Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7613 del 14/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7613 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) RIZZI CLAUDIO N. IL 17/09/1979
avverso la sentenza n. 2508/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
22/12/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 14/12/2012

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Con sentenza in data 22/12/2011 la Corte di Appello di Bari ha confermato la sentenza ex
art.442 cod. proc. pen. del 26/5/2011 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di
Trani con cui il Sig. Claudio RIZZI è stato condannato, previa concessione delle circostanze

Avverso tale decisione è stato proposto ricorso col quale si lamenta: a) errata applicazione di
legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento all’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990,
n.309; b) errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento
all’elemento soggettivo dei reati; c) vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc.
pen.; d) errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento alla
mancata applicazione del comma 5 del citato art.73 ed eccessività della pena.
Con valutazioni di merito non censurabili da questa Corte in quanto sorrette da specifico
riferimento alle modalità dell’azione, i giudici di primo e secondo grado hanno escluso che
l’attività di cessione posta in essere dal ricorrente presenti carattere di minore gravità e
concluso che essa debba, invece, essere considerata stabile e supportata da idonea
organizzazione. Ad analoga conclusione deve giungersi per la censura relativa all’elemento
soggettivo dei reati contestati al capo B), posto che l’istintività della reazione non ne esclude
affatto sul piano logico il carattere intenzionale e che i giudici di merito hanno sul punto fornito
una non censurabile motivazione. Anche la motivazione con cui la Corte di appello esclude
l’esistenza di elementi idonei a comportar e una riduzione della pena appare alla Corte chiara e
immune da vizi logici.
Tutti i motivi di ricorso vanno così considerati manifestamente infondati.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con
conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la
somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente
giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 14/12/2012.

attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti di reato e alla recidiva, alla pena di 4 anni e 2
mesi di reclusione e 20.000,00 euro di multa in relazione al reato previsto dagli art.73 del
d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e 337, 365 cod. pen., commesso il 31/1/2011.

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