi devono, quindi, avere caratteristiche tali da non poter essere ragionevolmente considerate superabili nel giudizio. Insomma, a meno che ci si trovi in presenza di elementi palesemente insufficienti per sostenere l'accusa in giudizio per l'esistenza di prove positive di innocenza o per la manifesta inconsistenza di quelle di colpevolezza, la sentenza di non luogo a procedere non è consentita quando l'insufficienza o contraddittorietà degli elementi acquisiti siano superabili in dibattimento. L'insufficienza o contraddittorietà degli elementi a carico dell'imputato deve dunque essere parametrata alla prognosi della inutilità del dibattimento; sicché deve escludersi un esito liberatorio in tutti i casi in cui detti elementi si prestino a soluzioni alternative e "aperte" (Sez. 6, n. 45275 del 16/11/2001, Acampora, Rv. 221303; Sez. 6, n. 3467 del 09/10/1995, La Penna, Rv. 203306; Sez. 3, n. 3776 del 08/11/1996, Tani, Rv. 206730; Sez. 1, n. 2875 del 21/04/1997, Mocera, Rv. 207419; v. anche Corte costituzionale, sentenza 15 marzo 1996 n. 71). 6. Nella specie il G.u.p., nel prosciogliere gli imputati non si è attenuto a siffatti criteri di giudizio. È agevole infatti rilevare che - nella certa e univoca ricostruzione degli elementi fattuali della vicenda, tale da evidenziare in modo chiaro e netto sia, da un lato, le cause e la dinamica del tragico evento, sia, dall'altro, la condizione dei • luoghi, l'assenza di alcun segnale di pericolo, il pregresso verificarsi di analogo evento letale (evidentemente idoneo ad allertare circa la presenza di una situazione di pericolo per l'incolumità pubblica) e, correlativamente, la posizione giuridica degli imputati (sindaci investiti di competenze e responsabilità con riferimento al controllo del territorio comunale e della pubblica sicurezza) in relazione alla quale ad essi si contesta un'omissione colposa causalmente 5 comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio». concorrente - la valutazione del G.u.p. si risolve a ben vedere in un giudizio di infondatezza a priori dell'accusa, per come in astratto formulata, fondato su valutazione di merito circa la (non) configurabilità, nel contesto fattuale così descritto e chiaramente emergente dagli atti in piena conformità all'accusa, di una posizione di garanzia in capo ai sindaci. Una siffatta valutazione, però, non può ritenersi di evidenza tale da imporsi già in sede di udienza preliminare e rendere inutile l'apporto del dibattimento: quest'ultimo invero non riducibile necessariamente ad un contributo di tipo valutazioni e argomentazioni tecnico giuridiche relative agli elementi di prova pur immutabilmente acquisiti (cfr. in tal senso Sez. 4, n. 43483 del 2009, Pontessili, cit., che chiaramente correla il proscioglimento ex art. 425 cod. proc. pen. all'ipotesi in cui la situazione di innocenza sia ritenuta non superabile in dibattimento dall'acquisizione di nuove prove «o da una diversa e possibile rivalutazione degli elementi di prova già acquisiti», occorrendo pertanto riferire la valutazione di inutilità del dibattimento ad una prognosi di immutabilità non solo del quadro probatorio ma anche di quello «valutativo»). Nella specie non può negarsi che vi siano ampi margini per un utile dispiegarsi del contraddittorio in particolare per quel che riguarda la valutazione se, nel contesto descritto, siano individuabili situazioni fattuali idonee a far sorgere ovvero attivare obblighi di intervento cautelare (sia pure sub specie di segnalazione di pericolo o attivazione presso altri enti e autorità) in capo ai sindaci, anche solo in relazione ai compiti di vigilanza di cui essi sono investiti a tutela della pubblica incolumità nel territorio comunale ai sensi dell'art. 54, comma 1 lett. c, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), tenuto conto in particolare dei precedenti episodi dello stesso genere, uno dei quali anch'esso letale, di cui si fa menzione nel capo d'imputazione (anche in funzione della cui puntuale e completa identificazione, nel numero e nella collocazione temporale, non può ritenersi inutile la verifica dibattimentale). 7. In tale quadro a fortiori suscettibile di diverse valutazioni e "soluzioni aperte" è la valutazione della possibilità di ravvisare nella condotta della stessa vittima una imprudenza e negligenza di tale gravità e imprevedibilità da porsi essa stessa come causa esclusiva dell'evento letale e fattore idoneo a interrompere il nesso causale con l'omissione ascritta agli imputati: valutazione cui il G.u.p. affida in alternativa la prognosi assolutoria espressa in sentenza, tanto più decampando dai limiti propri della verifica di fase, quanto più tale assunto si rivela debolmente argomentato perché omette di considerare i riferiti 6 probatorio, ma ben suscettibile di essere rappresentato anche dalle contrapposte analoghi incidenti già in precedenza verificatisi. 