Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7600 del 03/12/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 7600 Anno 2014
Presidente: BRUSCO CARLO GIUSEPPE
Relatore: D’ISA CLAUDIO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
1. MAMELI ANTONIO NATALE

n. il 25.12.1948

2. MAMELI GIUSEPPANNA

n. il 3.09.1954

3. MAMELI LINO MARCELLINO

n. il

4. MAMELI PAOLA MARIA GRAZIA

n. il 23.11.1963

nei confronti di
LAROBINA ROBERTO

n. il 3,05,1980

avverso la sentenza n. 677/2012 della Corte d’appello di Cagliari sezione distaccata di Sassari – del 16.10.2012
Visti gli atti, la sentenza ed i ricorsi
Udita in PUBBLICA UDIENZA del 3 dicembre 2013 la relazione fatta dal
Consigliere dott. CLAUDIO D’ISA
Udito il Procuratore Generale nella persona del dott. Mario Fraticelli che
ha concluso per rigetto dei ricorsi.
L’avv. Stefano Ferruccio Melis, in sostituzione dell’avv. Giovanni
Schiano, difensore delle parti civili, chiede l’accoglimento dei ricorsi e
deposita le conclusioni scritte e nota spese.

Data Udienza: 03/12/2013

RITENUTO IN FATTO
MAMELI ANTONIO NATALE,MAMELI GIUSEPPANNA, MAMELI LINO MARCELLINO,
MAMELI PAOLA MARIA GRAZIA e MAMELI PIERGIORGIO, parti civili nel
procedimento penale a carico di LAROBINA ROBERTO, imputato di omicidio
colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale,
ricorrono per cassazione avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte
d’Appello di Cagliari – sezione distaccata di Sassari – con cui, in riforma della

assolto l’imputato con la formula perché il fatto non sussiste (per altro il reato
era già prescritto).
Con il proposto ricorso si premette che la Corte Territoriale, movendo dal
presupposto dell’assoluta mancanza di dati circostanziali certi nella ricostruzione
della dinamica del sinistro stradale a seguito del quale perse la vita Mameli
Sandro, derivati dalla sottovalutazione della gravità dell’incidente da parte dei
militari intervenuti sul luogo in cui ebbe a verificarsi l’incidente e anche per
l’assenza di testimoni oculari, ha affermato che gli accertamenti tecnici, peraltro
effettuati a grande distanza di tempo ed in mancanza di sufficienti cognizioni
sull’effettivo quadro dei fatti, non sarebbero attendibili, ad eccezione di quelli
eseguiti dalla difesa dell’imputato e del responsabile civile, sui cui risultati, non
valutati dal Tribunale, ha basato il convincimento d’innocenza. Ciò premesso i
ricorrenti denunciano vizio di motivazione in ordine alla valutazione della prova
per essere stato attribuito.decisivo rilievo alla consulenza redatta dall’ing.
Marcialis e dall’ing. Sacco, limitandosi la Corte ad una mera elencazione del
materiale probatorio acquisito, omettendo palesemente di fornire una
spiegazione plausibile e logicamente corretta delle scelte operate.
Con memoria difensiva, depositata nei termini, le ricorrenti parti civili, nel
ribadire la censura del vizio di motivazione dell’impugnata sentenza,
sottolineano, nel rispetto del principio dell’autosufficienza, che nel ricorso
introduttivo sono stati indicati gli atti oggetto di gravame, in particolare le
consulenze degli ingegneri Ferrigno, consulente del P.M., e Marongiu, consulente
di parte civile, Marcialis, consulente dell’imputato, e Policastro, perito nominato
dal Tribunale. Si conferma che la Corte territoriale ha ritenuto, con giudizio
erroneo, le conclusioni, cui è pervenuto l’ing. Policastro in ordine alla dinamica
del sinistro, contraddittorie ed in netto contrasto con gli elementi oggettivi a
disposizione, secondo cui i veicoli marciavano paralleli tra loro, senza alcuna
brusca ed improvvisa deviazione dalla loro traiettoria. Ma se questo è vero, si
evidenzia, la Corte del merito avrebbe dovuto spiegare le ragioni che l’hanno
indotta a fare proprie le conclusioni cui è pervenuto il consulente della difesa,

sentenza di condanna del Tribunale di Nuoro del 27.09.2010, è stato mandato

ing. Marcialis, che ha ipotizzato un tamponamento da tergo da parte del
conducente del motociclo, non tenendo conto che l’autovettura condotta dal
LAROBINA aveva riportato danni alla fiancata destra, seppure modesti. Tale
circostanza conferma la ricostruzione dell’ing. Policastro su riportata secondo cui
i veicoli marciavano paralleli tra di loro ed entrarono in contatto allorquando
l’autovettura effettuò la manovra di rientro nella propria corsia non avvedendosi
del sopraggiungere del motociclo condotto dal Mameli Sandro.

