Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7605 del 21/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7605 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: DOVERE SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CRISCI CLEMENTE N. IL 02/05/1962
avverso l’ordinanza n. 34/2010 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
27/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE
DOVERE;
-t-em–..
lette/seyfte le conclusioni del PG Dott.
eu.< etAL R.94 \kA e.Q.kgA Zb .9 - \\5Nuzu(),A4-eth3 (AAACC527 ) uh ir t-j: difensor Avv.9 Data Udienza: 21/11/2013 RITENUTO IN FATI-0 1. Crisci Clemente, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza indicata in epigrafe, con la quale è stata rigettata la sua istanza di riparazione per l'ingiusta detenzione subita dal 18.1.2007 al 20.2.2007 (custodia cautelare in carcere) e dal 28.2.2007 al 15.12.2007(agli arresti domiciliari) in relazione ai delitti di cui agli artt. 416, 110, 81 cpv., 453 n. 3 cod. pen., per alcuni dei quali era stato mandato assolto perché il fatto non commesso il fatto' (sentenza irrevocabile il 24.3.2009). La Corte territoriale ha ravvisato l'insussistenza dei presupposti del diritto alla riparazione di cui all'art. 314, 1° comma, cod. proc. pen., in quanto il comportamento dell'odierno ricorrente aveva dato~ll'ordinanza di custodia cautelare, individuando gli estremi della colpa grave, preclusiva al riconoscimento dell'indennizzo richiesto. La Corte di appello ha premesso che il giudice del merito ha ritenuto certamente provata la sussistenza di rapporti tra il Crisci, Mollo Antonio e Serafino Giovanni; secondo le dichiarazioni rese dallo stesso Crisci, su richiesta del Mollo egli si prestò ad acquistare un particolare farmaco in consistenti quantitativi con anticipazione del prezzo in relazione a un'operazione rappresentatagli dal Mollo come di aiuto umanitario. Orbene, il Collegio distrettuale ha ritenuto che il Crisci, sottufficiale dei carabinieri, avesse reso in sede di interrogatorio di garanzia una versione dei fatti inverosimile, asserendo di aver per cinque volte acquistato all'ingrosso medicinale per la cura dell'ulcera per il valore di migliaia di euro (prezzo che egli era tenuto ad anticipare) in assenza della doverosa prescrizione medica senza essere in grado di fornire una giustificazione di tale operazione e di indicare l'effettiva destinazione dei medicinali, limitandosi ad affermare che essi erano destinati a una non meglio precisata operazione a sfondo umanitario. 2. Il ricorrente ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza impugnata per vizio di motivazione, rilevando che il solo elemento concretamente colpa grave ostativa al riconoscimento dell'indennizzo riparatorio è stato indicato dalla Corte di appello come consistente nell'aver reso dichiarazioni inverosimili in sede di interrogatorio di garanzia. Manca nella ordinanza impugnata una motivazione che manifesti il percorso logico operato dalla Corte territoriale; peraltro, le dichiarazioni rese in sede di interrogatorio non possono aver avuto ruolo sinergico nella determinazione dell'errore dell'autorità giudiziaria in sede di adozione del provvedimento cautelare, essendo evidentemente successive ad essa. 2 sussiste mentre per altro la formula assolutoria era stata quella di 'non aver 3. Con atto depositato il 4 novembre 2013 si è costituito in giudizio il Ministero dell'Economia e delle Finanze a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato, rilevando l'infondatezza manifesta del ricorso e chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero il rigetto. Per l'esponente la decisione della Corte d'appello sarebbe del tutto logica e congruamente motivata, avendo essa stigmatizzato il fatto che il Crisci ebbe a rifornirsi di una grossissima quantità di medicinale, dando poi delle spiegazioni assolutamente fantasiose sulla destinazione dello stesso. 4. Il ricorso è fondato. 4.1. In tema di riparazione per l'ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l'ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002 - dep. 15/10/2002, Min. Tesoro in proc. De Benedictis, Rv. 222263). In particolare, quanto al compendio degli elementi valutabili, il S.C. ha ripetutamente puntualizzato che il giudice, nell'accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell'incidenza causale del dolo o della colpa grave dell'interessato rispetto all'applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010 - dep. 30/08/2010, D'Ambrosio, Rv. 247664; nel medesimo senso già Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 - dep. 09/02/1996, Sarnataro ed altri, Rv. 203636). Una risalente pronuncia ha sostenuto che "la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo per l'ingiusta detenzione rappresentata dall'aver dato causa, da parte del richiedente, all'ingiusta carcerazione, non può consistere in circostanze relative alla condotta già oggetto della pronuncia assolutoria, ma deve concretarsi in comportamenti esterni ai temi dell'incolpazione, di tipo processuale, come un'autoincolpazione, un silenzio cosciente su di un alibi, una fraudolenta creazione di tracce o prove