8. In tal senso altresì viziato si appalesa - e per certi aspetti contraddittorio - l'argomento in ultimo speso in sentenza secondo cui, da un lato, l'idoneità dei precedenti analoghi incidenti verificatisi nella zona ad attivare una posizione di garanzia potrebbe predicarsi soltanto nei confronti del Cedric, quale Sindaco in carica al momento del loro verificarsi, ma non anche del suo successore, in mancanza di alcun «principio di prova» che questi ne fosse a conoscenza e, essendo cessato dalla carica diversi mesi prima dell'incidente mortale. Tale ragionamento appare, da un lato, nella sua prima parte, opinabile e aperto ad opposte soluzioni, tale dunque da meritare, anche solo in tale frammento considerato, la verifica dibattimentale nel senso sopra detto, potendo ragionevolmente dubitarsi che in una comunità certamente non molto estesa quale quella del Comune di Vicovaro episodi del genere non abbiano una notevole risonanza e capacità di diffondersi e radicarsi nella consapevolezza e nella memoria collettiva; dall'altro, nella sua seconda parte, si rivela erroneo in punto di diritto, non tenendo conto dei principi consolidati nella giurisprudenza di questa Suprema Corte in tema di successione nella posizione di garanzia, compendiabili per quel che in questa sede interessa nelle affermazioni secondo cui: - il nesso di causalità tra la condotta omissiva del titolare di una posizione di garanzia e l'evento stesso non viene meno per effetto del successivo mancato intervento da parte di un altro soggetto, parimenti destinatario dell'obbligo di impedire l'evento, configurandosi, in tale ipotesi, un concorso di cause ai sensi dell'art. 41, primo comma, cod. pen. (v. Sez. 4, n. 7026 del 15/10/2002 - dep. 13/02/2003, Loi, Rv. 223754; Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990 - dep. 29/04/1991, non mass. sul punto, sul disastro di Stava); - la successione nella posizione di garanzia non può dunque elidere la responsabilità inerente a situazioni di pericolo colposamente scaturite nel mentre i danti causa ne erano titolari; questa, infatti, continua a gravare sui prevenuti, pur essendosi l'evento di danno concretizzato in un secondo tempo a posizione cessata (v. Sez. 4, n. 27959 del 05/06/2008, Stefanacci, Rv. 240519); - il subingresso di altro soggetto quale titolare di una propria posizione di garanzia, non può essere pertanto ritenuto idoneo ad esonerare i predecessori da responsabilità, in quanto tale circostanza serve semmai ad ampliare la platea di coloro che sono tenuti a rispondere delle conseguenze della omissione ove anche alla condotta colpevole del secondo sia da imputare il perdurare della situazione antigiuridica, non potendo all'uopo essere invocato il principio 7 dall'altro, che anche il Cedric in tale impostazione andrebbe esente da colpa dell'affidamento dal momento che ciascuno dei titolari della posizione di garanzia ovvero dell'obbligo di impedire l'evento è, per intero, destinatario di quell'obbligo (cfr. Sez. 4, n. 4793 del 06/12/1990 - dep. 29/04/1991, Bonetti, Rv. 191802). Per altro verso, la stessa prospettazione, da parte del G.u.p., dell'ipotesi testé considerata (ancorché scartata per i detti non convincenti motivi), contraddice e comunque dimostra quanto sia per l'appunto opinabile, e aperta a diverse soluzioni, la tesi in via principale accolta nella sentenza impugnata secondo cui in realtà non potrebbe nel caso in esame ipotizzarsi una posizione di 9. Sussiste pertanto la dedotta violazione della norma di cui all'art. 425 cod. proc. pen., avendo il G.u.p. evidentemente omesso di attenersi, nei sensi predetti, ai criteri di giudizio che governano la decisione da adottarsi all'esito dell'udienza preliminare. La sentenza deve essere pertanto annullata con rinvio. Gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Tivoli, in funzione di Giudice per l'Udienza Preliminare, per un nuovo esame sui punti indicati. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Tivoli per l'ulteriore corso. Così deciso il 30/01/2014 garanzia giuridicamente tutelata azionabile nei confronti del Cedric e/o del Sirini.

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