Il ricorso va accolto con annullamento della sentenza impugnata, ovviamente, ai
soli fini civili.
Premesso che il vizio di motivazione denunciabile ex art. 606, comma I, lettera
e) non può consistere nella mera deduzione di una valutazione del contesto

probatorio ritenuta dal ricorrente più adeguata (Cass. pen., sez. V, 4 ottobre
2004, n.45420),4t ma deve essere volto a censurare l’inesistenza di un plausibile
e coerente apparato argomentativo a sostegno della scelta operata in dispositivo
dal giudicante, è necessario, onde verificare la congruità motivazionale della
sentenza di secondo grado, con riferimento al tema del nesso causale tra la
condotta dell’imputato e l’evento, descrivere le tre diverse ipotesi ricostruttive
dell’incidente stradale di cui trattasi, basate, sia dal Tribunale che dalla Corte
d’appello, in mancanza di dati circostanziali certi (la Corte del merito rileva oltre
all’assenza di testimoni oculari anche la superficialità del sopralluogo effettuato
dai carabinieri intervenuti sul posto che non procedettero neanche al sequestro
dei veicoli, evidenziando pure che non era stato nemmeno individuato lo stato di
quiete dell’autovettura guidata dall’imputato) sulle conclusioni prospettate dai
consulenti di parte e del perito d’ufficio nominato nel giudizio di primo grado.
Precisato che il sinistro si è verificato su di una strada a quattro corsie, due per
ogni direzione di marcia separate da spartitraffico, che la perdita del controllo
del motoveicolo da parte del Mameli e della sua conseguente caduta (da cui è
conseguita la sua morte per le gravi lesioni riportate) sono stati determinati
dall’urto tra la sua moto e l’autovettura del Larobina, si evidenzia che, in
sostanza, tutte e tre le ipotesi concordano nell’affermare, come punto fermo,
che il sinistro si è verificato nella corsia di sorpasso.
La prima, quella prospettata dal consulente del P.M. Ferrigno e dai consulenti
delle parti civili, Marongiu e Boccone, ritiene che il Larobina, alla guida della sua
autovettura, si sarebbe improvvisamente portato sulla corsia di sorpasso, senza
previamente verificare il sopraggiungere da tergo, sulla medesima, del

RITENUTO IN DIRITTO

motoveicolo condotto dal Mameli Sandro, che, vistosi parare davanti l’ostacolo,
lo urtava nella parte posteriore destra con la parte anteriore destra della moto.
La seconda ipotesi, quella ritenuta dal Tribunale, posta a base del convincimento
di colpevolezza dell’imputato, che si rifà alle conclusioni del C.T.0 Policastro,
sostiene: l’imputato si trovava, mantenendo una velocità di 100 Kmh (superiore
a quella imposta di 90,) sulla corsia di sorpasso per avere in precedenza
superato altro autoveicolo; nel rientrare nella corsia normale di marcia non
verificava il sopraggiungere da tergo del motociclista, che, a sua volta, dalla

