Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 7594 del 20/09/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 7594 Anno 2014
Presidente: ZECCA GAETANINO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALDAN ARTURO N. IL 23/04/1951
avverso la sentenza n. 252/2009 TRIB.SEZ.DIST. di FOLIGNO, del
16/09/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/09/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, PAvv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 20/09/2013

FATTO E DIRITTO
Con sentenza 16.9.2010 il tribunale di Perugia, sezione di Foligno, ha confermato la sentenza
20.6.08 emessa dal giudice di pace di Foligno, con la quale Baldan Arturo era stato condannato alla
pena di € 800 di multa, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali in favore
della parte civile, perché ritenuto colpevole del reato di ingiuria ,in danno di Rosati Paolo, per aver
pronunciato in sua presenza le parole “lei avvocato è fuori…è fuori di testa”.
Il difensore ha presentato ricorso per i seguenti motivi :
1. vizio di motivazione e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla non corretta
valutazione delle prove: il tribunale ha confermato la condanna del Baldan pur in presenza
di testimonianze discordanti quanto al contesto storico, al contenuto e al significato delle
sue parole : il Rosati, a seguito di un accordo con la società Baldan Automobili srl, per la
permuta della propria auto con altra nuova, aveva rifiutato il veicolo predisposto
dall’imputato, poiché lo aveva ritenuto non qualificabile come nuovo, avendo percorso 45
km. A fronte della pretesa del Rosati di risolvere il contratto, all’esito della discussione
sulla qualificabilità o meno dell’autovettura come nuova, il Baldan ha pronunciato la frase
incriminata. , limitatamente alle parole “Lei è fuori”, nel senso di affermare l’estraneità
dell’interlocutore, di professione avvocato, rispetto alle logiche commerciali. Questa
ricostruzione dei fatti è confermata dal teste Gonzaga, secondo cui l’imputato non pronunciò
le parole “di testa”;
2. violazione di legge in riferimento all’art. 594 c.p. : la frase pronunciata dal Baldan , dando
per ammesso che corrisponda a quella indicata nel capo di imputazione, equivalente a “dare
del matto” non integra il reato di ingiuria, in quanto tale espressione, pur inelegante e rozza,
è entrata nel linguaggio comune e non è idonea a ledere l’onore e il decoro del destinatario e
comunque è stata pronunciata nell’ambito di contrapposte opinioni su uno specifico tema
commerciale.
Il ricorso merita accoglimento, in quanto è da escludere che il Baldan abbia consapevolmente fatto
uso di espressione socialmente interpretabile come offensiva, cioè adoperata in base al significato
che essa venga oggettivamente ad assumere .Va infatti tenuta presente la non contestata cornice
storica in cui sono maturati il dissenso tra imputato e persona offesa e l’espressione critica del
primo : essi hanno come origine e come oggetto la diversità di opinione tra venditore ed
acquirente sulla precisa lettura tecnica del limite di percorrenza di un’auto, al di là del quale il bene
mobile non sia più funzionalmente, economicamente e commercialmente meritevole della qualifica
di nuovo , presentando quindi una flessione del suo valore commerciale. L’assenza di equilibrio e
di adeguata capacità valutativa ,attribuita (con la sintetica espressione oggettivamente offensiva
“fuori di testa”) dal commerciante all’avvocato è da inquadrare, nella suindicata cornice storica,
come presa d’atto, da parte del primo, dell’insormontabile ostacolo alla conclusione del contratto di
vendita e come identificazione di tale ostacolo nella carenza di preparazione ed esperienza, da parte
dell’avvocato Rosati, nel campo del mercato veicolare.
Non è quindi ravvisabile , nel caso in esame, l’elemento psicologico del dolo generico, non essendo
emerso che il Baldan abbia espresso la suindicata valutazione critica con la volontà di usare
espressioni globalmente lesive dell’onore e del decoro dell’interlocutore e con consapevolezza
della sua generale valenza lesiva.
La sentenza va quindi annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato.
PQM
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato
Roma 20.9.2013

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