Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7603 del 14/12/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 7603 Anno 2013
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: MARINI LUIGI

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) ONORAGBON ALBERT N. IL 26/11/1977
2) AGHO JOY N. IL 07/06/1976
avverso la sentenza n. 4162/2011 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
02/11/2011
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUIGI MARINI;

Data Udienza: 14/12/2012

Con sentenza in data 2/11/2011 la Corte di Appello di Napoli ha parzialmente confermato la
sentenza del 9/6/2010 del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Santa Maria Capua
Vetere appellata, tra gli altri dai Sigg. AGHO .loy e ONORAGBON Albert e, confermate la
condanna e la pena inflitte in primo grado alla sig.ra AGHO, ha ridotto la pena inflitta ad Albert
ONORAGBON ad anni sei e mesi otto di reclusione e 20.000,00 euro di multa in relazione al
reato previsto dagli artt.110 e 81 cod. pen. e 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.

Albert Onoragbon: a) errata applicazione di legge ex art.606, lett. b) cod. proc. pen. e vizio
di motivazione ai sensi dell’art.606, lette) cod. proc. pen. con riferimento alla contraddittorietà
degli elementi di prova posti a fondamento della conferma della condanna; b) vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento alla mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche;
Joy AGHO: a) errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. peri, e vizio di
motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con riferimento al giudizio di
responsabilità penale; b) vizio di motivazione ai sensi dell’art606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento sia alla mancata applicazione dell’ipotesi ex art.73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre
1990, n.309 sia con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti
generiche.
Alla luce del contenuto dei motivi di ricorso, la Corte osserva in via preliminare che il giudizio di
legittimità rappresenta lo strumento di controllo della corretta applicazione della legge
sostanziale e processuale e non può costituire un terzo grado volto alla ricostruzione dei fatti
oggetto di contestazione. Si tratta di principio affermato in modo condivisibile dalla sentenza
delle Sezioni Unite Penali, n.2120, del 23 novembre 1995-23 febbraio 1996, Fachini (rv
203767) e quindi dalla decisione con cui le Sezioni Unite hanno definito i concetti di
contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione (n.47289 del 2003, Petrella, rv
226074).
Una dimostrazione della sostanziale differenza esistente tra i due giudizi può essere ricavata,
tra l’altro, dalla motivazione della sentenza n.26 del 2007 della Corte costituzionale, che
(punto 6.1), argomentando in ordine alla modifica introdotta dalla legge n.46 del 2006 al
potere di impugnazione del pubblico ministero, afferma che la esclusione della possibilità di
ricorso in sede di appello costituisce una limitazione effettiva degli spazi di controllo sulle
decisioni giudiziali in quanto il giudizio avanti la Corte di cassazione è “rimedio (che) non
attinge comunque alla pienezza del riesame di merito, consentito (invece) dall’appello”.
Se, dunque, il controllo demandato alla Corte di cassazione non ha “la pienezza del riesame di
merito” che è propria del controllo operato dalle corti di appello, ben si comprende come il
nuovo testo dell’art.606, lett. e) c.p.p. non autorizzi affatto il ricorso a fondare la richiesta di
annullamento della sentenza di merito chiedendo al giudice di legittimità di ripercorrere l’intera
ricostruzione della vicenda oggetto di giudizio.
Ancora successivamente alla modifica della lett.e) dell’art.606 c.p.p. apportata dall’art.8,
comma primo, lett.b) della legge 20 febbraio 2006, n.46, l’impostazione qui ricordata è stata
ribadita da plurime decisioni di legittimità, a partire dalle sentenze della Seconda Sezione
Penale, n.23419 del 23 maggio-14 giugno 2007, PG in proc.Vignaroli (rv 236893) e della Prima
Sezione Penale, n. 24667 del 15-21 giugno 2007, Musumeci (rv 237207). Appare, dunque, del
tutto convincente la costante affermazione giurisprudenziale secondo cui è “preclusa al giudice
di legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma

Avverso tale decisione gli imputati propongono separati ricorsi coi quali lamentano:

”111

-37 1 ,11 .11-reT”, •• •••••

Quanto ai motivi concernenti il trattamento sanzionatorio, la Corte di appello ha formulato un
giudizio articolato e motivato di estrema gravità dei fatti e ritenuto che la pena inflitta in rimo
grado alla sig.ra Agho sia stata troppo mite, così condizionando la decisione anche in relazione
ai restanti appellanti. Si tratta di valutazione di merito, non incompatibile sul piano logico con
gli elementi di fatto e le condotte dei ricorrenti così come ricostruite.
Sulla base delle considerazioni fin qui svolte i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con
conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art.616 c.p.p., di sostenere le spese del
procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n.186,
e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare
in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che ciascun ricorrente
versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma il 14/12/2012.

adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti” (fra tutte: Sezione
Sesta Penale, sentenza n.22256 del 26 aprile-23 giugno 2006, Bosco, rv 234148).
Ciò non significa, ovviamente, che la presenza di manifesta illogicità della motivazione,
rilevante ai sensi della citata dell’e) dell’art.606 c.p.p., non debba essere riconosciuta
allorquando a fronte di plurime ipotesi ricostruttive dei fatti i giudici di merito non abbiano dato
conto in modo coerente e corretto sul piano logico delle ragioni per cui l’ipotesi accolta abbia
forza sufficiente da escludere la solidità delle ipotesi alternative sottoposte al loro giudizio.
Così non è nel caso in esame, avendo i giudici di appello esaminato le diverse ipotesi
ricostruttive e reso ampia e non illogica motivazione delle ragioni per cui è certa
l’identificazione dei due ricorrenti e sono dimostrate le condotte tenute dagli stessi.

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