a proprio danno" (Sez. 6, n. 1401 del 28/04/1992 - dep. 22/05/1992, Zenatti, Rv. 190488). Essa però è stata presto disattesa dalla successiva giurisprudenza, che si è attestata sul principio per il quale "in tema di riparazione per l'ingiusta 3 CONSIDERATO IN DIRITTO detenzione, la condizione ostativa al riconoscimento del diritto all'indennizzo, rappresentata dall'avere il richiedente dato causa, all'ingiusta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti che non siano stati esclusi dal giudice della cognizione e che possano essere di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver determinato l'imputazione), o di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull'esistenza di un alibi); il giudice è peraltro tenuto a motivare specificamente sia in ordine all'addebitabilità all'interessato di tali comportamenti, sia in ordine all'incidenza di essi sulla 28/02/2002, Pavone, Rv. 220984). Vale anche precisare che idonea ad escludere la sussistenza del diritto all'indennizzo, ai sensi dell'art. 314, primo comma, cod. proc. pen. - è non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche "la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro dell' "id quod plerumque accidit" secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell'autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui interessano, la nozione di colpa è data dall'art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo comma dell'art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell'autorità giudiziaria che si sostanzi nell'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso" (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 - dep. 09/02/1996, Sarnataro ed altri, Rv. 203637). 4.2. Nella prospettiva del sindacato di legittimità è decisivo rimarcare che esso è limitato alla correttezza del ragionamento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l'ottenimento del beneficio, mentre resta nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il proprio convincimento, la valutazione sull'esistenza e la gravità della colpa o del dolo (Sez. 4, n. 21896 del 11/04/2012 - dep. 06/06/2012, Hilario Santana, Rv. 253325). Dovendosi tener conto del fatto che va tenuta distinta l'operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all'accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell'imputato, da quella propria del 4 determinazione della detenzione. (Sez. 4, n. 8163 del 12/12/2001 - dep. giudice della riparazione. Questi, pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve seguire un "iter" logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell'altrui errore) alla produzione dell'evento "detenzione"; ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell'azione (di natura civilistica), di esclusione del diritto alla riparazione (in tal senso, espressamente, Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 - dep. 09/02/1996, Sarnataro ed altri, Rv. 203638). 5. Ribadito che in questa sede occorre stabilire se la Corte di merito abbia motivato in modo congruo e logico in ordine alla idoneità della condotta posta in essere dall'istante ad ingenerare nel giudice che emise il provvedimento restrittivo della libertà personale il convincimento di un probabile coinvolgimento dell'odierno ricorrente nell'attività illecita che gli è stata attribuita, va rilevato che, nella specie, la Corte territoriale ha reso una motivazione non in linea con i principi sopra ricordati. In primo luogo l'ordinanza tace del tutto a riguardo della condotta del Crisci che, antecedente all'adozione del provvedimento cautelare e valorizzata in esso, avrebbe concorso ad indurre in errore l'autorità giudiziaria. E' pertanto rimasta priva di una qualsivoglia eco nella motivazione in esame la identità e la rilevanza del comportamento del Crisci reputato incidente sull'instaurazione dello stato cautelare. Già tale lacuna, che è al contempo violazione di legge, priva il provvedimento impugnato del crisma della legittimità. Ma anche con riferimento alla valutazione della condotta successiva all'esecuzione della misura la Corte di Appello incorre in un evidente vizio motivazionale, rimanendo del tutto ignoto il contesto in rapporto al quale la medesima ha potuto giudicare del tutto inverosimili le dichiarazioni rese dal Crisci in sede di interrogatorio di garanzia. Invero, a leggere la motivazione impugnata non si evince alcunché dei fatti per i quali il Crisci era stato tratto a giudizio e poi assolto. Peraltro, come puntualmente rilevato dal P.G. requirente, nemmeno vengono indicate le circostanze taciute dall'istante e che potevano comportare uno sviluppo delle indagini ed una diversa valutazione degli indizi posti a carico dello stesso. 5 sia in senso positivo che negativo, compresa l'eventuale sussistenza di una causa 6. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli; a questa va anche rimesso il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Napoli cui rimette anche il regolamento delle spese tra le parti del presente giudizio. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 21/11/2013.

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