occupare lo spazio antistante, sebbene avesse prontamente frenato, non riusciva
ad evitare il veicolo che lo precedeva tamponandolo nella parte posteriore
destra.
Sulla scorta di tale ricostruzione il Tribunale ha individuato una colpa
concorrente dei due conducenti stimata in eguale percentuale del 50% ciascuno.
La terza, quella accolta dalla Corte d’appello, basata sulla ricostruzione operata
dal consulente della difesa, ing. Marcialis, afferma che la colpa esclusiva nella
causazione dell’incidente va ravvisata nella condotta di guida del motociclista
che, sulla corsia di sorpasso, procedendo ad una velocità non consentita (115
Kmh), tamponava l’autovettura guidata dal Larobina che lo precedeva. Si
aggiunge che non assume alcun rilievo la velocità mantenuta dall’imputato, in
quanto, anche se avesse proceduto ad una velocità inferiore, nel rispetto del
limite ivi consentito, l’incidente si sarebbe verificato ugualmente.
Tale ricostruzione che si basa esclusivamente sul dato oggettivo di un urto
avvenuto fra la parte anteriore della moto del Mameli con quella posteriore
dell’autovettura del Larobina, si presta a più di una critica che minano la
coerenza dell’ apparato argomentativo a sostegno della scelta operata.
A tal riguardo, la giurisprudenza costante di questa Corte ammette, in virtù del
principio del libero convincimento del giudice e di insussistenza di una prova
legale o di una graduazione delle prove la possibilità del giudice di scegliere fra
varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella
che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed
approfondita delle ragioni del suo dissenso o della scelta operata e dimostri di
essersi soffermate sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo
specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia
stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito al giudice di
legittimità di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di
un accertamento in fatto come tale insindacabile dalla Corte di Cassazione, se
non entro i limiti del vizio motivazionale

(Sez.

4, Sentenza n.

34747 del

corsia di sorpasso stava rientrando in quella normale. Il motociclista vistosi

17/05/2012 Ud. Rv. 253512;Sez. 4, Sentenza n. 45126 del 06/11/2008 Ud.
Rv. 241907Cass. sez. IV 20 maggio 1989 n.7591 rv.181382).
Orbene, la Corte territoriale, rifacendosi “per relationem” alle argomentazioni
svolte dai periti, ivi compresa la parte riguardante i rilievi mossi dai consulenti
di parte, ritiene in maniera non convincente che il fatto addebitato non risulta
dimostrato neppure nella sua oggettività.
Invero, l’appunto che la sentenza impugnata muove a quella di primo grado è
che le modalità, con cui si sarebbe verificato il sinistro secondo la ricostruzione
“appaiono frutto di mere ipotesi non dimostrate né

dimostrabili, sulla scorta degli scarni dati oggettivi a disposizione” potrebbe
avere una valenza ambivalente, nel senso che la stessa critica potrebbe valere
anche per la ricostruzione indicata dalla stessa Corte del merito.
Per altro, senza scendere nell’analisi degli elementi probatori acquisiti, che non
compete a questa Corte, in punto di logica bisognerebbe spiegare per quale
motivo il motociclista che si trovava sulla corsia di sorpasso vede davanti a se
l’autovettura del Laborina e non frena o, quanto meno, non cerca di evitarla;
appare, invero, più verosimile che egli l’abbia urtata per un movimento
improvviso di essa di rientro nella corsia di marcia. Inoltre, la ricostruzione
ritenuta in sentenza non spiega la presenza delle tracce di frenata sull’asfalto. La
ricostruzione presuppone che il veicolo dell’imputato si trovasse già sulla corsia
di sorpasso e, dunque, era ben visibile al motociclista, che avrebbe potuto
rallentare e non frenare energicamente; solo un improvviso spostamento
dell’autovettura che precedeva verso la destra della carreggiata giustifica la
frenata della moto.
E, così pure, appare fondata la censura di contraddittorietà della motivazione
avanzata della parti civili, laddove la Corte prima afferma che i veicoli
marciavano paralleli tra di loro, senza alcuna brusca ed improvvisa deviazione
della loro traiettoria, e poi che il sinistro è avvenuto per un tamponamento da
tergo da parte del motociclista.
Del resto, proprio la localizzazione del punto d’urto sull’autovettura, vale a dire la
parte posteriore destra, fa propendere per un rientro della stessa nella corsia
normale di marcia, atteso che è la parte posteriore destra quella che si sarebbe
mostrata per prima alla vista del motociclista; se ci fosse stato un
tamponamento tout-court la autovettura sarebbe stata attinta al centro della
parte posteriore.
Dunque, si rende necessario un nuovo esame sulla ricostruzione del sinistro
stradale di cui trattasi da parte del giudice civile competente in grado di appello,
cui viene demandato anche il regolamento delle spese tra le parti.

dell’ing. Policastro,

P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio al giudice civile competente per valore
in grado di appello cui rimette il regolamento delle spese tra le parti del presente
giudizio.

Così deciso in Roma alla pubblica udienza del 3 dicembre 2013.

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